I Lautari omaggiano Sant’Agata con un live acustico a Catania
L'omaggio del gruppo di musica folk alla martire catanese
Catania si prepara a festeggiare Sant’Agata. E lo fa, come da tradizione, nel migliore dei modi. Qui le radici della musica di qualità erano profonde già prima dei riverberi anni Novanta, quando la città si è appassionata così tanto al grunge da diventare “la Seattle d’Italia”.
Lo sanno bene I Lautari – un gruppo di musica folk, nato all’ombra dell’Etna negli anni Ottanta – che ogni anno rendono il loro personale omaggio alla martire catanese. A una manciata di giorni dalle 48 ore più vive delle città – in cui l’incenso del turibolo si perderà tra i fumi dei carciofi alla griglia, e il sacro si sposerà al profano, in un’atmosfera che, se pur ad altissimo contenuto religioso, ricorda un po’ quella dissacrante di un concerto rock – questi musicisti di razza organizzano un live acustico davanti all’edicola votiva settecentesca dedicata a Sant’Agata, in via del Plebiscito. Dice Salvo Farruggio, batterista de I Lautari: «Ci piace partecipare alla festa della nostra santa patrona (4 e 5 febbraio ndr) nell’unico modo in cui siamo capaci, con la musica, in un contesto a noi congeniale, che è quello dello stare tra la gente, senza amplificazione».
Perché avete scelto di esibirvi proprio davanti a questa edicola votiva?
«Ci piace sostare con la nostra musica nei quartieri popolari. Crediamo fortemente sia importante ritrovare sempre la propria identità. Nonostante l’edicola votiva sia molto piccola è per tutti noi un luogo sacro, carico di significato. Sopratutto per me, lo ammetto, ‘ché sono nato e cresciuto a cento metri dalla sacra effige».
Qual è stata la molla che vi ha spinto a organizzare questo omaggio, che si rinnova ormai nel tempo?
«Qualche anno fa, a cavallo delle festività agatine, è stato organizzato a Catania un evento per il quale è stato chiesto ad alcuni artisti della città di rendere il propio omaggio ad Agata. Per l’occasione abbiamo composto il brano “Santa e picciridda”, che parla dello spirito del catanese devoto, e di quel misto di sacro e profano, fede e folclore che la festa porta con sé».
Agata è stata una disubbidiente. Ha saputo dire “no” per non tradire se stessa. Questa santa ha il potere di parlare a chiunque, anche ai non cattolici.
«Credo che il potere stia proprio nella semplicità della sua storia. Una ragazzina piena di sogni che urla e pesta i piedi per difendere un suo credo non può non far breccia nel cuore di tutti. Agata è la santa del popolo. Non era una regina, non era un personaggio in vista, ma semplicemente una giovane donna che ha saputo ribellarsi a un’imposizione, senza dar peso alle regole e alle convenzioni di quel tempo. Proprio per questo la fede per Sant’Agata, oltre a essere radicata nel DNA di noi catanesi, coinvolge chiunque».
Voi Lautari continuate a fare musica popolare di gran pregio, diciamolo pure, senza chinare il capo al sistema.
«Per noi è fondamentale “disubbidire”, se così si può dire. A breve uscirà il nostro ultimo lavoro discografico. Abbiamo scelto di intitolarlo “Fora tempu”, insistendo con la riproposizione della tradizione, perché non sopportiamo l’idea di ingabbiarci in quel che il sistema propone. Ci identifichiamo molto con quel che andiamo a proporre e, parafrasando Fabrizio De Andrè, preferiamo andare “in direzione ostinata e contraria”. È per questo che continuiamo a fare musica popolare, con strumenti acustici. Per il disco di imminente uscita, infatti, abbiamo ripescato nel nostro passato – coinvolgendo nomi eccellenti del panorama popolare italiano e siciliano, fra i quali Alfio Antico e Cesare Basile – ma ci siamo soprattutto avvalsi della collaborazione di giovani musicisti».
Perché questa scelta, Salvo?
«Perché la musica popolare è una materia viva: trae insegnamento dal passato, è vero, ma si affaccia al futuro, con tutti i limiti e le fatiche di impopolarità che questo porta con sé. Siamo coscienti che non andremo mai sul palco del Festival di Sanremo e che non scaleremo mai le Top-Ten, ma questo non è un problema. Preferiamo continuare a proporre musica popolare, e ad affrontare il nostro percorso artistico in maniera lenta, ma inarrestabile».
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