“Nell’Ordine trinitario, un po’ di San Francesco”
Intervista con il Ministro generale dell’Ordine della Santissima Trinità, padre Gino Buccarello sull’importanza della Trinità e su San Francesco d’Assisi
La Trinità, un mistero. Non c’è forse altra definizione. Un Mistero che rende partecipe ogni fedele nella e dell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ne abbiamo parlato con il Ministro generale dell’Ordine della SS. Trinità, padre Gino Buccarello. Non potevamo chiedere se non a lui, visto l’importante nome che l’Ordine reca al suo interno: quello - appunto - della Trinità. E, in questo dialogo, veniamo a scoprire una interessante “curiosità”che vede protagonista San Francesco d’Assisi.
Partiamo dal presente. Padre Buccarello, la prima domanda riguarda il periodo da poco trascorso, e che - in una certa misura - stiamo ancora vivendo: come ha passato questo periodo di quarantena?
La mia prima preoccupazione in questo periodo è stata quella di assicurare a tutti i membri della Famiglia Trinitaria la mia vicinanza, preghiera e il mio incoraggiamento. Siamo presenti in 25 paesi e la maggior parte ha subito le pesanti conseguenze di questa pandemia. Allo stesso tempo, attraverso il nostro canale di comunicazione “Comunion” abbiamo condiviso le diverse esperienze di carità, di aiuto ai poveri e ai bisognosi, di sostegno alle famiglie in difficoltà e tante iniziative che ci hanno permesso di concretizzare il nostro carisma di fronte alle innumerevoli sfide di questo periodo così difficile ed inedito.
E l'Ordine - in tutto questo - immagino non si sia fermato. Diciamo pure che i nuovi strumenti di comunicazione hanno permesso di rimanere "distanti", ma "uniti"...
Abbiamo sperimentato la forza dell’unità, prima di tutto all’interno delle nostre rispettive comunità. Questo virus ci ha “obbligato” a fermarci, a vivere con maggiore intensità la vita comunitaria, a pregare insieme, a condividere molto tempo delle nostre giornate. Qualche religioso mi ha confidato che gli è sembrato di vivere un secondo noviziato in questo tempo. Abbiamo anche sperimentato un maggiore vincolo di unità anche tra le diverse realtà dell’Ordine e della famiglia (che comprende le suore e i laici). Speriamo che questo senso di unità e di condivisione non si affievolisca quando torneremo al normale ritmo delle nostre attività.
L'Ordine della Santissima Trinità, un nome di non poco conto. Quasi, direi, colmo di "responsabilità": in fondo, è l'unico ordine religioso a "detenere" il primato di avere nel proprio nome una "persona" (poi suddivisa in tre, e qui "entra in gioco" il Mistero) così importante: la Trinità.
Ogni battezzato può considerarsi Trinitario in forza del suo battesimo. Le nostre costituzioni ci ricordano che noi siamo consacrati alla Trinità “con titolo speciale”. Questo non è certamente un privilegio ma una missione. Abbiamo il compito di ricordare a tutti che il mistero della Trinità è la fonte, il modello, la meta della nostra vita di fede sia personale che comunitaria. La famiglia e la Chiesa, come amava dire il servo di Dio Tonino Bello, sono le agenzie periferiche della Santissima Trinità. Questo mistero non è un teorema incomprensibile ma un modello concretissimo di vita. Il nostro Fondatore, San Giovanni de Matha, ha tradotto questo mistero nella Regola approvata da Innocenzo III, invitando i frati ad ispirare la loro vita al modello trinitario: l’uguaglianza, l’autorità come servizio, la divisione delle donazioni in tre parti (una per il sostentamento dei frati, l’altra per i poveri e la tertia pars per liberare gli schiavi cristiani), sono solo alcuni esempi di come un mistero così grande può trasformarsi in un concretissimo stile di vita.
La storia dell'Ordine trinitario fonda le sue radici in quel lontano 17 dicembre 1198 grazie alla bolla "Operante divine dispositionis" di Innocenzo III...
In quella Bolla papa Innocenzo III spiega i motivi per i quali approva il progetto presentato da Giovanni de Matha. Il primo motivo è che per il papa è chiaro che il nostro fondatore non cerca il proprio interesse ma “l’interesse di Cristo” che sono i poveri, gli schiavi e i bisognosi. Il secondo motivo è che questo progetto è radicato nella carità. Ciò che Giovanni de Matha cerca è di Gesù Cristo e l’utilità comune è anteposta a quella privata. Ciò che papa Innocenzo riconosce al nostro fondatore resta per noi un compito e un impegno.
E in questa affascinante storia, pare faccia "capolino" anche San Francesco d'Assisi. Ci catapultiamo in quel 1209, in quella chiesetta romana - che ancora esiste - di San Tommaso in Formis, al Celio. Ci può dire qualcosa a riguardo?
Papa Innocenzo III nel 1209 concede all’Ordine la Chiesa di San Tommaso in Formis a pochi passi dal Colosseo e a qualche centinaio di metri dalla Basilica di San Giovanni in Laterano. Accanto alla Chiesa fu edificata una casa per accogliere i poveri e gli schiavi tornati liberi ma ancora bisognosi di cura. Sopra il portale di questo antico ospedale il nostro fondatore volle far realizzare un mosaico che raffigurasse una visione che ebbe durante la celebrazione della sua prima messa e che gli diede l’ispirazione di fondare l’Ordine della Santissima Trinità e degli schiavi. Il mosaico raffigura Cristo pantocratore che tiene tra sue mani due schiavi uno bianco cristiano e l’altro moro, musulmano. I due schiavi sono posti sullo stesso piano e sono riconosciuti nella stessa dignità. Secondo quanto ci ha riferito direttamente il cardinale Matteo Zuppi, l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, premio nobel per la pace, in una sua visita a Roma, vedendo il mosaico di San Tommaso in Formis, si inginocchiò affermando che l’immagine di quel mosaico sarebbe stata il più bel ricordo della sua visita a Roma. Questo mosaico è un messaggio di pace e di fratellanza per tutti i tempi, messaggio che ci avvicina molto a San Francesco d’Assisi. Alcune fonti, non sappiamo quanto attendibili, riferiscono che San Francesco d’Assisi sarebbe stato più volte ospite di San Giovanni de Matha nella casa di San Tommaso in Formis, e che sarebbe stato San Giovanni de Matha a presentare san Francesco al papa Innocenzo III. Nell’abside della Basilica di San Giovanni in Laterano vi è un affresco che rappresenta San Francesco d’Assisi davanti ad Innocenzo III con a fiano il nostro fondatore. Pur non avendo su questi fatti la prova della veridicità storica tuttavia possiamo affermare che tra i due carismi vi sono molte affinità. Nelle due regole si parla di povertà, si dice che i frati debbano vivere “sine proprio”. Nella regola trinitaria l’autorità è sempre presentata come servizio e il superiore deve essere chiamato “ministro” cioè servo, così come nella tradizione francescana si utilizza lo stesso termine per il generale ed il provinciale.
Mi piace immaginare che San Giovanni de Matha e San Francesco si siano conosciuti e si siano aiutati reciprocamente. Entrambi hanno incarnato il Vangelo “sine glossa” e sono testimoni di un messaggio universale di fratellanza e di pace.
Ma ritorniamo alla Santissima Trinità. Un mistero, dicevamo…
Un mistero da contemplare ma soprattutto da vivere. Un mistero che ci aiuta a conoscere Dio ma anche a comprendere noi stessi e ciò che ci rende veramente e pienamente liberi e felici. San Giovanni de Matha ci ha insegnato che ogni uomo è icona della Trinità e che la gloria di Dio è l’uomo vivente (S. Ireneo di Lione)
E, il carisma dell'Ordine ha attinto, in una certa misura, proprio a questo mistero.
San Giovanni de Matha era “maestro” di teologia a Parigi. Conosceva bene ed insegnava il mistero della Santissima Trinità, come sapeva bene che questo mistero non può essere soltanto oggetto di studio e di dispute teologiche ma deve diventare principio concreto che orienta la nostra vita. Nella Regola vi sono espliciti e continui rimandi al mistero della Santissima Trinità: nella vita fraterna, nell’accoglienza dei poveri, nella redenzione degli schiavi cristiani. La regola è il ponte che unisce la Trinità alla nostra vita e che fa della Trinità un costante riferimento a cui ispirare ogni nostra azione perché tutto ciò che facciamo abbia in Dio-Trinità la sua sorgente ed il suo fine ultimo.
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