fede

La grotta della Nascita di Gesù a Betlemme, il villaggio dei pastori a Bet Sahur

Antonio Tarallo
Pubblicato il 24-12-2018

“Era inverno/ e soffiava il vento della steppa./ Freddo aveva il neonato nella grotta/ sul pendio del colle”. Questo, l’inizio di una non tanto nota poesia di Boris Pasternack, il creatore del romanzo Dottor Zivago, per intenderci. E, a pensarci bene, è proprio in quella grotta che tutto ebbe inizio.   Un preciso “luogo” geografico, fisico, che ha visto l’evento più straordinario che si è potuto vivere: la nascita di un Bambino che ha cambiato il corso della Storia, entrando nella Storia. E’ la grotta, in fondo, al centro di tutto il “racconto”. E, questa, è lì, a Betlemme, visibile a tutti, tangibile ad ogni mano di pellegrino o semplice turista.

Sopra la grotta, verso il 330 – su iniziativa dell’imperatore Costantino I e della madre Elena – ebbe inizio la costruzione dell’attuale basilica. Durante l’anno 614, la basilica riuscì a salvarsi dalla distruzione da parte dei persiani, grazie alla presenza della raffigurazione dei re magi nel loro costume tradizionale persiano, posta sul prospetto dell’edificio. Costituita da cinque navate, misura ben 53,90 metri di lunghezza per 26,20 metri di larghezza. Si accede alla basilica attraverso una sola porta, che è poi, più simile ad un passaggio stretto e basso. Si narra che tale particolare conformazione servisse per invitare il pellegrino all’umiltà e al raccoglimento. Secondo un’altra versione invece, questa porta fu realizzata in tali misure, per ostacolare l’eventuale passaggio di cavalli, nel caso qualche Ottomano avesse voluto oltraggiare la basilica.

Nel lato orientale della basilica, è situata una costruzione ottagonale rialzata di tre gradini, detta “Martyrium”. Al centro di questo, un ampio foro circolare; a torno una balaustra. Il foro, praticato nella volta della Grotta della Natività, consente ai visitatori di guardare all’interno.

A fianco dell’abside centrale sono presenti due scale che consentono l’accesso alla Grotta della Natività. E’ una cripta di forma rettangolare, lunga 12,3 metri e larga 3,5 metri. Le pareti naturali della grotta, furono abbellite in epoca costantiniana, e poi ricoperte di marmo, in epoca bizantina. Fu in epoca bizantina che s’iniziò a venerare questo luogo come altare della Natività. Due colonne in pietra rossa e l'iscrizione «Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus» sovrastano l'altare, sopra al quale sono rappresentati la Vergine e il Bambino in fasce, la scena del lavacro e quella della venuta dei pastori. Sotto l'altare è posta la stella con l'iscrizione latina: «Hic de Virgine Maria Iesus Christus natus est» in ricordo del luogo preciso della Natività.

“C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge”. Saranno questi pastori, raccontati con mirabile poesia dall’Evangelista Luca, a destarsi alla vista dell’angelo recante la notizia di “una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.

Quella regione, anche se non citata precisamente nel Vangelo, viene localizzata a circa due o tre chilometri a est di Betlemme, dove oggi sorge il villaggio di Bet Sahur, "La casa delle vedette".  Un antico pellegrino anonimo, citato dal monaco benedettino Pietro Diacono (XII sec.), ci parla dei ricordi sacri presenti nei dintorni di Betlemme: “Non lontano di là c’è una chiesa detta dei Pastori, dove un grande giardino è accuratamente chiuso tutto intorno da un muro; e c’è in quel luogo una grotta molto luminosa, che ha un altare là dove un angelo, apparso ai pastori veglianti, annunciò la nascita di Cristo”. Dobbiamo sempre al periodo bizantino – IV o V secolo – l’edificazione di un santuario, in questi luoghi. Qui, infatti, fu costruito, un santuario dedicato ai pastori. La chiesa di Gerusalemme celebrava una festa la vigilia del Natale e si venerava qui anche una grotta. Qui fu edificato anche un monastero, però di tutto questo, restano solo delle rovine.

Nel 1950, fu inaugurata la chiesa che oggi vediamo, opera dell'architetto A. Barluzzi. La chiesa è dedicata a Santa Teresa di Lisieux, e alla Madonna di Fatima. L'interno è diviso in tre navate da due file di quattro colonne ciascuna. Gli archi a sesto acuto, molto stretti, creano l'illusione che l'interno sia più lungo della reale dimensione. L'altare maggiore, è un vero gioiello dell'arte scultorea palestinese. Il villaggio di Beit Sahur, si estende in mezzo ai così detti “campi di Booz”. Proprio in uno di questi campi, si trovavano i pastori citati da San Luca. L’antica tradizione, colloca – in maniera ancor più precisa – questi luoghi nella località di Siyar e1-Ghanam, luogo poco lontano da Beit Sahur. Si devono a un religioso francescano, padre Virgilio Corbo, gli scavi archeologici (1951-52) che hanno dimostrano, senza possibilità di dubbio, che quel luogo fosse abitato all'epoca della nascita di Gesù a Betlemme.


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