Il saluto del Custode padre Mauro Gambetti
Le parole nel giorno del Concerto di Natale
Presidente Mattarella, Signori Cardinali e Vescovi, Signor Ministro degli Interni, in rappresentanza del governo in questa importante circostanza, autorità civili e militari, amici e quanti ci seguite da casa, accogliete il saluto di Frate Francesco: il Signore ti dia pace!
Il recente rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale dell’Italia ha evidenziato la crescente insicurezza, l’ansia e la sfiducia dilaganti in larghi strati della popolazione, insieme a quello che appare oramai un lento e inesorabile declino demografico, del welfare e delle opportunità di lavoro, congiunto alla grave difficoltà del sistema educativo. Tra le righe del rapporto appare anche qualche barlume di speranza, ma soprattutto emerge chiaramente che siamo un popolo in crisi, disaffezionato alla politica e alla ricerca di quello che, di volta in volta, può sembrare l’uomo forte del momento cui affidarsi.
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Sono rimasto colpito e mi son posto diversi interrogativi. Su quali fondamenta poggia la speranza della nostra gente? Perché si è creato un diffuso senso di rassegnazione? Come mai gli italiani prendono le distanze dai processi democratici?
Innanzitutto, mi pare che vi sia una contaminazione negativa negli stili di vita collettivi, un effetto domino che sempre più frequentemente prende le mosse da forme di violenza verbale e fisica, da diffamazione e calunnie, e da mistificazioni interessate della realtà. È legittima la disseminazione di tale marciume? D’altro canto, esiste un’Italia che continua a credere nel valore della famiglia, tutela la vita in ogni sua forma e si spende per educare, che promuove la libertà di coscienza e il confronto dialettico; esiste un’Italia che garantisce la dignità del lavoro e valorizza le differenze, che promuove la crescita economica e la sente inseparabile dalla cura dei deboli e dei bisognosi.
Non sappiamo se gli italiani che condividono questa cultura siano tanti o pochi, ma sappiamo che esistono: siamo tutti noi meticci, esito mirabile di mille mescolanze che hanno interessato la penisola da Sud a Nord; siamo noi che non ci dividiamo più in base alla razza, al partito o alla religione; siamo noi emigranti, che viviamo in territori di altre nazioni e magari abbiamo un’altra cittadinanza; siamo noi che non abbiamo paura di essere accoglienti e aperti al mondo. Non merita di essere promossa questa cultura?
In secondo luogo, ho l’impressione che l’oblio (o l’ostracismo) dalla vita pubblica dell’orizzonte della trascendenza stia provocando la perdita di libertà delle coscienze, l’offuscamento dei valori cui aderire e la drastica riduzione delle prospettive sul futuro. Si sta smarrendo la visione etica che ha coeso un intero popolo dopo i travagliati percorsi dell’Unità d‘Italia e delle due grandi guerre. Di tale visione è espressione la nostra Costituzione: credenti e non credenti ricostruirono l’Italia intorno a valori e ideali condivisi da tutti; i nostri padri e le nostre madri riuscirono a portare il peso dell’inveterata ideologia fascista e della minacciosa ombra del sovietismo, e restituirono dignità al popolo italiano.
Le mancanze di rispetto nei confronti della Costituzione, delle autorità elette e dei più anziani affievoliscono la grammatica dell’identità nazionale. Siamo profondamente feriti nella coscienza civica dalla barbarie culturale che sta debordando, anche ai livelli che ancora vorremmo considerare più alti. Per asserire la propria identità di italiani non c’è bisogno di urlarla, di sventolarla o di chiudersi: così fanno i bambini. Il Parlamento è per antonomasia il luogo dell’ascolto, del confronto costruttivo, della ricerca del bene comune: vorremmo che fosse nuovamente esempio di dialogo, in particolare per i più giovani. Solo così il nostro popolo potrà ancora ancora esercitare il proprio diritto di sovranità, senza svenderlo all’uomo forte di turno.
Noi cerchiamo uomini umili e saggi per governare, che non amino il protagonismo dei narcisisti, non facciano continuamente propaganda e si pongano in modo garbato. Cerchiamo persone salde in se stesse e non in virtù dei consensi, capaci di dialogo, di ponderazione e di creatività. Come Liliana Segre che, nonostante gli atti di sgarbatezza e di odio di cui ancor oggi è vittima, continua ad illustrare “la Patria con altissimi meriti in campo sociale”. A lei va il nostro omaggio.
E a tutti i governanti e reggitori dei popoli, Francesco stesso rivolge ancora queste parole: «Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina. Perciò vi prego con tutta la riverenza di cui sono capace, che a motivo delle cure e preoccupazioni di questo mondo, che voi avete, non vogliate dimenticare il Signore né deviare dai suoi comandamenti».
Dopo aver consegnato la “Lampada della pace” a Juan Manuel Santos, ad Angela Merkel e ad AbdAllah II di Giordania, oggi siamo onorati e fieri di consegnarla a un italiano come Lei, Presidente Sergio Mattarella. Con questo gesto simbolico, vogliamo additare soprattutto ai giovani, per Suo tramite, un testimone credibile della politica e delle istituzioni chiamate a promuoverla.
La Sua guida luminosa e umile ci consente di alimentare la fiducia e la speranza di vedere ancora un’Italia umana, di poterla costruire insieme. Grazie Presidente!
In Lei riconosciamo un presidio dei principi costituzionali e democratici dell’Italia, improntati al confronto e al dialogo con tutti. Siamo confortati dal Suo vigile impegno indirizzato a prevenire tutte le forme di odio, di sopruso e di egoismo che minacciano la sicurezza e la pacifica convivenza nel nostro Paese. E condividiamo il Suo continuo richiamo al senso di appartenenza, a sentirsi comunità di uomini e donne che aderiscono a valori, prospettive, diritti e doveri volti a promuovere una società più libera, giusta e fraterna, che consenta l’integrale sviluppo umano di ogni persona.
Come ci ha ricordato Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale per la pace di quest’anno, in questi tempi il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno di fraternità. «Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana». Operiamo tutti insieme per la promozione di quei Valori che danno piena dignità all’uomo e compiutezza di vita alla società!
Pertanto, con la Lampada della pace, Le consegniamo anche il sogno di Francesco e di questa Comunità del Sacro Convento, il sogno della fraternità universale, certo utopia, ma utopia che aspira a farsi progetto comune: siamo certi che continuerà a promuoverla in Europa e nel mondo.
Dio La benedica!
Padre Mauro Gambetti
Custode Sacro Convento di Assisi
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