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San Giuseppe e San Francesco. 19 marzo è la festa di tutti i Papa' INVIA IL TUO MESSAGGIO

Redazione
Pubblicato il 19-03-2018

Festa di san Giuseppe, festa del papà. Ma non sembra vadano troppo di moda, oggi, né l’uno né gli altri. Aveva pienamente ragione uno scrittore finissimo come don Giuseppe De Luca, il quale, scrivendo del suo patrono, non poté far altro che sottolineare il “destino veramente singolare di questo Santo: gli toccò quel che di peggio può dare la terra, quel che di meglio può dare il cielo. Non onore né gloria, non danaro né agiatezza, non potenza né considerazione, non amore terreno, né piaceri di nessuna sorte, non un nome celebre, non un mestiere onorato, non una ragione qualsiasi per sentirsi ed essere ritenuto qualcuno, nulla di nulla di ciò che il mondo pregia.

 Quando vollero canzonare Gesù, e un paesano di Nazaret, dissero che era il figlio del fabbro. Ed ebbe, invece, da Dio quel che Iddio non avrebbe affidato mai a nessuno al mondo, né al più potente, né al più ricco, né al più famoso, né al più appassionato, né, in una parola, al più grande degli uomini”. 

Eppure, continuava De Luca, “non si può dire che a san Giuseppe si voglia un gran bene. Gli si imbastisce una bella festa, si mangiano dei «bignè» deliziosi, si fanno di amene grullerie”. “Quando si volesse un po’ bene a san Giuseppe, non ci farebbero tanta paura la povertà e la morte. Lavoreremmo al nostro lavoro senza tante ansie di luoghi e di gloria, di promozioni e di fasti. […] E quando venisse la sera in cui il Padre ci richiama dal campo per rimeritarci la nostra giornata, piegheremo il campo come fa l’uccello nella foresta: tra l’indifferenza del mondo universo e fugace, ma al cospetto vigile di Dio”.

Quanto aveva ragione De Luca, e quanto opportuna è stata la decisione di Papa Francesco, che ha voluto si nominasse san Giuseppe nelle diverse preghiere eucaristiche. Perché san Giuseppe ci pone davanti agli occhi l’uomo che s’è assunto, fino in fondo, le proprie responsabilità: caricatasi una valigia sulle spalle l’ha portata fino alla stazione, anche quando essa, per la difficoltà del percorso, sembrava crescere di peso fino a fargli piegar le ginocchia. Non ha mai detto, Giuseppe, di essersi stufato, non s’è mai lamentato per esser stato, in fin dei conti, solo “l’ombra del Padre” vero (Jan Dobraczyński). Non ha inveito, non si è lasciato andare a sfoghi di gelosia, non se l’è data a gambe lasciando gli altri in un mare di guai. Quanto in controtendenza appare, perciò, dall’immagine paterna che in larga parte prevale, sbiadita, nel migliore dei casi, se non latitante del tutto.

E non soltanto ai nostri giorni Giuseppe appare in controtendenza, poiché anche Pietro di Bernardone, padre naturale di Francesco, era distante dal padre putativo di Gesù migliaia di anni luce: di Giuseppe non si è conservata una parola, di Pietro siamo certi che sbraitava senza posa; nel primo risaltano silenzio e pace, nel secondo prevalgono urla scomposte e un’inquietudine che non trova pace; Giuseppe, vissuto in povertà, è più sereno e felice di Pietro, vissuto tra gli agi. Giuseppe si adegua serenamente alla volontà di Dio, accettando umilmente il suo ruolo e facendosene carico; Pietro di Bernardone si ostina a combattere contro Dio, incapace di accettare i progetti che l’Altissimo ha su suo figlio. Ma invano!

Quanta pace, dunque, da quest’uomo avvolto dal silenzio. E quanti stimoli per l’oggi! Continuerà, la sua figura silenziosa e umile, a gridare nel deserto? 


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