fede

La pedagogia di San Giovanni Bosco

Antonio Tarallo
Pubblicato il 31-01-2020

Il santo dei giovani, un santo moderno 

San Giovanni Bosco, la vita di un santo
Giovanni Bosco nasce il 16 agosto 1815 a Murialdo, vicino Torino. Già all'età di dieci anni, i primi segni della sua vocazione: si dedica ad aiutare i propri compagni disagiati. A sedici, si accentua ancor di più l'aspirazione alla vocazione educativa e sacerdotale. Viene ordinato sacerdote all'età di 26 anni, e dal 1841 al 1844 è ospite del convitto di San Francesco D'Assisi, a Torino. Finito il convitto Don Bosco si occupa di una delle opere benefiche della marchesa di Barolo, dove prende spunto per la sua opera educativa che segnerà - per sempre - il destino dell’ordine dei salesiani: l'oratorio. Nel primo oratorio istituito, ospita ben 800 giovani. Con l'aiuto di don Rua e Cagliero, fonda la Congregazione Salesiana che, in seguito, viene ratificata dal Vaticano. Il termine "Salesiano" deriva dal nome del santo cui Don Bosco era molto devoto: S. Francesco di Sales. Le caratteristiche principali di questa congregazione saranno la "carità"e la "bontà". Don Bosco muore a Torino il 31 gennaio 1888. Viene beatificato nel 1929 e canonizzato nel 1934.

La pedagogia di Don Bosco, modello per i nostri giorni
“Io mi regolo con questo principio, che i miei allievi lavorino con amore e non con l'attività”. Queste le parole di don Bosco che riescono a riassumere meglio il suo sistema pedagogico. E’ la libertà il caposaldo della sua intera azione educativa: lasciare questa ai giovani, affinchè ognuno, in ambito lavorativo, faccia con piacere solo quello che sa fare.
Don Bosco, inoltre, individua due tipi di sistemi educativi da poter “mettere in pratica”: il cosiddetto sistema preventivo e quello repressivo. Cerchiamo di comprendere meglio queste due tipologie: il primo consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un istituto per poi avere modo di sorvegliare gli allievi, sotto l’occhio vigile del direttore o degli assistenti in qualità di padri amorosi, guide sicure ai propri passi; il secondo, invece, consiste nel far conoscere le leggi agli allievi, sorvegliare per conoscerne i trasgressori e, nell’eventualità, punirli. Ma perché era così importante - per il santo - l’educazione dei giovani? Don Bosco, in questo, riesce - con profonda modernità - a dare un’impronta oserei dire "laica": l'educazione, secondo Don Bosco, è la grande arte di formare gli uomini affinché diventino giusti cittadini, prima di tutto, e buoni cristiani. Per questo, la sua opera educativa aveva lo scopo di formare il popolo civilmente, fisicamente e moralmente.

Il “sogno” di Don Bosco era grande, immenso. E allora - viene quasi spontanea la domanda - qual era il segreto per tramutare tutto questo in realtà concreta? E’ lo stesso Don Bosco a risponderci, grazie a un suo scritto sull’educazione:

“Religione e ragione sono le due molle di tutto il mio sistema di educazione. L'educatore deve persuadersi che tutti, o quasi tutti questi cari giovani, hanno una naturale intelligenza per conoscere il bene che vien fatto loro personalmente, e insieme sono pur dotati di un cuore sensibile, facilmente aperto alla riconoscenza. Quando si sia giunti con l'aiuto del Signore a far penetrare nelle loro anime i principali misteri della nostra Santa Religione, che ci ricorda l'amore immenso che Iddio ha portato all'uomo: quando si arrivi a far vibrare nel loro cuore la corda della riconoscenza che gli si deve in ricambio dei benefici che ci ha si largamente compartiti: quando finalmente con la molla della ragione si siano fatti persuasi che la vera riconoscenza al Signore deve svilupparsi con eseguirne il volere, con rispettarne i precetti, specialmente quelli che inculcano l'osservanza dei reciproci doveri nostri”.

Questo il nucleo di tutto il suo pensiero pedagogico: il cuore, l’amorevolezza accompagnata alla ragione. Termini assai in disuso nel nostro secolo. Forse, sarebbe proprio il caso di riflettere un po’.

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