PAPA BERGOGLIO INCONTRERA' QUATTRO IMAM INGLESI DOPO GLI ATTENTATI A LONDRA. IN DIALOGO, COME SAN FRANCESCO.
Un gesto per ribadire l’impegno delle religioni contro l’ondata di terrore
Il terrore non ha l’ultima parola. Davanti alla violenza estremista che ha sconvolto questa volta il cuore di Londra, Papa Francesco oppone, anzi, propone il dialogo e l’unità tra le religioni. Quindi accoglie in Vaticano quattro imam inglesi il prossimo mercoledì 5 aprile, poche settimane dopo l’attentato del 22 marzo al Westminster Bridge costato la vita a cinque persone. Un gesto altamente significativo per frenare l’ondata islamofoba che dilaga in Europa - e si rinfocola dopo ogni attacco - e per rendere fattivo l’appello lanciato a inizio anno nell’udienza al Corpo diplomatico affinché tutte le autorità religiose restino «unite nel ribadire con forza che non si può mai uccidere nel nome di Dio».
L’incontro con gli imam - che avverrà, peraltro, il giorno dopo l’udienza ai reali britannici Carlo e Camilla - sarà anche l’occasione «per ribadire che i leader religiosi vogliono e sono impegnati nel costruire rapporti», come ha sottolineato il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, che ha rivelato in anteprima la notizia all’agenzia Sir a margine del convegno sui giovani promosso dal Ccee a Barcellona.
Il porporato – che accompagnerà a Roma i quattro rappresentati islamici - ha voluto chiarire con l’agenzia dei vescovi italiani anche alcune dinamiche dell’assalto perpetrato da Khalid Masood, 52enne britannico che ha guidato un’auto verso i pedoni sul ponte e ha poi proseguito in direzione di Parliament Square, falciando quattro persone, per poi accoltellare un poliziotto armato. «È chiaro che ciò che è avvenuto non ha nulla a che vedere con i confini – ha affermato Nichols -. L’attentatore era un uomo nato in Inghilterra, cresciuto in Inghilterra. Ha trascorso, è vero, un breve periodo in Arabia ed è diventato musulmano. Ma bisogna anche dire che era un uomo con una lunga storia di violenza. È stato 5 e 6 volte in prigione, e chi lo ha conosciuto lo descrive come un uomo molto arrabbiato».
Il cardinale parla quindi di un «incidente» che va «guardato e interpretato nella sua realtà». Per il futuro, ha aggiunto, «c’è una cosa molto importante da imparare ed è quella di non permettere alle comunità di isolarsi. Penso che le persone di fede hanno molto da offrire. Il dialogo tra persone che credono in Dio, crea uno spazio comune. Ed è da questo punto di vista un dovere per i leader religiosi parlarsi, incontrarsi, esplorare insieme soluzioni comuni, affrontare la questione del credo religioso che sfocia in estremismo e violenza». Attenzione infatti, ammonisce l’arcivescovo di Westminster, «a relegare la fede in una sfera privata perché questo contribuisce ancora di più all’isolamento delle comunità e non contribuisce alla costruzione di una società inclusiva».
Concetti, questi, già espressi da Papa Francesco che non ha mancato di denunciare in diverse occasioni la scarsa integrazione degli “stranieri” in Europa come uno dei motivi della radicalizzazione. Per i migranti «la peggior forma di accoglienza è la ghettizzazione. Al contrario, è necessario integrarli», affermava il Pontefice in una intervista del maggio 2016 al quotidiano francese La Croix. Erano trascorsi appena due mesi dall’attentato alla metropolitana di Bruxelles e Bergoglio sottolineava: «A Bruxelles i terroristi erano belgi, figli di immigrati, ma cresciuti in un ghetto.... Questo mostra la necessità che l’Europa riscopra la sua capacità di integrare».
Tale lavoro deve essere favorito soprattutto dalle religioni, considerando che – come ha rimarcato il Papa nel succitato discorso ai diplomatici - «l’esperienza religiosa, anziché aprire agli altri, può talvolta essere usata a pretesto di chiusure, emarginazioni e violenze». Oppure essere usata per compiere questi «atti intollerabili» che non sono altro che il gesto più estremo «di una follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere».
«Non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana. Utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia», affermava il Papa all’indomani della strage alla Promenade des Anglais di Nizza. Tuttavia, diceva ai familiari delle vittime incontrate in Aula Paolo VI, «la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità». Anzi ad esse «bisogna rispondere con l’amore».
Sempre nella consapevolezza che – ha sottolineato Francesco questa mattina alla delegazione di chierici iracheni, sciiti, sunniti e yazidi, ricevuti prima dell’udienza generale - «siamo fratelli e, come fratelli, tutti diversi e tutti uguali, come le dita di una mano: cinque sono le dita, tutte dita, ma tutte diverse». [SALVATORE CERNUZIO - VATICAN INSIDER]
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