San Francesco e il suo canto dell’eternità, scacco matto alla morte
La strofa è l’ultima dettata da Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle Creature.
“Lodato sii, mio Signore, per sorella nostra morte corporale, dalla quale nessun uomo vivente può scappare: guai a quelli che morranno nei peccati mortali; beati quelli che troverà nelle tue santissime volontà, ché la morte seconda non farà loro male”
La strofa è l’ultima dettata da Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle Creature. E lo fa prima dell’abbraccio più bello che il cuore dell’uomo desidera: l’abbraccio con il padre dell’eternità. È questo cuore proteso che ha dato senso a tutti gli abbracci che Francesco ha vissuto nella sua vita: da quello alla madre al lebbroso, da quello ai ladroni a quello a sorella Chiara. Da quello ai poveri a quello al Sultano. Da quello all’amico frate Leone a quello a fratello lupo. Una strofa. Scacco matto dell’Assisiate alla morte che per Francesco non è più un’antagonista, ma diviene la porta che apre all’eternità.
L’annuncio dell’eternità
L’annuncio di questo abbraccio a Sorella Morte è frate Elia a dettarlo: Perciò allontanate da voi ogni tristezza; e se volete piangere, piangete per voi stessi e non per lui: perché noi, più che essere nella vita siamo preda della morte, mentre lui è passato dalla morte alla vita. Ed ora do notizia di una grande cosa, di un miracolo veramente nuovo. Infatti non si è mai risaputo nei secoli che un simile segno si sia verificato se non in Cristo Figlio di Dio. Non molto tempo prima della morte Francesco apparve crocifisso, portando nel suo corpo le cinque piaghe come le vere stimmate di Cristo. Il successore di san Francesco annota che quel corpo esile aveva impresse le stimmate. È come se Francesco avesse rivelato a tutti gli uomini di buona volontà che durante il suo cammino il dolore degli uomini era diventato il suo dolore, le ferite degli ultimi le sue ferite. E che quel dolore non andava perduto ma aveva un senso: aveva il senso e il profumo di una vita che risorge.
Le traversie dell’eternità
Quel corpo esile oggi ci ricorda i corpi di tanti clandestini, di tanti rifugiati, di tanti dispersi e ha vissuto le sue traversie. Prima sepolto a San Giorgio poi sotto un cumulo di macerie nella Basilica Inferiore per non essere derubato. Viene ritrovato e infine esposto. Oggi è lì, nella cripta con accanto i suoi compagni. Ci ricorda che ogni vita, per essere tale, va vissuta in fraternità. E non avremo più corpi gettati sulle spiagge. Non ci gireremo dall’altra parte davanti ad un clochard...
Il grido dell’eternità
Davanti a questo corpo oggi molti ritrovano il senso e il significato della loro vita. Si lasciano scuotere e orientano la loro storia.
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