fede

Wojtyla e la devozione a Maria

Antonio Tarallo Ansa - ALESSANDRO BIANCHI
Pubblicato il 18-05-2020

I documenti del pontificato, i viaggi ai santuari mariani

Totus tuus”: nel motto del suo pontificato, il programma, il voto di una intera esistenza. Il filo rosso che lega Giovanni Paolo II e Maria, la madre di Gesù, ha un “qualcosa” di speciale. In quel suo “Totus tuus” - “ereditato” da uno dei più grandi innamorati di Maria, Grignion de Montfort - vi è in estrema sintesi l’intera parabola di vita di Karol Wojtyla: dalla sua infanzia ( con dietro tutta la formazione familiare e sociale, vissuta nella parrocchia di Wadowice e i pellegrinaggi che faceva quando andava al santuario della Madonna Nera di Częstochowa) alla sua ammirazione per due santi che erano per lui un esempio della Pietà Mariana, Luigi Maria Grignion de Montfort e il frate francescano (da lui poi canonizzato nel 1982) Massimiliano Maria Kolbe.

Papa Giovanni Paolo II, durante il suo pontificato, seguì la “traccia mariana” segnata dal predecessore papa Montini, Paolo VI, l’autore dell'Enciclica “Christi Matri”, dell’“Esortazione Apostolica Signum Magnum” e “Marialis Cultus”. Papa Giovanni Paolo sintetizzò poi il suo amore per Maria nella lettera enciclica “Redemptoris Mater”, pubblicata in occasione della festa dell'Annunciazione del 1987. La sua devozione al Santo Rosario - che recitava spesso nell’arco della giornata - trovò bellissime e profonde parole di riflessione nella lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” (2002). E poi, come non ricordare, gli innumerevoli viaggi ai santuari mariani a cominciare da quello della Madonna di Guadalupe, in Messico, nel 1979, a solo un anno dall’elezione al soglio pontificio. Le parole in quell’occasione risuonano davvero come un inno mariano:

Ave Maria! È motivo, per me, di grande gioia, cari Fratelli nell’Episcopato e amatissimi figli, il fatto che i primi passi del mio pellegrinaggio, quale Successore di Paolo VI e di Giovanni Paolo I, m’abbiano condotto proprio qui. Mi conducono a te, Maria, in questo Santuario del popolo messicano e di tutta l’America Latina, ove da tanti secoli si manifesta la tua maternità. Ave, Maria! Pronuncio con grande amore e rispetto queste parole, così semplici e pur tanto meravigliose. Nessuno, mai, potrà porgerti un saluto più stupendo di quello che già ti rivolse un giorno l’Arcangelo Gabriele, nel momento dell’Annunciazione. “Ave, Maria, gratia plena, Dominus tecum”. Ripeto queste parole che, nel mondo intero, tanti cuori custodiscono e tante labbra pronunciano. Noi, qui presenti, le ripetiamo insieme, consapevoli che si tratta delle parole, precisamente, con le quali Dio stesso, per il tramite del suo messaggero, ha salutato te, la Donna promessa nell’Eden, scelta fin dall’eternità per essere la Madre del Verbo, Madre della divina Sapienza, Madre del Figlio di Dio. Salve, Madre di Dio!”. Lo stile, il cuore, la freschezza che possiamo riscontrare in questo “inno” valgono - certo - sì lunga citazione. Non sarà certo irrispettoso se le paragoniamo a quelle di un bambino davanti alla madre.

Tracciare - da quel suo viaggio del 1979 - le tappe mariane visitate in pellegrinaggio da Wojtyla è impresa ardua. A mo’ di gioco, se dovessimo segnare su una carta geografica del mondo, tutti i siti mariani visitati da Giovanni Paolo II, ci troveremmo davanti a una serie innumerevole di “X” o “bandierine”, come preferite. Częstochowa, Fatima, Lourdes, Guadalupe, e dovremmo continuare l’elenco con circa una sessantina e più di luoghi. Lo stesso Giovanni Paolo II nel suo libro “Varcare la soglia della speranza” affermava di essere molto legato ai santuari mariani fin della sua infanzia. Allora veniva portato in quei luoghi dalla madre Elena. Ricorda - nel libro - la visita alla Madonna del Perpetuo Soccorso a Wadowice, ad esempio. O quella presso il santuario di Kalwaria, o di Jasna Gora con la statua della Madonna nera. Radici antiche anche per questo particolare pellegrinaggio, continuato - poi - per tutta la sua vita, fino all’ultimo viaggio “mariano” (era già debole) a Lourdes, nell’agosto 2004.

Tutti abbiamo scolpita nella memoria l’immagine del papa ormai assai debilitato in salute, che davanti la grotta di Masabielle, vacilla, barcolla e viene sorretto dai suoi collaboratori. Una immagine forte e struggente, bisogna ammetterlo. Ma in quel gesto - che viene qui ricordato non per facile pietistica - possiamo trovare l’estremo saluto del pontefice polacco a sua madre: all’estremo delle forze, Wojtyla, comunque sente importante quel viaggio, sente che il figlio deve salutare sulla terra la Madre, prima di incontrarla in cielo.

In quella occasione dirà: “Sento con emozione di aver raggiunto la meta del mio pellegrinaggio”. A Lourdes Giovanni Paolo II invoca la Madonna perché gli stia accanto e stia vicino a tutti gli uomini e le donne del mondo che si trovano presso le innumerevoli croci “sulle quali tuo Figlio è ancora crocifisso”. Più di vent'anni prima, proprio presso la grotta della Madonna, nell'agosto del 1983, Wojtyla denunciava l'oppressione dei cristiani sotto la cappa dei regimi totalitari dell'Est.

Per quel viaggio del 1983 scrive una delle più belle sue preghiere a Maria, un testo semplice - proprio come è semplice Maria - ma profondo e sentito: “Madre degli uomini e dei popoli, tu che conosci le loro sofferenze e le loro speranze, che maternamente senti le conseguenze delle loro lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, ascolta la nostra preghiera, vieni in soccorso ai tuoi figli nella prova. A Lourdes io ti rinnovo per tutta la Chiesa la preghiera che amo rivolgerti nei grandi Santuari che nel mondo ti sono dedicati”.

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