“Sub Tuum Praesidium” e l’invocazione a San Michele Arcangelo
“Ave Maria, piena di grazia…” o, se vogliamo, “Ave Maria, gratia plena”. E’ l’inizio di una delle “preghiere-cardine” dell’intera Chiesa, il saluto dell’angelo Gabriele alla Vergine Maria. Da tempo, Papa Francesco, sta invitando i fedeli, “il popolo di Dio” a recitare il Rosario, in questo mese di ottobre che vede protagonista proprio lei, Maria. Ottobre che ha visto, addirittura, la ricorrenza della festa della “Beata Vergine del Rosario”, domenica scorsa. Ma, assieme alla richiesta della recita del Rosario, il pontefice ha tenuto a ricordare due preghiere in particolare per “chiudere” quella dedicata a Maria: “Sub Tuum Praesidium”, e la tradizionale preghiera a San Michele scritta da Leone XIII. Vediamo, allora, le origini di queste due invocazioni contro il male.
Piccola premessa del “Tempo presente”, alquanto necessaria. Già Papa Francesco, nel capitolo quinto dell’esortazione “Gaudete et exsultate”, aveva posto grande attenzione al tema del male, al tema di satana: “Non ammetteremo l’esistenza del diavolo se ci ostiniamo a guardare la vita solo con criteri empirici e senza una prospettiva soprannaturale (…) Non pensiamo dunque che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea (…). Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglie e le nostre comunità”. Le parole del pontefice, già in questo importante documento, avevano parlato chiaro. Ma, ora, entriamo nel particolare, nella storia di queste due preghiere.
“Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio.
Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo,
oh, Vergine Gloriosa e Benedetta!”.
Il “Sub tuum praesidium” è il più antico tropàrion (in greco, τροπάριον, nella musica bizantina e nella liturgia orientale, composizione poetico/musicale per uso liturgico) dedicato alla Madre di Dio, risalente al Terzo secolo. Ancora oggi, usato in tutte le principali liturgie cristiane. E’ da sottolineare il senso di collettività presente in tale preghiera, espresso – se prendiamo la versione latina – nel “salva nos” , salva noi. Visto il più che delicato periodo che la Chiesa tutta sta vivendo, questa collettività che si pone sotto il “praesidium” di Maria, fa comprendere, maggiormente, il perché della scelta di questa preghiera da parte di Papa Francesco. Untropàrion che lascia intravedere la consuetudine, da parte della comunità cristiana, di rivolgersi direttamente alla Madre del Signore , invocando il suo aiuto nelle ore difficili. Parlavamo di terzo secolo, come origine. Infatti, questa preghiera, proviene dalla liturgia copta del tempo di natale, appunto inserita nel III secolo. Viene dall’Egitto, luogo che – secondo i Vangeli – ospitò la sacra Famiglia.
Il “Sub tuum praesidium”, col passare dei secoli, si diffuse poi in tutto il mondo. Adottata dalle principali liturgie, fra cui quelle della Chiesa Greca, Bizantina, Ambrosiana e Romana. Ogni comunità fece una propria traduzione dell’antichissima preghiera. Purtroppo, gli studiosi non ebbero la possibilità di conoscere subito il testo primitivo, quello egiziano.
Si riteneva, infatti, il “Sub tuum praesidium” uno scritto medievale (datato nel periodo carolingio, 800-888), usato, con più variazioni, nelle Chiese locali.
Solo nel 1917, però, un ricercatore inglese, James Rendel Harris (1852-1941), ebbe modo di acquisire in Egitto un lotto di papiri. Tra questi, ne era incluso uno, in greco, con il testo dell’antica preghiera. Il reperto, ora è conservato nel Regno Unito, ed è catalogato come Papyrus Rylands 470. L'invocazione ispirata a testi biblici, soprattutto tratti dalla "Bibbia dei Settanta" (la versione in lingua greca, che secondo la lettera di Aristea sarebbe stata tradotta direttamente dall'ebraico da 72 saggi di Alessandria d'Egitto), richiama l'immagine dell' “ombra delle ali”: la protezione divina accordata anche da alcune divinità egiziane. Il termine "praesidium" è di origine chiaramente militare e si riferisce ad un luogo ben difeso, appunto il presidio. Da questo particolare, si può evincere l'appartenenza del frammento di papiro al III secolo d.C., epoca delle persecuzioni di Decio e Valeriano.
“San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii nostro presidio contro le malvagità e le insidie del demonio. Capo supremo delle milizie celesti, fa’ sprofondare nell’inferno, con la forza di Dio, Satana e gli altri spiriti maligni che vagano per il mondo per la perdizione delle anime. Amen”.
Una mattina del tredici ottobre del 1884, dopo aver celebrato la Santa Messa in Vaticano, Papa Leone XIII, alzò lo sguardo e vide qualcosa che gli destò orrore. Solo dopo esser tornato in sé, si rinchiuse, in silenzio, in preghiera, nel suo studio. Momenti di attesa da parte dei suoi assistenti. Uscito dalla stanza, il pontefice, consegnò una preghiera da lui scritta, con il monito che fosse recitata da quel momento in poi, a fine Messa, in tutta la Chiesa. La formula che leggiamo, bisogna precisare, è solo una parte della più ampia, scritta da Leone XIII. La preghiera, divenne una legge interna alla Chiesa, e nel 1886, fu inserita nelle cosiddette “Preci leonine”, da recitare al termine delle messe non cantate. Ma cosa aveva visto di così spaventoso, il pontefice? Sono due le versioni che parlano di questo episodio. La prima, narra di una visione di forze demoniache che assediavano Roma. Nella seconda, pare che Leone XIII abbia ascoltato una conversazione tra Dio e satana. Il diavolo si vantò di poter distruggere la Chiesa Cattolica, a patto che gli fossero stati concessi 75/100 anni per svolgere il suo piano. Il diavolo domandò il permesso di operare. A tale richiesta, allora il Signore rispose: “Ti saranno concessi il tempo ed il potere”. Questa, la storia, nelle sue “varianti”.
La preghiera continuò ad essere recitata fino al 1964, quando, con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, venne poi soppressa.
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