Sant’Agostino nei nostri tempi
La parabola della vita di Agostino ci offre la possibilità di riflettere sull’Uomo di oggi
Ci troviamo di fronte a uno dei personaggi più belli che il Cristianesimo ci ha donato. A un uomo divenuto santo, con tutte le sue debolezze, con tutte le sue cadute, con tutto il suo “sforzo” a incamminarsi verso la santità: un uomo che cercava Dio, con tutto sé stesso, un po’ come dice il salmo 41 “la mia anima anela al Signore, come la cerva anela ai corsi d’acqua”. E di acqua sotto i ponti n’è passata tanta, prima che Agostino d’Ippona incontrasse il Signore. Una vita, la sua, affascinante - anzi, potremmo ben dire intrigante - sia per gli episodi che l’hanno formata, sia per ‘intreccio che ha avuto. La vita di Agostino d’Ippona, forse, fra i tanti insegnamenti che ci lascia, ci aiuta a comprendere quanto le vie della santità siano davvero oscure, e - molte volte - possano passare per vie del tutto eccezionali, stravaganti anche, se vogliamo.
Agostino, figlio del decurione Patricio, ancora pagano, e della cristiana Monica, fu iscritto tra i catecumeni. Compì gli studi in patria, a Madaura, poi a Cartagine: periodo da lui descritto come di abbandono alle passioni amorose. In queste passioni, conobbe una concubina da cui ebbe nel 372 un figlio, Adeodato. La lettura dell’“Hortensius” ciceroniano poi lo attrasse, diciannovenne, alla filosofia, e aderì così presto al manicheismo, presentatogli come spiegazione scientifica dell'universo. Se ne fece anzi propagandista a Tagaste, dopo la morte del padre, e a Cartagine ove ottenne qualche successo come retore. Poi va a Milano, deve studiare di più, deve cercare di comprendere meglio questo universo attorno che tanto gli destava curiosità.
È proprio questa ricerca della verità che lo conduce nella città ambrosiana. Agostino è un uomo che non si accontenta mai, inquieto, smanioso di sapere. Sapere per conoscere, e - dunque - di capire. Le domande dell’Uomo di ogni tempo vivono in lui all’ennesima potenza, per dirla in una battuta. Questo colpisce della sua figura: il suo smanioso ardore di ricerca. Andare a fondo delle cose, e non fermarsi alla superficie.
E, a Milano, avviene il “miracolo”. Quello tanto atteso dalla madre Monica: Agostino segue Sant’Ambrogio, le sue omelie, e cambia tutto il suo modo di pensare, di vedere le cose. Si “arrende” al Cristianesimo. Celebre rimarrà la sua frase, emblema della sua ricerca: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori, e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me e io non ero con te”. Dice tutto, in estrema sintesi. È la metafora dell’intera sua esistenza. Dio è Bellezza, e la sua ricerca era tutta imperniata in questo.
Uno dei tratti poco conosciuti, poco esplorati è l’Agostino, uomo di preghiera. Eppure, questo lato è fondamentale per comprendere le mutazioni che ebbe Agostino nella sua vita. Il libro “Le Confessioni” - autobiografia più volte citata, la più importante, la più esplicativa del suo percorso - ci offre diversi spunti in merito. La preghiera divenne l'atteggiamento abituale della sua anima. Dedicava alla meditazione e alla preghiera metà della notte, la prima o la seconda parte, quando non dovesse occuparla a scrivere libri. “Lo svegliarmi di notte s'era tramutato in consuetudine per il mio amore di raggiungere il vero. Se tali problemi mi avessero assillato, vi avrei riflesso sopra o durante la prima parte della notte o durante la seconda, comunque per circa una metà della notte”.
Un saggio di queste notturne meditazioni c'è restato nella preghiera che apre i Soliloqui, dove la foga degli affetti, il sentimento della colpa, il bisogno di liberazione e l'invocazione della grazia si uniscono alla più alta idea di Dio, “sopra il quale non vi è nulla, fuori del quale nulla, senza il quale nulla”, e ne fanno una stupenda litania d'amore. Del resto, avendo identificato la preghiera come desiderio (scriverà " Se desideri sempre, devi pregare sempre "), aveva trovato il modo di fare di tutta la vita una preghiera, tanto più ardente quanto più il desiderio gli bruciava nel cuore.
La parabola della vita di Agostino ci offre anche la possibilità di riflettere sull’Uomo di oggi, non c’è dubbio. È ormai consuetudine pensare al nostro mondo colmo di difetti, di lacune, di “cose che non vanno”. Ed è vero, non è possibile negarlo. Ma, per questa facile e superflua considerazione, forse, bisognerebbe ricordare cosa scriveva appunto Agostino: “Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”. Un insegnamento semplice, quello del santo. Un po’ più complicata la sua attuazione. Ma, alla fine - lo sappiamo bene - è tutto in quelle parole il segreto. No?
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