I sacerdoti martiri del “triangolo della morte”
Le "caverne oscure" del 25 aprile
Ci sono volti, storie, episodi, biografie, frammenti di vite forse un po’ troppo spesso dimenticate dalla Storia. Il 25 aprile, data della Liberazione dell’Italia dal regime nazifascista, ancora reca con sé alcune “caverne oscure”: senza nulla togliere - ovviamente - all’importanza che ha avuto il Movimento di Liberazione nella lotta partigiana (con le sue bellissime testimonianze di martirio per la libertà della nostra Italia) esiste una storia che ancora sembra rimanere sepolta. Sono, infatti, tanti i sacerdoti che hanno trovato la morte durante il periodo della Resistenza. I martiri della fede non hanno colore politico alcuno poiché al centro dei loro pensieri c’è sempre stato Cristo, la fede, e l’amore per l’umanità. Per loro difendere il sacerdozio voleva dire difendere anche Cristo; voleva dire difendere la fede; voleva dire schierarsi dalla parte dell’umanità.
La lista dei sacerdoti martiri del regime nazifascita è purtroppo assai vasta. Ma altrettanto vasto è stato l’elenco delle talari insanguinate durante la Resistenza. Stiamo parlando di quello che è stato definito dagli storici il cosiddetto “triangolo della morte”, o “triangolo rosso”: lo spazio geografico tra l’Emilia e la Romagna che, tra il settembre del 1943 e il 1949, vide l'uccisione di circa 130 sacerdoti per mano di gruppi di matrice comunista. La guerra reca sempre con sé morte su morte, sempre. E, i colori della politica, si confondono, si fondono - come le onde si susseguono ad altre onde - nella marea della guerra perché l’odio genera sempre odio, orrore. Sono storie di sacerdoti che solamente perché religiosi erano stati visti come “borghesi” o come “filo-nazisti”.
Fra le tante biografie, quella di Don Luigi Lenzini, proclamato beato il 28 maggio 2022 scorso. Parroco di Crocette (vicino Modena), il beato Lenzini, cercava solamente di vivere fino in fondo la Parola di Dio: essere vicino a tutti. Vicino persino ai partigiani, anche se fortemente avverso all’ideologia comunista. Lo minacciarono, ma lui, tenace, non volle demordere dal suo impegno pastorale. La notte del 21 luglio 1945, a guerra ormai finita, un gruppo di ex partigiani comunisti venne a cercarlo in canonica, col pretesto di doverlo portare a recare l’estrema unzione a un malato. Portato in un campo, con violenza, verrà poi seviziato senza pietà fino ad ucciderlo barbaramente. Poi c’è la storia di Don Giuseppe Preci, sacerdote di Montalto di Zocca, sempre nel Modenese. Nella notte del 24 maggio 1945, gli fu chiesto di andare a trovare un ammalato. Uscito sul sagrato, lo attese una scarica di mitra: un’altra vittima del “triangolo rosso”. Altra triste vicenda quella di Don Francesco Venturelli, parroco di Fossoli di Carpi, che era stato assistente spirituale degli internati del campo di concentramento da cui partivano i treni per Auschwitz; fu trovato ucciso il 14 gennaio 1946, pochi giorni dopo che un articolo su “La Voce del Partigiano” lo aveva accusato di aiutare i fascisti. E poi c’è la biografia del giovanissimo beato Rolando Rivi, seminarista ucciso solamente per aver difeso la fede, soltanto per la dedizione alla sua talare: “È il segno che io sono di Gesù”, così diceva.
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