fede

Sabato Santo, la notte delle notti e il rito della benedizione del fuoco

Felice Accrocca Archivio Fotografico Sacro Convento
Pubblicato il 31-03-2018

Come il fuoco illumina la notte e scalda, così il fuoco interiore

Nei giorni del venerdì e del sabato santo, la Chiesa non celebra l’eucaristia: sono i giorni del digiuno nei quali lo Sposo le è tolto (Mt 9,15). Il sabato santo, la Chiesa si ferma presso il sepolcro del Signore, meditandone la passione e morte, segno efficace di un Amore che non conobbe limiti (“li amò – dice san Giovanni – sino alla fine”: Gv 13,1), preparandosi però a celebrare, nella notte, la grande Veglia pasquale, “madre di tutte le veglie” (sant’Agostino). Questa, per una tradizione antichissima, è “la notte di veglia in onore del Signore” (Es 12,42). I fedeli porteranno in mano la fiaccola – secondo l’ammonizione del Maestro (Lc 12,35ss) – per somigliare a coloro che, fedeli al vangelo, attendono vigili il ritorno del Signore.


La celebrazione del lucernario iniziale è particolarmente suggestiva: la chiesa è vuota, completamente al buio; le tenebre, discese sulla terra durante le ultime ore di vita del Salvatore, sembrano prevalere. Fuori della chiesa è acceso un fuoco divampante, dal quale il sacerdote accenderà il nuovo cero pasquale. Dopo il saluto, il sacerdote rivolge un’esortazione ai presenti, quindi benedice il fuoco con queste parole: “O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo. Fa’ che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno. Per Cristo nostro Signore”.


Come il fuoco illumina la notte e scalda, così il fuoco interiore, il fuoco dello Spirito Santo, deve illuminare le nostre tenebre e accendere in noi il desiderio delle cose celesti: “Se siete risorti con Cristo – esclama l’Apostolo – cercate le cose di lassù” (Col 3,1). Entrando in chiesa, spenderà solo la luce del cero pasquale: i presenti porteranno in mano una candela, ma questa sarà spenta; poi dopo la proclamazione di “Cristo, luce del mondo”, dal cero, segno del Cristo risorto, la luce raggiungerà le candele dei presenti: progressivamente, la luce del Risorto si diffonde e dirada le tenebre, il Cristo che era morto, ora vivo trionfa. “Questa è la notte – canterà il diacono o il cantore con le parole dell’Exultet, il grande annuncio pasquale – in cui Cristo ha distrutto la morte e dagli inferi risorge vittorioso”.


Il fuoco che viene benedetto nella notte del sabato santo c’invita dunque ad accenderci di desiderio per le cose celesti, vale a dire per il Vangelo annunciato da Cristo e per i beni che esso promette. Francesco, che nutriva per il fuoco un amore grande, nel suo Cantico di frate sole diceva che per esso il Signore illumina la notte. Faceva riferimento certamente alla luce materiale, ma certo era ben cosciente anche del fatto che solo il fuoco interiore dello Spirito Santo può illuminare le tenebre del nostro cuore, soprattutto nei momenti tempestosi e di caligine spirituale, quando ci sembra di veder tutto nero, quando nulla sembra girare più per il verso giusto e quando siamo tentati dal male. È in quei momenti, soprattutto, che dobbiamo ricordarci della vittoria di Cristo: Egli ha vinto la morte, una volta e per sempre. Con lui possiamo vincere anche noi.

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