fede

Papa: l’economia è malata, dalla pandemia dobbiamo uscire migliori

Debora Donnini Ansa - ANGELO CARCONI
Pubblicato il 26-08-2020

Francesco prosegue il ciclo di catechesi sulla crisi del Covid-19

In mondo solcato da profonde disuguaglianze sociali, aggravate dalla pandemia, e da un modello economico spesso indifferente ai danni inflitti alla casa comune, il Papa nella catechesi all'udienza generale esorta i cristiani a condividere i propri beni, mettendoli a frutto anche per gli altri, e si richiama, per questo, all’esperienza delle prime comunità cristiane che, anche vivendo tempi difficili, mettevano i loro beni in comune, “consapevoli di formare un solo cuore e una sola anima”:
La pandemia ci ha messo tutti in crisi. Ma ricordatevi: da una crisi non si può uscire uguali. O usciamo migliori, o usciamo peggiori. Questa è la nostra opzione. Dopo la crisi, continueremo con questo sistema economico di ingiustizia sociale e di disprezzo per la cura dell’ambiente, del creato, della casa comune? Pensiamoci.

Possano le comunità cristiane del ventunesimo secolo recuperare questa realtà, - la cura del creato e la giustizia sociale: vanno insieme… - dando così testimonianza della Risurrezione del Signore. Se ci prendiamo cura dei beni che il Creatore ci dona, se mettiamo in comune ciò che possediamo in modo che a nessuno manchi, allora davvero potremo ispirare speranza per rigenerare un mondo più sano e più equo.

Un'economia malata frutto di una crescita economica iniqua
La pandemia ha infatti aggravato le disuguaglianze, ribadisce più volte il Papa: alcuni bambini possono ancora ricevere un’educazione scolastica, per altri si è interrotta; alcune nazioni possono emettere moneta per affrontare l’emergenza, mentre per altre significherebbe ipotecare il futuro. Si tratta di sintomi che rivelano una precisa patologia:

Questi sintomi di disuguaglianza rivelano una malattia sociale; è un virus che viene da un’economia malata. E dobbiamo dirlo semplicemente: l’economia è malata. Si ammalò. E’ ammalata.

E Papa Francesco, nella catechesi, offre una panoramica estesa di come questo sia frutto di una “crescita economica iniqua” che prescinde dai valori umani fondamentali. “Nel mondo di oggi - sottolinea - pochi ricchissimi” - “un gruppetto” - “possiedono più di tutto il resto dell’umanità”. Si tratta, evidenzia, di “un’ingiustizia che grida al cielo!”. D’altra parte questo modello di crescita economica sembra indifferente ai danni inflitti al creato, con conseguenze “gravi e irreversibili” come perdita della biodiversità, cambiamenti climatici, distruzione delle foreste tropicali. "Siamo vicini - avverte ancora - a superare molti dei limiti del nostro meraviglioso pianeta". Disuguaglianze sociali e degrado ambientale hanno “la stessa radice”: il peccato di “voler possedere e dominare i fratelli e le sorelle, la natura e lo stesso Dio”. Di fronte a tutto questo, i cristiani non devono rimanere fermi: la speranza cristiana sostiene la volontà di condividere.

Quando l’ossessione di possedere e dominare esclude milioni di persone dai beni primari; quando la disuguaglianza economica e tecnologica è tale da lacerare il tessuto sociale; e quando la dipendenza da un progresso materiale illimitato minaccia la casa comune, allora non possiamo stare a guardare. No, questo è desolante. Non possiamo stare a guardare! Con lo sguardo fisso su Gesù e con la certezza che il suo amore opera mediante la comunità dei suoi discepoli, dobbiamo agire tutti insieme, nella speranza di generare qualcosa di diverso e di meglio.

Tanti bambini muoiono di fame e non hanno diritto alla scuola
Nel cuore del Papa, in particolare, le condizioni dei bambini. Per rendersene conto, basta leggere le statistiche:
Quanti bambini, oggi, muoiono di fame per una non buona distribuzione delle ricchezze, per un sistema economico come ho detto prima; e quanti bambini, oggi, non hanno diritto alla scuola, per lo stesso motivo. Che sia questa immagine, dei bambini bisognosi per fame e per mancanza di educazione, che ci aiuti a capire che dopo questa crisi dobbiamo uscire migliori.

Amministratori dei beni, non padroni
Richiamandosi varie volte al Catechismo e al Libro della Genesi, Francesco ricorda che Dio ha chiesto all’uomo di dominare la terra coltivandola e custodendola. Non quindi “carta bianca per fare della terra ciò che si vuole”, nota il Papa, perché esiste una “relazione di reciprocità responsabile” fra noi e la natura. La terra infatti è stata data a tutto il genere umano e i suoi frutti devono arrivare a tutti, non solo ad alcuni. Come ricorda anche la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II "l’uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri".

Quindi, come un amministratore della Provvidenza, far fruttificare i doni perché anche gli altri ne beneficino. "Amministratori dei beni, non padroni", ribadisce Francesco ricordando "la regola d'oro" del comportamento sociale evidenziata anche nella Laudato si': "la «subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni »

Fioriamo in comunità
In sintesi, proprietà e denaro sono “strumenti” che possono essere trasformati facilmente in “fini, individuali o collettivi” ma così - avverte - vengono intaccati i valori umani essenziali.

L’homo sapiens si deforma e diventa una specie di homo œconomicus – in senso deteriore – una specie di uomo individualista, calcolatore e dominatore. Ci dimentichiamo che, essendo creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo esseri sociali, creativi e solidali, con un’immensa capacità di amare. Ci dmentichiamo spesso di questo. Di fatto, siamo gli esseri più cooperativi tra tutte le specie, e fioriamo in comunità, come si vede bene nell’esperienza dei santi.

Il Papa lo rimarca, richiamando proprio il detto spagnolo: "florecemos en racimo como los santos, fioriamo in comunità come si vede nell’esperienza dei santi". (Vatican News)



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