fede

Beatificazione di don Bukowiński

Redazione online Radio Vaticana
Pubblicato il 30-11--0001

Error: Image source file does not exist.

Questa domenica viene beatificato a Karaganda, in Kazakhstan, don Ladislao Bukowiński, evangelizzatore dell’Est europeo: ha trascorso oltre 10 anni nei gulag sovietici annunciando e testimoniando il Vangelo al fianco dei condannati ai lavori forzati. San Giovanni Paolo II, dopo averlo incontrato, lo definì testimone eroico della fede e difensore di tutti i perseguitati. Alla celebrazione, in rappresentanza del Santo Padre, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Di questo infaticabile apostolo del Vangelo ci parla Roberta Barbi:

Era nato in quella che allora, nel 1904, era la Polonia orientale e oggi è Ucraina, ma dovette fuggire a causa dell’invasione bolscevica. Il futuro don Ladislao Antonio Bukowiński studiò Scienze politiche e poi Teologia a Cracovia, imparando da una lunga malattia personale che la sofferenza poteva essere un modo per approfondire la sua fede. Dopo l’ordinazione nel 1931, negli anni della Seconda Guerra Mondiale proprio ai malati e ai bisognosi dedicò il proprio ministero pastorale che non gli risparmiò numerose sofferenze, come racconta il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Angelo Amato:

“Fu accusato, imprigionato e inviato più volte ai lavori forzati e qui trascorse più di 13 anni in campi di lavoro. In un tempo di persecuzioni religiose fatte di sofferenze fisiche e morali, don Bukowiński trovava il suo porto sicuro nella fede in Dio e nella sua Provvidenza. La sua era una fede veramente profonda, solida e incrollabile come quella di Abramo”.

Il lager divenne il pulpito da cui educava all’amore di Dio e alla riconciliazione con il prossimo, perché anche nell’esperienza più umiliante per l’essere umano, non dimenticò mai la propria missione di sacerdote. La mattina presto, mentre gli altri dormivano, celebrava la Messa sulla panca dove dormiva, usando come paramenti sacri i pochi stracci della sua prigionia. Dopo le dieci ore di lavoro, poi, visitava i malati in infermeria, impartiva i Sacramenti, teneva conferenze spirituali. E poi pregava, pregava molto la Madonna – aveva una statuina sempre con sé – con un rosario i cui grani erano palline di pane tenute insieme con lo spago e la croce un’intersezione di fil di ferro. Intonava inni, nonostante i divieti.

Un giorno un giudice ateo lo colse sul fatto: “Cosa fate là?”. “Sto pregando”, rispose. “Ma è proibito!”, urlò l’altro. “Si calmi – replicò don Bukowiński – in futuro pregherò in modo che lei non se ne accorga”. Questo episodio gli fece comprendere che la Provvidenza agisce talvolta anche attraverso gli atei: per questo, e per rendere vivo quello che ripeteva spesso, che “la fede spezza i muri”, quando fu deportato in Kazakhstan al termine della prigionia e nel 1955 gli fu offerto di tornare in patria, egli rifiutò, come spiega il porporato:

“Rifiutò perché voleva restare in Kazakhstan per soccorrere e confortare i fedeli del posto. In mezzo a un popolo umiliato e oppresso, egli fu l’uomo della speranza. Era convinto della rinascita della Chiesa in Oriente e soprattutto del ritorno a Cristo della Russia”.

A Karaganda, dove ormai risiedeva, aveva ricevuto la cittadinanza russa e viveva del suo lavoro di guardiano di un cantiere edile, ma proseguendo sempre il suo apostolato nascosto. Un giorno, mentre stava celebrando la Messa, arrivò la milizia sovietica e gli fu ordinato di smettere. Usciti i soldati, disse ai fedeli: “Chi vuole uscire esca, ma io celebrerò”. Nessuno andò via: se lui non aveva timore, nessuno ne aveva; era il suo esempio, quell’insegnamento che ancora oggi don Bukowiński sa lasciare all’uomo di oggi, come ricorda il cardinale Amato: 

“La mia felicità – disse lui un giorno – sta nella felicità degli altri. Don Bukowiński ci lascia un messaggio di gioia, di fraternità e di speranza. Insomma, i Santi invitano sempre alla serenità e alla fiducia nella Divina Provvidenza. Come diceva San Paolo: chi ci può separare dall’amore di Cristo? Niente!”. (Radio Vaticana)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA