fede

San Massimiliano Kolbe, il frate santo dell'amore per Maria

Antonio Tarallo web
Pubblicato il 14-08-2020

Il martirio del francescano polacco raccontato dal sopravvissuto Francesco Gajowniczek

Via di San Teodoro, Roma. Siamo vicini ai Fori Imperiali, sito archeologico famoso in tutto il mondo. Le rovine dell’antichità romane riposano da secoli in questi spazi, tra la vegetazione che cresce incolta nel silenzio di una delle zone più belle della rumorosa capitale. In questo spazio della cartina toponomastica di Roma, sorge quello che era chiamato - fino al 1963 - “Collegio internazionale e Facoltà teologica “S. Bonaventura”. Un palazzo su due piani, di color chiaro, esteticamente semplice: in quella semplicità c’è tutto il sapore francescano. Eppure, guardandolo da fuori, in questa sua semplicità di linee e forme, troviamo espressa una bellezza recondita, un senso di pace e serenità. Proprio in questo palazzo, al secondo piano, vi è una stanza particolare: in quelle mura è nata la Milizia dell’Immacolata ad opera dell’allora studente Massimiliano Kolbe. Era il 16 ottobre 1917. Ancora oggi è possibile visitare quella “cella”: al muro, appesi, i volti dei fedeli compagni del giovane santo che - con lui - cominciarono questa importante missione per l’Immacolata. In una teca, vi è una reliquia preziosa: il saio francescano di minore conventuale di san Massimiliano. Sembrerà strano ma chiunque entri nella cella è come se fosse rapito da un’aurea sacra. Si percepisce ancora nell’aria l’animo di Massimiliano: e bisogna solo che rimanere in silenzio, e ascoltare le parole d’Amore che il santo morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941, ha ancora da dirci.


San Massimiliano Kolbe - Foto di Fra Paolo D'Alessandro

La Madonna non ha bisogno di noi, ma si degna di servirsi di noi”, così diceva San Massimiliano. Quella sera del 17 ottobre 1917 ebbe luogo, dunque, la riunione dei primi sette componenti della Milizia dell’Immacolata. Erano dei giovani innamorati di Maria, erano dei giovani che credevano nel servizio verso il prossimo. Ma quali erano i nomi dei compagni di quest’avventura? Alla riunione parteciparono: padre Giuseppe Pal, giovane sacerdote della Provincia rumena; fr. Antonio Glowinski, diacono della Provincia rumena; fr. Girolamo Biasi, della Provincia padovana; fr. Quirico Pignalberi, della Provincia romana; fr. Antonio Mansi, della Provincia napoletana; fr. Enrico Granata, della Provincia napoletana e ovviamente Massimiliano Kolbe, il fondatore. In un biglietto del santo polacco troviamo scritto: “La riunione ebbe luogo di sera, in segreto, in una cella interna chiusa a chiave, realizzata con una parete provvisoria. Di fronte a noi vi era una statuetta dell'Immacolata fra due candele accese. Per più di un anno dalla prima riunione non si verificò alcuno sviluppo nella M.I., anzi, contrarietà di vario genere si accumularono fino al punto che talvolta gli stessi componenti si sentivano imbarazzati a parlarne tra loro; anzi uno di essi cercava addirittura di convincere gli altri che la M.I. era qualcosa di inutile. Fu allora che si trasferirono presso l'Immacolata, con meravigliosi segni di elezione, p. Antonio Glowinski e, una decina di giorni dopo, fr. Antonio Mansi, a causa della febbre spagnola. Quanto a me, le condizioni dei miei polmoni subirono un aggravamento: quando tossivo, sputavo sangue; e questo fu l'inizio del cambiamento”.

Perchè nominare questo importante episodio nella vita di Massimiliano, oggi, anniversario della sua morte, o meglio della “sua nascita in Paradiso”? Siamo alla vigilia di una delle feste mariane più importanti, “L’Assunzione di Maria al Cielo”. Proprio ai primi vespri - molto probabilmente - il santo polacco viene ucciso dalle SS del campo di concentramento di Auschwitz: il legame con l’Immacolata ha il suo adempimento in quella data, in quel momento già della festa di Maria in Cielo. E’ un legame sottile che lega Massimiliano alla madre di Gesù per l’intera sua vita. Sappiamo poco di quel momento. Possiamo solo ascoltare le parole del sopravvissuto Francesco Gajowniczek, il padre di famiglia sopravvissuto al campo, grazie al sacrificio d’amore del frate santo: “Kolbe uscì dalle fila, rischiando di essere ucciso sull’istante, per chiedere al Lagerfhurer di sostituirmi. Non era immaginabile che la proposta fosse accettata, anzi molto più probabile che il prete fosse aggiunto ai dieci selezionati per morire insieme di fame e di sete. Invece no! Contro il regolamento, Kolbe mi salvò la vita”. Quel momento segnò la storia.

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