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Bari, il Papa: alcuni leader populisti mi ricordano discorsi Anni Trenta

Gian Guido Vecchi - Corriere della Sera Ansa/DONATO FASANO
Pubblicato il 24-02-2020

Il discorso del pontefice all’incontro 'Mediterraneo, frontiera di pace'

BARI - Il mare, anzitutto. Papa Francesco torna a Bari, che già un anno e mezzo fa definì una «finestra spalancata sul vicino Oriente», prima della messa in centro — è arrivato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella — incontra nella basilica di San Nicola i 58 vescovi e patriarchi arrivati da venti Paesi della regione per l’incontro sul «Mediterraneo, frontiera di pace». Ed è a loro, e alle decine di migliaia di fedeli che ne seguono il discorso dai maxischermi in piazza, che richiama il senso del «Mare nostrum», il «mare del meticciato» come «luogo fisico e spirituale nel quale ha preso forma la nostra civiltà, quale risultato dell’incontro di popoli diversi». Qui sta la nostra identità profonda, è «impensabile» affrontare il problema delle migrazioni «innalzando muri», con buona pace delle xenofobie rinate: «Siamo consapevoli che in diversi contesti sociali è diffuso un senso di indifferenza e perfino di rifiuto. Si fa strada un senso di paura, che porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene strumentalmente dipinta come un’invasione», dice. A braccio aggiunge, evocando fascismo e nazismo: «A me fa paura quando ascolto qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo. Mi fa sentire discorsi che seminavano odio nella decade degli Anni Trenta del secolo scorso». E poi alza lo sguardo: «La retorica dello scontro di civiltà serve solo a giustificare la violenza e ad alimentare l’odio. L’inadempienza o, comunque, la debolezza della politica e il settarismo sono cause di radicalismi e terrorismo. La comunità internazionale si è fermata agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune».

La follia della guerra

Il Papa riprende una definizione di Giorgio La Pira cara al cardinale Gualtiero Bassetti, il presidente della Cei che ha organizzato l’incontro: il Mediterraneo è «un grande lago di Tiberiade». Oggi l’area «è insidiata da tanti focolai di instabilità e di guerra, sia nel Medio Oriente, sia in vari Stati del Nord Africa, come pure tra diverse etnie o gruppi religiosi e confessionali; né possiamo dimenticare il conflitto ancora irrisolto tra israeliani e palestinesi, con il pericolo di soluzioni non eque e, quindi, foriere di nuove crisi», aggiunge con un riferimento al piano di Trump. E «come Gesù operò in un contesto eterogeneo di culture e credenze, così noi ci collochiamo in un quadro poliedrico e multiforme, lacerato da divisioni e diseguaglianze, che ne aumentano l’instabilità. In questo epicentro di profonde linee di rottura e di conflitti economici, religiosi, confessionali e politici, siamo chiamati a offrire la nostra testimonianza di unità e di pace». Per questo il Papa e i vescovi sono qui: «Per chiederci quale sia il contributo che, come discepoli del Signore, possiamo offrire a tutti gli uomini e le donne dell’area mediterranea». Nella «Pacem in terris» Giovanni XXIII diceva che la guerra è «contraria alla ragione», ricorda Francesco, e rilancia: «In altre parole, essa è un’autentica follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti. Mai». Così «non c’è alcuna alternativa sensata alla pace, perché ogni progetto di sfruttamento e supremazia abbruttisce chi colpisce e chi ne è colpito» e «la guerra appare come il fallimento di ogni progetto umano e divino».

Pace e giustizia

Francesco denuncia «il grande peccato di ipocrisia» di quei Paesi che «nei summit internazionali parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi che stanno in guerra». La costruzione della pace «ha come presupposto indispensabile la giustizia». E la giustizia è ostacolata dagli «interessi economici di parte» e dalla «cultura dello scarto, che tratta le persone come fossero cose». Come diceva ancora La Pira, bisogna «lasciarsi guidare dalle attese della povera gente». Tra costoro «vi sono quanti fuggono dalla guerra o lasciano la loro terra in cerca di una vita degna dell’uomo»: il «numero di questi fratelli, costretti ad abbandonare affetti e patria e ad esporsi a condizioni di estrema precarietà, è andato aumentando a causa dell’incremento dei conflitti e delle drammatiche condizioni climatiche e ambientali di zone sempre più ampie». È qui che Francesco sillaba: «Non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso o che chi giunge da lontano diventi vittima di sfruttamento sessuale, sia sottopagato o assoldato dalle mafie. Certo, l’accoglienza e una dignitosa integrazione sono tappe di un processo non facile. Tuttavia, è impensabile poterlo affrontare innalzando muri».

L’incontro tra le religioni

Del resto «essere affacciati sul Mediterraneo rappresenta una straordinaria potenzialità», fa notare Francesco: «Non lasciamo che a causa di uno spirito nazionalistico si diffonda la persuasione contraria, che cioè siano privilegiati gli Stati meno raggiungibili e geograficamente più isolati. Solamente il dialogo permette di incontrarsi, di superare pregiudizi e stereotipi, di raccontare e conoscere meglio se stessi». C’è bisogno di «elaborare una teologia dell’accoglienza e del dialogo». Troppo spesso «la storia ha conosciuto contrapposizioni e lotte, fondate sulla distorta persuasione che, contrastando chi non condivide il nostro credo, stiamo difendendo Dio». In realtà «estremismi e fondamentalismi negano la dignità dell’uomo e la sua libertà religiosa, causando un declino morale e incentivando una concezione antagonistica dei rapporti umani». Il Papa ricorda il Documento sulla fratellanza firmato ad Abu Dhabi con il grande imam di Al-Azhar: «Si rende urgente un incontro più vivo tra le diverse fedi religiose, mosso da un sincero rispetto e da un intento di pace. Anche attorno al sostegno dei poveri e all’accoglienza dei migranti si può realizzare una più attiva collaborazione tra i gruppi religiosi e le diverse comunità». Perché «quanti insieme si sporcano le mani per costruire la pace e praticare l’accoglienza, non potranno più combattersi per motivi di fede, ma percorreranno le vie del confronto rispettoso, della solidarietà reciproca, della ricerca dell’unità». Le ultime parole di Francesco sono quelle del profeta Isaia davanti alla desolazione di Gerusalemme: «Ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno le città desolate, devastate da più generazioni».

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