Sinodo giovani, tornare a sognare grazie a una Chiesa interattiva
“Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani sogneranno, i vostri giovani avranno visioni.” (Gioele 3,1). Così il Santo Padre aveva aperto la riunione presinodale del 19 marzo scorso. In queste bibliche parole sembra davvero sintetizzato, in una certa misura, il documento finale che i trecento giovani – assieme alle migliaia di ragazzi che hanno interagito attraverso i social network – hanno redatto per “fornire ai vescovi una bussola che miri ad una maggiore comprensione dei giovani. Uno strumento di navigazione per il prossimo sinodo”. E’ forte la presenza del “sogno” nei giovani. E’ forte l’idea comune di “tornare a sognare”.
Il documento parla chiaro: “A volte, finiamo per rinunciare ai nostri sogni. Abbiamo troppa paura, e alcuni di noi hanno smesso di sognare. Questo si nota nelle molte pressioni socio-economiche che possono gravemente drenare il senso di speranza tra i giovani. Succede anche che non abbiamo neanche più l’opportunità di continuare a sognare”. E’ una istanza condivisa da tanti. Ed è anche una denuncia vera e propria. Leggendo nel profondo, è forte il disagio del “non ascolto” e colpisce – bisogna dirlo – questo senso di “malinconica speranza” che la società in cui viviamo cerca di combattere su diversi fronti. Governa la paura, il timore. E’ una società che non apre al coraggio. Al coraggio di costruire una vita più sana, più progredita economicamente e intellettualmente. Per il bene personale, per il bene di tutti.
E’ come se risuonassero le parole del King Lear di Shakespeare, nel finale: “Spetterà dunque a noi portare, rassegnati, tutto il peso di questi tristi tempi; e dire quello che sentiamo dentro, non quello che dovremmo”. Versi profetici quelli del Bardo inglese che sembrano fuoriuscire dal pensiero di un giovane di oggi. Così come sono sciabole, le parole del documento. Cadono come ghigliottina e fanno male.
La radiografia, anche se non certamente “presagio di sventure”, accentua molte volte questa tematica che viene consegnata sic et sempliciter ai Padri Sinodali come monito, e i giovani tengono a precisare che non si tratta di “un’analisi empirica di un qualsiasi altro tempo passato ma, piuttosto, come un’espressione di dove ci troviamo, dove siamo diretti”.
“Sogniamo maggiori opportunità, di una società che sia coerente e si fidi di noi. Cerchiamo di essere ascoltati e non solamente di essere spettatori nella società, ma partecipanti attivi. Cerchiamo una Chiesa che ci aiuti a trovare la nostra vocazione, in tutti i suoi significati”. Ma c’è, nel fondo, l’idea della rinascita. L’idea di superare gli ostacoli e di creare una Chiesa, ma ancor più in esteso, una società migliore, diversa.
Ma da dove partire? Questo è il punto. Due modi, contingenti: scoprire, essere attenti alla “vocazione” di ognuno, ed essere partecipanti attivi della società. E per questo orizzonte si chiede aiuto alla Chiesa che viene “sognata” (ed è proprio il caso di usare questo sostantivo) con questa descrizione: “Una chiesa autentica. (…) Una comunità trasparente, accogliente, onesta, invitante, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”.
Troviamo qui espresso un altro tema che sarà sicuramente al centro del Sinodo di ottobre: l’interattività. “In un mondo globalizzato e inter-religioso, la Chiesa ha bisogno non solo di un modello ma anche di un’ulteriore elaborazione sulle linee teologiche già esistenti per un pacifico e costruttivo dialogo con persone di altre fedi e tradizioni. (…) Offriamo qui due proposte concrete riguardo alla tecnologia. In primis, la Chiesa, impegnandosi in un dialogo costante con i giovani, dovrebbe approfondire la sua comprensione della tecnologia così da poter aiutarci nel ponderare il suo utilizzo.
Inoltre la Chiesa dovrebbe considerare la tecnologia - in particolare internet - come un terreno fertile per la Nuova Evangelizzazione. I risultati di queste riflessioni dovrebbero essere formalizzati attraverso un documento ufficiale della Chiesa”. Quindi, una tecnologia che non sia rinchiusa, limitata, alla sola “piattaforma” interna, della Chiesa con i fedeli, ma che sia un ponte anche con le altre fedi e tradizioni. E’ importante che sia stato fatto riferimento a “tradizioni” perché in tal caso l’orizzonte si fa più ampio. La barca millenaria della Chiesa potrebbe proprio solcare, in questo Tempo critico, mari ancora non esplorati, mari lontani per portare il Messaggio. Dialogare, confrontarsi con chi è distante, diverso. E questo modus agendi è proprio delle tecnologie di Oggi, se vissute con sana critica, con un utilizzo ben veicolato. “Mai come prima, gli ambienti digitali hanno il potere senza precedenti di unire persone geograficamente distanti.
Lo scambio di informazioni, ideali, valori e interessi comuni è oggi più possibile di ieri. L’accesso a strumenti di formazione online ha aperto opportunità educative per i giovani che vivono in aree remote e ha reso l’accesso alla conoscenza a portata di click”. Una unione nelle diversità. E’ una sfida ma è anche una risorsa che la Chiesa è chiamata a scoprire/riscoprire.
Non sappiamo quanti dei trecento giovani presenti alla riunione, abbiano conoscenza approfondita dell’importante momento storico del Concilio Vaticano II, dei documenti redatti in quel periodo. Ma, certamente, questi ideali espressi nel documento presinodale sembrano quasi una continuazione di quel processo, anzi – forse potrà sembrare azzardato, ma non troppo – una sorta di sua “attuazione telematica”.
E questo confronto odierno tra Chiesa e Società sul tema dei giovani – chiedendo “alla base” un aiuto, coinvolgendo nel cammino sinodale le stesse realtà giovanili – “ha tutta l’aria” di una reale epifania del sacerdozio “comune dei fedeli” che assieme a quello “ministeriale o gerarchico, (…) ognuno a suo modo”, sono partecipi “dell'unico sacerdozio di Cristo”. Sono parole dalla “Lumen gentium”, documento cardine per il Concilio Vaticano II.
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