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Miracoli Eucaristici: un viaggio per l’Italia

Antonio Tarallo Pixabay
Pubblicato il 30-05-2018

In cammino verso la festa del Corpus Domini

E’ il Mistero dei Misteri, se così si può definire. E ogni volta che le mani di un sacerdote si alzano verso l’alto, o meglio verso l’Alto, con Patena e Calice, con quel Corpo e Sangue, con quel Pane e Vino, questo enorme Mistero diviene visibile, diviene contingente alla vita di ogn’uno che partecipa alla Santa Messa. Parla ad ogn’uno di noi. E’ il momento dell’Eucarestia.

San Francesco lo sapeva bene. Lo viveva, tutto questo. Incarnandolo. I suoi scritti parlano chiaro. E lo fanno, carichi di poesia, colmi di aggettivi precisi che danno il senso pieno del Mistero dell’Eucarestia:  “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull'altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero”.

E’ naturale, quindi, che la Chiesa tutta ponga attenzione ed esalti – riservando una festa propria – il dono che Gesù ha istituito con l’Ultima Cena. Questo momento di riflessione già “liturgicamente” lo abbiamo vissuto nel cosiddetto Triduo Pasquale:  nella “Messa in Cena Domini”. Ma è stato Papa Urbano IV, ad Orvieto, con la bolla “Transiturus de hoc mundola” (1264) a decretare la solennità del Corpus Domini come festa di precetto,  estendendola a tutta la Chiesa. Il giorno fissato era stato il giovedì dopo l'ottava di Pentecoste.   La bolla rievoca con discrezione anche le esperienze mistiche di santa Giuliana di Cornillon. L’episodio risale al 1208:  a Giuliana appare Cristo stesso, chiedendole che venga istituita la festa del Santissimo Sacramento. Ecco, la storia in breve.

Ma c’è un’altra storia che deve essere raccontata. Affascinante, e che si dirama nei secoli. La protagonista? E’ sempre Lei: l’Eucarestia. Parliamo, appunto, dei famosi Miracoli eucaristici. Per inoltrarci in questa trama così “particolare” facciamo – almeno con la mente – un piccolo viaggio. Siamo in Francia, a Paray Le Monial, nel sud della Borgogna. Qui vi è il “Musée du Hiéron”, dove campeggiano all’ingresso le parole: “Au Christ Roi”, A Cristo Re. In questo piccolo museo è conservata una carta geografica che indica ben 132 luoghi, sparsi nel mondo, dove si sono verificati i Miracoli. Passare in rassegna tutti, ovvio dirlo, è impresa assai ardua e altrettanto lunga. Ma, in questo approfondimento, cercheremo di “viaggiare” almeno nei luoghi più significativi dove questi “fenomeni” (nel senso greco del termine, faino, apparire) si sono verificati.

Iniziamo dalla nostra Italia, in questa prima puntata. E partiamo proprio dalla Città Eterna, Roma.

Basilica di Santa Pudenziana, anno 595.  Durante la celebrazione eucaristica  papa Gregorio Magno si accorge che una donna, al momento della comunione, sorride. Non crede alla reale presenza di Cristo nell'Eucaristia. Il pontefice si rifiuta di comunicarla e invoca Gesù affinchè possa essere illuminata:  subito dopo, le specie eucaristiche si trasformano in carne e sangue. La donna piange e si inginocchia.  A questa storia, sempre a Santa Pudenziana, si aggiunge quella di un sacerdote incredulo, anche lui, della presenza nell'Eucaristia di Gesù, e avendo lasciato cadere inavvertitamente l'ostia consacrata, avrebbe visto formarsi sul pavimento l'impronta della particola e una macchia di sangue, tuttora visibili sui gradini della cappella Caetani della stessa chiesa. Ma non possiamo sostare troppo a Roma e allora incamminiamoci – sia geograficamente che temporalmente – verso Lanciano, in Abruzzo. Siamo intorno all’anno 700 (documentato il tutto nel 1631). Così è descritto il protagonista di questa storia, un monaco basiliano:  “non ben fermo nella fede, letterato nelle scienze del mondo, ma ignorante in quelle di Dio; andava di giorno in giorno dubitando se nell'ostia consacrata vi fosse il vero Corpo di Cristo e così nel vino vi fosse il vero Sangue”. Così accadde qualcosa di “umanamente”incredibile:

“Celebrò messa, e, dette le parole della consecratione, vidde fatta carne l'hostia e sangue il vino. Fu mostrata ogni cosa a' circostanti et indi a tutto il popolo. La carne è ancora intiera et il sangue diviso in cinque parti dissuguali che tanto pesano tutte unite, quanto ciascuna separata”. Così cita una epigrafe del 1636 che descrive l’evento miracoloso. In merito a questo Miracolo anche la Scienza, nel 1971, decise di fare le sue indagini, ma nel dettaglio ci ritorneremo più avanti, con la terza puntata del focus. Questa, in sintesi estrema, l’analisi: la carne si è dimostrata appartenente al miocardio e il sangue è risultato veramente di persona umana.

Incamminiamoci in altra città: Trani, anno mille, circa.  Una donna giudaica, partecipando alla Comunione, occulta la particola col fine di cucinarla a casa. Al momento della cottura, la donna vede nella padella materializzarsi della carne. Sanguina così tanto che – come dice il racconto "L'innamorato di Gesù Cristo" di fra Bartolomeo da Saluthio, al secolo Bartolomeo Campi – comincia ad allagare “da per tutto quella maledetta ed esecranda casa”. Gran movimento di popolo, il Vescovo stesso corre nella casa per accertarsi dell’accaduto e avviene una solenne processione fino alla  chiesa di Sant'Andrea, con la teca d’argento in cui viene subito inserita questa “eccezionale carne”.  Sono tanti, come stiamo vedendo, i Miracoli eucaristici e, dunque, partiamo subito alla volta di Ferrara (1171): anche in questo caso la trasformazione in carne sanguinante. E poi Rimini, nel 1223.  In questo caso abbiamo un illustre personaggio ad essere coinvolto. Addirittura Sant’Antonio di Padova. Addentriamoci un po’ di più, il nome del Santo lo richiede.  Abbiamo anche una sorta di “fotografia” dell’evento, immortalata dal pittore Beccafumi nel suo “Sant’Antonio e il miracolo della mula” del 1537, conservato al Louvre di Parigi. Gli “attori” in primo piano sono due, un uomo con un grande piatto di legno e una mula che si prostra davanti a questo. Al centro, dietro loro, un po’ distante, è posto Sant’Antonio di Padova. L’uomo davanti la mula è un eretico di nome Bonovillo che ha messo in dubbio la consacrazione dell’Eucarestia. Essendo presente nella città romagnola fra Antonio di Padova, tutto accorato nel predicare proprio sull’Eucarestia, Bonovillo lancia – a mo’ di provocazione – al frate francescano una sfida. Se avesse provato con un miracolo la vera presenza di Cristo nell'ostia consacrata, si sarebbe convertito. Come? Ecco, nel particolare, la “singolar tenzone”: avrebbe rinchiuso per tre giorni nella stalla la sua mula a digiuno totale, e  poi l'avrebbe portata in piazza, mettendole davanti della biada. Contemporaneamente il santo avrebbe dovuto mettere l'ostia di fronte alla mula: se l'animale avesse trascurato il foraggio per inginocchiarsi dinanzi alla particola, Bonovillo avrebbe creduto.  Il quadro del Beccafumi parla chiaro: la mula è in ossequioso inchino davanti al “Corpo di Cristo”.  “Scacco matto” all’eretico Bonovillo.

A “volo d’angelo” nominiamo ora solo dei luoghi, senza soffermarci troppo, per dare spazio a uno dei più importanti: quello di Bolsena. Uno…due…tre…partenza e via, velocemente: Ferrara (1171); Alatri (1227); Firenze (1230);  Siena (1330); Macerata (1356); Torino (1453); Asti (1535); Patierno (1772); in fine, quello più vicino ai nostri giorni, è avvenuto a San Mauro La Bruca, nel 1969. Sessantatré ostie consacrate, rubate da anonimi sacrileghi, furono successivamente ritrovate integre, e ancora oggi si conservano intatte.   

Ma, facendo un piccolo salto indietro temporale, è doveroso annoverare il Miracolo di Bolsena, che risale al 1263. Bisognava riservargli uno spazio particolare, non fra “i tanti”. Bisogna, perché la testimonianza che ci è stata lasciata è davvero sorprendente. Infatti, chi entra oggi nel Duomo di Orvieto si può trovare  “a contatto” con una reliquia che certamente è fra le più importanti dei cosiddetti Miracoli eucaristici. Ricorda molto, per il “the plot” quello di Lanciano. Anche qui protagonista un religioso alle prese con dubbi sulla presenza di Cristo nella Eucarestia. Il sacerdote vuole raggiungere Roma, per pregare sulla tomba di Pietro e fugare tutte le sue perplessità. Finalmente, in questo pellegrinaggio riesce a trovare le sue risposte, ma – durante il viaggio di ritorno – ecco tornare le perplessità, le inquietudini. Il viaggio è lungo, e a Bolsena decide di fare una sosta. Ed è lì che avviene “l’impossibile”. Secondo la tradizione, al momento della consacrazione l'ostia comincia a sanguinare sul corporale. Impaurito dell’accaduto, il sacerdote cercò di nascondere il fatto. Conclusa celebrazione, avvolse l'ostia nel corporale e fuggì verso la sacrestia.  Durante il tragitto alcune gocce di sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell'altare.  Ancora oggi è tutto ben visibile agli occhi dei visitatori del Duomo di Orvieto, ma ancor di più è visibile nei cuori dei fedeli.

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