Popoli e Film. Dal 9 al 17 novembre torna il Terni Film Festival
First Man, questo il nome della XV edizione del Terni Film Festival, che vuole porre al centro l'uomo
Di Giuseppe Piemontese, Vescovo di Terni-Narni-Amelia
“Popoli e Religioni – Terni Film Festival”: in questo nome c’è Terni, ci sono i film, c’è una festa che facciamo all’insegna dei popoli e delle religioni.
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In quattordici anni ci sono state tante partecipazioni, tante intelligenze e tante fatiche e colgo l’occasione per dire grazie a tutti quelli che ci hanno lavorato.
Nella nostra città e nel nostro festival abbiamo un fermento di popoli diversi e anche religioni diverse che sono “condannate” a convivere, a conoscersi, a stimarsi, ad apprezzarsi. Questa non è una sfida semplice e noi tutti dobbiamo dare un contributo attraverso la conoscenza, il dialogo, la concordia, la spiritualità, ciascuno cercando di essere al massimo grado quel che dice di voler essere: cristiano, musulmano, ebreo, perché si possa creare una sinfonia di convivenze a livello più alto.
Abbiamo chiamato la quindicesima edizione del festival “First Man”: è un titolo molto evocativo che pone l’uomo al centro. In un tempo in cui la vita umana vale poco e si uccide per dieci euro, noi vogliamo riportare l’uomo al suo valore assoluto.
Paolo VI ha usato un’espressione che ripeto spesso: l’uomo fenomenico, che è l’uomo che piange, che ride, che ama, che soffre, che gioisce, che crea. Parliamo dell’uomo concreto di oggi, immerso in tematiche come famiglia, scuola, lavoro, immigrazione, scienza, ambiente, amore, sacralità della vita: stiamo attenti perché se togliamo dei baluardi l’umanità avrà una fine ingloriosa.
Il titolo First Man ci rimanda anche alla figura di Cristo: perché per noi cristiani è lui il primo uomo, è lui che è stato previsto da Dio quando ha creato l’umanità: Cristo è il modello dell’uomo, e ne ha preso su di sé le debolezze e le speranze.
Il filo conduttore dei nove giorni di eventi sarà il volontariato, che è la più grande ricchezza dell’Italia. Qualche giornale sostiene che la Chiesa abbia ormai perso il contatto con la gente perché si occupa solo di migranti: questo indica chiaramente che chi parla non sa di cosa parla. Recentemente sono stato a Lourdes e ho visto 500 ammalati, tutti italiani, con volontari che si sono pagati il viaggio e dovevate vedere la felicità di queste persone ammalate per poter vivere questa esperienza di spiritualità. Poi con i vescovi dell’Umbria siamo stati nella Bosnia Erzegovina, dove ancora si vedono le conseguenze della guerra e abbiamo parlato con i vescovi, con i volontari della Caritas che cercano di aiutare le persone, e in particolare i giovani, per frenare la loro fuga dal Paese.
Sarà una magnifica edizione, quella di quest’anno, ma il rischio concreto è che sia l’ultima: io ho sempre invitato gli organizzatori a fare i passi secondo le nostre gambe, e le nostre sono corte; il problema è che più andiamo avanti e più si allarga la dimensione di questo evento: a dispetto della volontà di volare basso, veniamo sempre più ricercati e incoraggiati a livello nazionale e internazionale. Da una parte vorremmo che questo evento crescesse sempre di più, dall’altra dobbiamo fare i conti con la realtà economica, per questo piuttosto che ridimensionarci abbiamo deciso di allargare la condivisione di questo progetto, con una collaborazione diffusa che comprende associazioni, aziende, artisti, fornitori di servizi, sponsor e privati cittadini che ci hanno offerto il loro sostegno dimostrando come il volontariato sia per il nostro paese la risorsa più preziosa, quella davvero in grado di fare miracoli.
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