fede

Papa Roncalli il Concilio visto da vicino

ORAZIO LA ROCCA Ansa - FILIPPO MONTEFORTE
Pubblicato il 11-10-2022

A sessant’anni dall’evento che ha riformato la Chiesa

Cardinali divisi, Curia pontificia spaccata, persino il segretario papale “perplesso e contrario”. Non viene accolta bene in Vaticano l’idea di Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli) di indire il Concilio quando lo annuncia 2 giorni dopo l’elezione al Soglio, il 28 Ottobre 1958. Segno evidente che la “voglia” di rinnovare la Chiesa gli era nata anni prima ed era sua ferma intenzione avviare il nascente Pontificato con l’immediato varo delle riforme conciliari.

«In effetti, era dai tempi in cui mio zio era diplomatico in Turchia e a Parigi, quindi durante il Pontificato di Pio XII, che il Concilio Vaticano inizia a prendere forma», rivela il pronipote di Giovanni XXIII, Marco Roncalli, giornalista e scrittore. Il futuro Papa continuerà a parlarne in seguito a Venezia da Patriarca, confidandosi con prelati, collaboratori, persino con i familiari.

Come fa durante le cene col nipote Privato Roncalli (papà di Marco) che «nei tempi liberi aiutava lo zio in Curia» durante il servizio militare nella città lagunare. Aneddoti pubblici e privati, documenti inediti, curiosità contenute nel libro Giovanni XXIII, il Vaticano II un Concilio per il mondo (Bolis Edizioni) con la prefazione di papa Francesco in libreria in questi giorni. Nel testo — scritto per il 60esimo anniversario dell’apertura del Concilio, che sarà celebrato in Vaticano l’11 Ottobre prossimo — il pronipote di Roncalli e il teologo Marco Malnati raccontano la nascita delle assise conciliari, dall’ispirazione iniziale, fine anni ’40 inizio anni ’50, fino a quando Curia e cardinali vengono informati per “avviarne l’organizzazione”.

Il filo che collega direttamente Giovanni XXIII a papa Francesco lo traccia, invece, nella presentazione del libro Frère Alois, priore della Comunità di Taizè — realtà ecumenica apprezzatissima da papa Roncalli — che fa un parallelo tra l’attualità delle riforme conciliari con “la Chiesa sinodale” che sta caratterizzando l’attuale Pontificato. «Pochi altri Conclavi erano stati così miopi o ciechi. Quell’anziano e rassicurante cardinale Patriarca — commenta Marco Roncalli — scelto come Papa di transizione, neanche 48 ore dopo l’elezione aveva già deciso di convocare un Concilio.

E' un Concilio diverso da quello al quale pure avevano pensato i suoi predecessori Pio XI e Pio XII. Detto con le parole con cui Giovanni XXIII quell’11 Ottobre 1962, sessanta anni fa, aprì i lavori conciliari, per la Chiesa si trattava di “andare incontro ai bisogni del tempo mostrando la validità della dottrina piuttosto che con la condanna. Di usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore. Di staccarsi dai profeti di sventura”».

I “semi” del Concilio — è la tesi portante del libro — «erano già stati gettati durante il papato di Pio XII», e Marco Roncalli lo spiega andando alla riscoperta dei fermenti riformatori che il prozio aveva raccolto durante gli anni trascorsi all’estero. Vale a dire, «quei movimenti che prima del Concilio avevano promosso temi progressivamente messi al centro della sua futura agenda riformatrice: la riforma liturgica (movimento liturgico), lo sviluppo degli studi biblici e il ritorno ai Padri (movimento biblico e patristico), l’unità dei cristiani (movimento ecumenico), l’apostolato dei laici (movimento per l’apostolato dei laici)».

«Questi movimenti, più o meno organizzati o influenti — sostengono gli autori — erano portatori di attese rispetto al futuro Concilio. Ma è difficile sostenere che un conoscitore della storia della Chiesa, come Angelo Giuseppe Roncalli, non ci avesse mai pensato» perché «aveva fatto esperienze “preconciliari”, partecipato a sinodi e fatta propria la tradizione sinodale delle Chiese orientali scoperta in Bulgaria, aveva vissuto in Turchia e in Grecia terre di Concili, da nunzio a Parigi aveva seguito l’impegno ecumenico della Comunità di Taizé».

Tanti gli inediti e gli aneddoti finora sconosciuti, come quelli dei segretari di Giovanni XXIII e Paolo VI, Loris Capovilla e Pasquale Macchi, poco entusiasti delle annunciate riforme. Il Papa smonta i “dubbi” del segretario, intimorito dagli aspetti organizzativi, dalle tensioni nel mondo, non solo nella Chiesa («la crisi di Cuba che incombe...»), dicendogli semplicemente che «finché uno non mette il suo io sotto le scarpe non sarà mai un uomo libero». E Capovilla obbedì.

Anche l’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, è perplesso per l’eccessivo rumore esploso all’annuncio, che bolla con un eloquente «Che vespaio!», scrive don Marco Malnati. Eppure Montini lo sapeva fin dal 1955, quando si incontrò con l’allora Patriarca di Venezia Roncalli a Sotto il Monte, suo paese natio, e parlarono, rivelerà Capovilla, della “necessità” di rinnovare la Chiesa con un futuro Concilio. Lo conferma una targa affissa nella casa, ora Museo Roncalli di Sotto il Monte, con una scritta piuttosto barocca, ma chiara: «La solennità dell’Assunta 1955. Presago colloquio sui destini della Chiesa/ Quassù intrecciarono Angelo Gius. Roncalli patriarca di Venezia/ Giovanni B. Montini arcivescovo di Milano/ Acclamati successori di Pietro/Giovanni XXIII 1958/ Paolo VI».

Quindi, già 6 anni prima dall’annuncio, Roncalli aveva parlato a Montini del Concilio che — rivelano gli autori — «poi all’avvio avrebbe trovato cardinali favorevoli quali Urbani, Suenens, König; cardinali perplessi Ottaviani e Siri; titubanti come il cardinale Fossati di Torino. Lontani dal Collegio cardinalizio, favorevoli i teologi della Nouvelle theologie, i francesi De Lubac e Danielou, con Journet di Friburgo e Chenu...». Una Babele. Ma il vecchio Roncalli tirò dritto. (Repubblica)

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