Il giglio, il pane, il libro: i simboli di Antonio da Padova
Viaggio nei simboli della tradizione figurativa del Santo
Entriamo in qualsiasi chiesa, e ci troveremo di fronte l’immagine del Santo (così è chiamato a Padova, non serve specificare il nome, Antonio). Pale d’altare, affreschi, statue: tutte hanno in comune alcuni simboli, ben evidenti. E, si sa, il simbolo è sempre - da sempre - metafora di qualcosa. In Antonio da Padova i simboli non sono pochi e sono tutti importanti, tutti significativi. Facciamo, allora, un viaggio attraverso questi simboli che nella memoria di ognuno richiamano il grande santo francescano.
Il giglio
Dal Sermone di Sant’Antonio (Domenica XV dopo Pentecoste, 12) si legge: “Considera che nel giglio ci sono tre proprietà: il medicamento, il candore e il profumo. Il medicamento si trova nella sua radice, il candore e il profumo nel fiore. E queste tre proprietà raffigurano i penitenti, poveri nello spirito, che crocifiggono le membra con i loro vizi e le loro concupiscenze, che custodiscono l’umiltà nel cuore per soffocare l’impudenza della superbia, il candore della castità nel corpo e il profumo della buona fama”. Ecco spiegato il giglio, simbolo della purezza, immancabile in ogni raffigurazione del santo. E’ tenuto sempre in mano da Antonio. E lui, portatore di questo simbolo, lo incarna nella sua vita evangelica, nella missione di frate francescano.
Il pane
“Dov'è Carità è Amore, lì c’è Dio”. La carità per Antonio era impegno costante perchè Dio stesso dimorava in lui, in ogni istante della sua vita. Il pane, elemento semplice ma indispensabile. Il pane, in fondo, è il primo elemento per sfamarsi e Antonio aveva sempre perseguito nella sua missione la Carità, una carità che tanto era a cuore a San Francesco e all’Ordine francescano. Ma c’è anche un episodio della sua vita che lo lega a questo simbolo: il miracolo di Tommasino, un bimbo di venti mesi che visse a Padova nel tempo in cui si stava costruendo la Basilica dedicata a Sant’Antonio. Una mattina la madre lo lasciò in casa da solo a giocare e lo ritrovò poco dopo senza vita, affogato in un tinello d’acqua. Disperata, invocò l’aiuto del Santo, e nella sua preghiera fece un voto: se avesse ottenuto la grazia avrebbe donato ai poveri tanto pane quanto era il peso del bambino. Il figlio tornò miracolosamente in vita e nacque così la tradizione del «pondus pueri», una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a Sant’Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso.
Il piccolo Bambino Gesù
Altra raffigurazione, anche questa immancabile. Antonio porta in braccio il Bambino Gesù. In alcune raffigurazioni, addirittura gioca con lui. Si sorridono, si amano profondamente. E’ dolce l’immagine, molto. La tenerezza di questa raffigurazione lascia lo spettatore senza parole. Ma perchè questo simbolo? Da dove proviene questa raffigurazione? Poco prima di morire Antonio si raccoglie in preghiera vicino a Padova, più precisamente a Camposampiero. Questo luogo era stato affidato ai francescani dal conte Tiso. Antonio cammina nel bosco della località veneta e nota un maestoso albero di noce: è perfetto per farsi costruire una celletta tra i rami dell’albero. Tiso gliela allestisce. Il Santo passa così in quel rifugio le sue giornate di contemplazione, rientrando nell’eremo solo la notte. Proprio in una di queste notti, avviene un miracolo, un prodigio. Il conte Tiso decide di andare a trovare il suo amico Antonio. Appena entra nella celletta si trova di fronte a qualcosa di prodigioso, incredibilmente prodigioso: Antonio stringe fra le braccia il piccolo Gesù Bambino. I due sono circondati da una luce abbagliante. Quando Antonio si “risveglia” dall’estasi e vede Tiso commosso, il Santo lo prega di non parlare con nessuno dell’apparizione celeste. Solo dopo la morte del Santo il conte racconterà quello che aveva visto.
Il libro
Pio XII, nel 1946, proclama Antonio “Dottore della Chiesa”. Antonio non è solamente il frate semplice che noi tutti conosciamo. Il santo è stato anche un fine teologo, e i suoi Sermoni, veri e propri trattati teologici, sono lì a testimoniarlo a tutti, alla Storia della Chiesa. Bisogna ricordare che fu lo stesso San Francesco a dare ad Antonio la “responsabilità” dell’istruzione dei frati. L'immagine più antica e più vicina alla realtà, è rappresentata dal Santo con il libro in mano, simbolo - dunque - della sua scienza, della sua sapienza, della sua dottrina, della sua predicazione e del suo insegnamento sempre ispirato al Libro dei libri, la Bibbia.
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