San Francesco, “strumento di pace”
Un viaggio sull’idea di pace in San Francesco. (Prima puntata)
“Il mondo è in fiamme” scriveva Santa Teresa Benedetta della Croce alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Guardando i telegiornali, leggendo i quotidiani o i siti di varie testate del nostro oggi, sembra davvero che questa frase scritta in quel delicato periodo storico possa essere purtroppo riconfermata nel nostro mondo contemporaneo. Fiamme e frastuono di guerra, genocidi e speranze di pace distrutte al vento. Al vento della guerra.
San Francesco aveva vissuto cosa vuol dire guerra. Era stato lui stesso, nella prima sua giovinezza, un uomo d’armi, un uomo che nella guerra vedeva addirittura la possibilità di realizzare un sogno: divenire cavaliere. E il cavaliere - si sa bene - ha stretta nella sua mano una spada da brandire contro i nemici. All’epoca era la guerra Perugia contro Assisi. Due fazioni contrapposte: così si fa la guerra. Due idee contrapposte. Il problema immenso è che al centro troviamo sempre i deboli a farne le spese. A vivere momenti di morte e distruzione.
Francesco, dunque, sapeva come poter far guerra. Eppure passerà alla storia con quella preghiera a lui attribuita: “Fa di me uno strumento della Tua pace”. Francesco diverrà “lo strumento della Pace” in ogni luogo. Così come nella sua Assisi, così oltre il confine del mare. L’episodio dell’incontro con il Sultano è una testimonianza vivida del suo impegno per la pace anche in luoghi così lontani dalla sua Umbria. Qui, proprio nella sua terra, un giorno vescovo di Assisi, Guido I, pronunciò queste parole a Francesco “La vostra vita mi sembra dura e aspra, poiché non possedete nulla a questo mondo”. Rispose il santo: “Messere, se avessimo dei beni, dovremmo disporre anche di armi per difenderci. È dalla ricchezza che provengono questioni e liti, e così viene impedito in molte maniere tanto l’amore di Dio quanto l’amore del prossimo. Per questo non vogliamo possedere alcun bene materiale a questo mondo”.
Quale via, allora, da percorrere per la pace? San Francesco con poche e sobrie parole ci indica una strada: «Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo conservano la pace nell’anima e nel corpo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo» (Amm. XV). La pazienza, prima di tutto. Pazienza del dialogo, pazienza per poter rivedere le proprie idee e andare incontro all’altro. Il verbo sarebbe “uscire da sé stessi”. Il movimento è interiore, intimo, personale: un movimento che, poi, riuscirebbe a condizionare il moto di tanti altri uomini. Nella sua semplicità San Francesco insegnava i modi, i metodi per poter seguire la pace: pazienza e umiltà sono le colonne su cui si edifica la pace. Scriverà: “Dove è pazienza e umiltà, ivi non è ira e turbamento” (Amm. XXVII).
C’è un episodio nella biografia del santo che, con lo sguardo di oggi, è ancora più significativo di quanto già lo fosse. L’episodio si colloca all’inizio della sua conversione, quando con il suo abito tutto rattoppato, il bastone e i calzari, Francesco “ispirato da Dio cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza con semplicità”. Ed è a questo punto nella narrazione biografica che entra in scena un personaggio misterioso del quale il Celano, biografo del santo, non dice il nome. Questo “personaggio” misterioso andava per le vie di Assisi e si rivolgeva a tutti coloro che incontrava con un semplice saluto: Pace e Bene! San Francesco fu colpito molto da questo episodio interpretandolo come un segnale del cielo, una precisa indicazione della via da seguire e perseguire. Nel Testamento del 1226 scriverà: “Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto: Il Signore ti dia pace”.
Mai come oggi vorremmo tutti che quel saluto risuonasse - ancor più forte delle bombe - in ogni luogo del mondo.
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