fede

I predicatori del Vangelo non hanno bisogno di fan club

Redazione online ANSA/GIUSEPPE GIGLIA
Pubblicato il 30-11--0001

Apollo si accingeva a partecipare al pasto comunitario settimanale, ospitato in casa di uno dei membri della comunità, alla periferia della città. Mentre camminava, passò davanti a uno degli anziani della sinagoga locale, che girò lo sguardo dall’altra parte. Anche se Apollo era stato ben accolto nella sinagoga quando era arrivato a Corinto, ora era bandito dal predicarvi. I leader della sinagoga lo consideravano un apostata pericoloso e contestavano con vigore qualsiasi dichiarazione facesse su Gesù.

Mentre si avvicinava alla sua destinazione, Apollo vide che la comunità aveva già iniziato a riunirsi. Un membro anziano del gruppo stava parlando con il padrone di casa sulla giusta sistemazione dei posti, una fonte di discussione sorprendentemente costante. Un povero pastore di capre e sua moglie si tenevano a distanza dal gruppo principale, non sapendo se sarebbero stati accolti con favore.

Apollo aveva offerto alla coppia un piccolo aiuto finanziario la settimana precedente, anche se avrebbe voluto poter essere più generoso. Assenti dall’assemblea erano le tre famiglie fondatrici della comunità, leali sostenitrici dell’apostolo Paolo. Spesso gli scrivevano esortandolo a tornare, e avevano sempre considerato Apollo uno scarso sostituto come guida del gruppo. Nonostante le sfide, Apollo era molto affezionato alla piccola comunità di credenti, ed era sempre felice di trovarsi con loro.

Le lettere di San Paolo ci permettono di capire come fosse la vita delle prime comunità cristiane e quali fossero le sfide che dovevano affrontare.

Anche se i primi cristiani erano eccitati di fronte alla nuova vita alla quale erano stati chiamati, non sempre comprendevano l’insegnamento di Gesù e come metterlo in pratica. L’opposizione da parte dei leader ebraici e i disaccordi all’interno del gruppo erano frequenti. Le comunità avevano regolarmente bisogno di essere richiamate a più generosità, ospitalità e umiltà. Nella sua prima Lettera ai Corinzi, Paolo sottolineava un problema particolare che riteneva ridicolo: stavano emergendo divisioni tra i “fan club” di Paolo e di Apollo! Paolo spiegava che nello schema generale lui e Apollo non erano niente, e che solo Dio era degno della loro lealtà.

Al giorno d’oggi affrontiamo molte delle stesse sfide. Anche se beneficiamo degli approcci e delle tradizioni delle generazioni che ci hanno preceduto, dobbiamo continuare a pregare e a riflettere su come vivere al meglio la vita di fede nel nostro luogo e nel nostro tempo. Ci dev’essere ricordato spesso l’invito di Gesù a condividere le nostre risorse con i bisognosi e ad accogliere nelle nostre comunità chi è molto diverso da noi.

E a volte la nostra lealtà nei confronti di messaggeri particolari del Vangelo può farci perdere di vista il messaggio in sé e può creare divisioni superflue. Chi di noi proclama il Vangelo dovrebbe cercare di farlo nel modo più fedele possibile senza preoccuparsi della propria popolarità. Chi ascolta la proclamazione troverà inevitabilmente un maestro o un predicatore più utile di un altro, ma dovremmo evitare di formare “fan club” e di chiuderci ad altri ministri del Vangelo. Come ci ricorda San Paolo, il Regno è il campo del Signore, e noi siamo semplici lavoratori.

Nota dell’autore: Sant’Ignazio di Loyola ci incoraggiava a usare la nostra immaginazione nel contemplare i passi della Scrittura, di modo da poterne trarre frutti maggiori. Riflettendo sulle indicazioni di San Paolo e sul suo riferimento ad Apollo, ho usato la mia immaginazione per riempire un po’ dei vuoti della storia. (Aleteia - Padre Dan Daly, S.J.)

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