La messa del cardinal Ouellet a Trastevere: Beati i martiri del Vangelo
Il Vescovo Jean-Marie Benoìt Bala, uomo mite e di pace il cui corpo è stato ritrovato il 2 Giugno 2017 nel fiume Sanaga; Miriam Rodiguez Martinez, uccisa in Messico fai narcotrafficanti; Le Suore Missionarie della Carità uccise nella loro casa per anziani e disabili di Aden (Yemen); Padre Jaques Hamel, Monsignor Romero, Don Pino Puglisi, e tanti altri nomi divenuti tristemente “famosi” per aver offerto la loro vita alla causa del Vangelo.
Nel cuore della Settimana Santa, a pochi giorni dalla Pasqua, la Comunità di Sant'Egidio ha voluto ricordare i martiri del nostro tempo, cristiani di tutte le confessioni che sono uccisi o subiscono persecuzioni, discriminazioni, privazione della libertà religiosa. I loro nomi sono risuonati nella affollatissima preghiera ecumenica tenutasi ieri sera a Santa Maria in Trastevere, presieduta dal Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei Vescovi. In tanti, giovani ed anziani, religiosi e laici, hanno assistito con partecipazione commossa alla celebrazione, conclusasi con una benedizione ecumenica.
Vorrei sottolineare alcuni punti della predicazione del Cardinale Ouellet, il quale, dopo aver letto il passo evangelico delle beatitudini, ha voluto legare il tema del martirio alla Divina Misericordia ed alle visioni del libro della Apocalisse.
A lui la parola: Beati i Romero, Puglisi, Popieluzsko, Aleksander Men, Beate le Missionarie della Carità e tante altre donne e uomini anonimi che, per disegno divino e scelta libera, hanno lavato le loro tuniche nel sangue dell’Agnello. (Ap 7,14) Noi tutti qui radunati stasera, in questa antica basilica di Santa Maria in Trastevere, siamo consapevoli dei nostri peccati ma fiduciosi nella Divina misericordia, che si è fatta carne in Gesù Cristo. La nostra preghiera scaturisce dal dovere di memoria e dall’affetto della nostra fede per tutti coloro che hanno donato la propria vita quest’anno. Cari fratelli e sorelle, rallegriamoci di essere chiamati anche noi, sin dal nostro battesimo, ad essere testimoni dell’Amore crocefisso nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.
La nostra testimonianza di figli e figlie di Dio, ci pone alla stregua del Maestro, davanti alla sfida delle beatitudini che Lui ci ha lasciati come eredità da custodire e cammino da percorrere nel Suo Spirito. Consapevoli di essere incapaci da soli di seguire le Sue tracce, chiediamo al Padre che lo Spirito Santo ci renda capaci di amare e servire la divina testimonianza dell’Amore che vince il peccato e la morte. Le beatitudini che il mondo considera un’ingenua utopia, noi le professiamo come verità e vita per ogni cristiano. Papa Francesco ce lo ricorda spesso e con forza, mettendo i poveri al centro della Chiesa e della nostra conversione missionaria. I poveri sono i primi destinatari del Vangelo.
«Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli». (Mt 5,3) Mi permetto di sottolineare un aspetto delle parole di Ouellet, per cercare di rendere meno “complesso” il tema del martirio. Provo a spiegarmi. Potrebbe sembrare una richiesta eccessiva da parte della Chiesa di chiedere a noi fedeli di vivere da “martiri”. Se ben comprendo le parole del Cardinale, nessuno chiede al popolo dei credenti di offrire il bene della propria vita (anzi, per la Chiesa Cattolica la difesa della vita è sacra), allo stesso tempo ci viene chiesto di, sottolineo, vivere testimoniando il nostro essere figli di Dio, compiendo ogni giorno le “opere” delle Beatitudini. Lo stesso Cardinale Ouellet, al quale lascio la conclusione di questo articolo, ben spiega (certamente meglio di me!) il senso di questa mia riflessione. I martiri ci mostrano che è possibile, anzi è bello e riempie di senso la vita, il vivere portando al prossimo la fiaccola dell’amore quotidiano.
Così il Cardinale: Cari fratelli e sorelle, la memoria ecumenica dei martiri conosciuti e sconosciuti che celebriamo, è motivo per noi di gratitudine verso Dio per il Suo Sangue versato, che continua a scorrere nelle vene dei suoi grandi ed umili testimoni. Questa memoria è anche una sfida lanciata a tutti noi, poveri peccatori, ma peccatori misericordiati, ad alzare più in alto la fiaccola dell’amore quotidiano verso tutti e in modo speciale verso i rifugiati, gli abbandonati, i poveri, per dare speranza a chi soffre nel buio e nell’oblio, per far crescere la speranza ecumenica dalla diversità riconciliata, e per irradiare la gioia della testimonianza missionaria di Cristo.
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