Ucraina, Card. Krajewski: far germogliare la solidarietà
In missione per Papa Francesco
“E' Vangelo”, è solito dire il cardinale Elemosiniere Pontificio, il polacco Konrad Krajewski, quando spiega il motivo per cui, a nome di papa Francesco, dentro e fuori Roma aiuta poveri, senza fissa dimora, ultimi, immigrati. Le stesse due parole - “E' Vangelo” - che ripete, senza mai stancarsi, fin dal giorno in cui – il 7 marzo - mette piede nella sua Polonia per oltrepassarne in seguito i confini ed entrare in terra d'Ucraina massacrata dalla guerra di Putin per aiutare la popolazione ferita, incurante di mettere a rischio la sua vita, mentre a tappe forzate, dopo aver sostato a Leopoli, tenta di recarsi nel cuore del conflitto, la capitale Kiev.
“Non ho paura, la mia forza è la fede, se bombardano, vuol dire che bombardano anche me, Delegato del Papa, venuto qui a suo nome per portare aiuti, sollievo, parole di pace per tutte le parti in causa e cercare con tutte le mie forze di far tacere le armi”. E come prova della diretta partecipazione del Pontefice alle sofferenze ucraine, Krajewski durante la visita al centro di accoglienza della Fondazione pontificia della Chiesa che soffre ripete più volte che “il Santo Padre è presente in Ucraina, sebbene sia in Vaticano. Sta soffrendo con voi, sta sperimentando la via della Croce che voi in Ucraina state percorrendo ed è impegnato per la pace in ogni modo immaginabile. Allo stesso tempo il Papa è grato a tutti coloro che stanno mostrando il loro amore verso l'Ucraina".
Pur a migliaia di chilometri non resta inascoltata la voce del cardinale Elemosiniere dal fronte del conflitto ucraino, raggiunto insieme al Prefetto ad interim del dicastero per lo Sviluppo umano, il cardinale canadese Micheal Czerny, per testimoniare ai profughi e a tutto il Paese il sostegno spirituale e concreto di papa Bergoglio, col quale durante la visita mantiene un filo diretto e quotidiano, aggiornandolo telefonicamente. Un gesto fraterno compiuto con la distribuzione nei centri di accoglienza visitati, sia all'arrivo al confine polacco che in Ucraina, di beni di prima necessità, soprattutto cibi, vestiti e medicine.
Vicinanza “viva, concreta, paterna” per un Paese ferito a morte, che il Papa – dopo i ripetuti appelli di condanna per la guerra – rende pubblica alla giornata di digiuno e preghiera per “invocare al Signore il dono della pace”, domenica 6 Marzo, annunciando, a sorpresa, durante la preghiera dell'Angelus l'invio dei due cardinali, suoi delegati pontifici, in Ucraina. Compito accolto subito con entusiasmo dai due porporati, che, consapevoli dei pericoli, hanno voluto essere accompagnati da un ristrettissimo numero di collaboratori. “Parto per la Polonia perchè – l'anticipazione di Krajewski - sono sicuro che da lì di poter riuscire ad entrare in Ucraina...poi vediamo fino a dove si può arrivare per raggiungere questa gente e mostrare la vicinanza del Papa, dire che gli vuole bene, che prega per loro, che li vuole incoraggiare. Parto anche per consegnare i Rosari del Santo Padre perché con la preghiera possiamo spostare le montagne e anche fermare la guerra".
"Come stiamo vedendo da un'ora all'altra, tutto cambia, tutto si sposta", la sua constatazione in merito al programma della visita: "Certamente, cercherò di incontrare più persone possibile per portare la benedizione del Santo Padre. Voglio stare vicino anche ai volontari, a quelli che aiutano i profughi alla frontiera. Già 800 mila sono entrati in Polonia". Sulla possibilità di raggiungere Kiev, Krajewski non esclude nulla: "Quando mi troverò alla frontiera, vedremo quali possibilità ci sono. Sappiamo che il sindaco di Kiev ha chiesto a tutti i religiosi se possono venire e stare con loro per pregare e difendere la città attraverso la preghiera".
IL GASOLIO DEI TIR PAGATO DAL VATICANO
Una missione, quindi, dai molteplici aspetti – umani, solidali, religiosi – durata 6 giorni (dal 7 al 13 Marzo) che Krajewski racconta così ai mass media vaticani appena mette piede sul suolo ucraino: “Mi trovo nelle parti di Leopoli, in mezzo ad un popolo ferito, ma non posso dire dove per motivi di sicurezza. Qui arrivano soprattutto i grandi aiuti dalla comunità europea attraverso la Polonia. Tutto viene scaricato in grandi depositi e da qui poi partono i Tir per Kiev, per Odessa, verso il sud nel Paese “dove le sofferenze della popolazione sono più atroci. La bella notizia, assicura il cardinale, è che "tutti questi aiuti arrivano ancora a destinazione, nonostante i bombardamenti". Glielo confermano i vescovi di Kiev, di Odessa, di Karkhiv, lo stesso nunzio apostolico, con i quali entra in contatto.
Ed è su questo aspetto in particolare, afferma, che è intervenuto in modo pratico il sostegno del Papa: "Qui hanno difficoltà a reperire anche il gasolio e dunque, attraverso l'Elemosineria, il Santo Padre ha pagato molti viaggi dei Tir, dei grandi camion che portano gli aiuti umanitari all'interno dell'Ucraina". A Leopoli l'Elemosiniere incontra anche l'arcivescovo greco-cattolico Sviatoslav Shevchuk ed altri capi delle varie confessioni cristiane con i quali, oltre a fare il punto sulle gravi situazioni in cui versano gli ucraini, condividono momenti di preghiera comunitaria per la pace. "Sappiamo che la fede – afferma Krajewski - riesce a spostare le montagne, così leggiamo nel Vangelo, e ne siamo sicuri. Penso che riusciremo a fermare questa guerra proprio con la nostra preghiera, con la nostra fede". Angoscianti le immagini che attimo dopo attimo gli si presentano agli occhi.
"Qui - riferisce l'Elemosiniere pontificio - ogni cinque minuti vedo i profughi che arrivano dalla parte orientale di Kiev. Sono soprattutto donne con bambini. Alcuni vogliono entrare in Polonia, vogliono stare vicino alla frontiera, ma ci sono quelli che si sono spostati qui a Leopoli, dove ancora non c'è la guerra, anche se è molto pericoloso, e aspettano la liberazione, aspettano di tornare". Leopoli, spiega il cardinale, conta adesso "mezzo milione in più di abitanti". Scuole, parrocchie, ogni metro quadro disponibile è la loro casa provvisoria. "Dove c'è un pò di spazio tutto viene occupato dai profughi che pregano, che hanno la speranza, che ringraziano veramente la comunità europea che porta loro tanti doni, che è vicina, che prega per loro". La tragedia ha prodotto un germoglio, constata Krajewski: "Mai si erano sentiti così uniti: già si sentivano parte dell'Europa, attraverso questi gesti umanitari adesso se ne sentono parte integrante".
“E' IL SEGNALE DELLA PRESENZA UMANA E SPIRITUALE DEL PAPA”
La presenza in Ucraina di due cardinali, Krajewski e Czerny, inviati dal Papa, "è il segnale che il Santo Padre oltre a muoversi sul piano più propriamente diplomatico e spirituale ha dato anche sul versante dell'aiuto umanitario", riconosce il cardinale segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin a margine di un convegno organizzato a Roma dall'associazione "Sui tetti", lanciando un "appello anche a tutte le forze cattoliche a soccorrere chi è in necessità".
Parole fatte proprie dal cardinale Michael Czerny, “compagno” di viaggio di Krajewaki, che anche lui dall'Ucraina spiega che “siamo chiamati a far nostro il loro dolore", riferendosi alle sofferenze della popolazione civile, donne, bambini, anziani, malati. Una scelta di campo precisa dettata dalla certezza che – nota il porporato - “i profughi, che arrivino a Lesbo dal Nordafrica o dalla Siria, o in Ungheria scappando dall'Ucraina in guerra, sono il volto di Cristo sulla Croce. Per questo tutti dobbiamo abbracciarli come nostri fratelli e condividere le loro sofferenze, fino a farlo nostro il loro dolore, causato da tante atrocità".
Intenso il programma del viaggio del cardinale Krajewski, diviso tra visite ai centri di accoglienza ed incontri con autorità civili e religiose, sia cattoliche che ortodosse. Appena arrivato a Leopoli, in video conferenza fa il punto della situazione col metropolita di Kiev, Epiphanyi, capo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, insieme all'arcivescovo cattolico di Leopoli, monsignor Mechyslav Mokshytskyi. "A nome di papa Francesco – rende noto l'ufficio stampa della Chiesa ortodossa -, il cardinale Krajewski ha testimoniato la compassione per il popolo ucraino in questo calvario. Il metropolita Epiphanyi ha ringraziato papa Francesco per aver pregato per la pace in Ucraina e per essersi preso cura delle vittime di guerra e dei rifugiati". "Siamo grati al Papa, così come ai cattolici e a tutti i cristiani nel mondo per aver pregato per la pace per l'Ucraina e il sostegno del nostro popolo durante la guerra", le parole del primate della Chiesa ortodossa ucraina. Durante l'incontro c'è stata anche una lunga telefonata con papa Francesco.
"Il legato pontificio – spiega ancora l'ufficio stampa ortodosso - ha raccontato al Santo Padre le sue prime impressioni sulla visita, in particolare quello che ha visto in Polonia. Il Papa è stato inoltre informato del programma della visita del suo inviato, già discusso con i partecipanti all'incontro". Krajewski annuncia di voler visitare i centri di servizio sociale in tutta l' Ucraina e incontrare i rifugiati e tutti coloro che sono vittime della guerra. Secondo quanto riportato dalla Chiesa greco-cattolica, "la visita del Legato pontificio non dovrebbe concludersi. Il Santo Padre gli ha dato istruzioni di rimanere in Ucraina per tutto il tempo necessario per fornire sostegno al popolo ucraino a nome della Sede apostolica in questi momenti drammatici della sua storia". "Papa Francesco - sottolinea monsignor Sviatoslav Shevchuk - vuole essere presente di persona attraverso il suo legato. Ed è questo lo scopo della sua visita".
Toccante la preghiera ecumenica ed interreligiosa presieduta dal cardinale Krajewski nella cattedrale cattolica di Leopoli, insieme ai membri delle Chiese ortodosse (anche l'arcivescovo di Leopoli Filaret del Patriarcato di Mosca), delle Chiese protestanti e rappresentanti delle Comunità ebraiche, ognuno dei quali legge una preghiera per la pace in Ucraina. ''In questo tragico tempo di guerra e sofferenza umana, in questo momento di disperazione per la perdita dei nostri cari o per l'abbandono delle nostre case, rivolgiamo al Padre Celeste una sincera preghiera comune per la pace - invoca l'arcivescovo cattolico di Leopoli, Mechyslav Mokshytsky, davanti a decine di fedeli e rappresentanti delle autorità locali, regionali e cittadine -. Per questo motivo, siamo qui nella cattedrale di Leopoli''.
''Davanti ai Tuoi occhi oggi - aggiunge Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina - presentiamo il dolore dell'Ucraina. Montagne di cadaveri, fiumi di sangue e un mare di lacrime. Preghiamo per tutti coloro che hanno dato la vita per la Patria, per il nostro esercito, per i figli e le figlie dell'Ucraina che si proteggono di fronte al nemico. Preghiamo per tutti i civili innocenti uccisi in Ucraina: donne, bambini, anziani. Preghiamo per le vittime di Mariupol, che vengono scaricate in grandi fosse comuni senza sepoltura e preghiera cristiana''.
“SEGUO LA LOGICA DEL VANGELO”
"Non ho paura" perché "voglio seguire la logica del Vangelo come fa il Papa", aveva anticipato, alla vigilia del viaggio, il cardinale Krajeswki parlando a Vatican News, il portale vaticano. L'Elemosiniere pontificio, che già il 3 marzo si era recato nella basilica romana di Santa Sofia per portare pacchi di aiuti alla comunità ucraina, aveva spiegato che lo spirito della sua missione si basa sul fatto che “il Santo Padre usa la logica del Vangelo e si fa vicino a coloro che stanno male, che vengono uccisi, che vengono spostati dal proprio Paese”. Analoghi concetti spiega a Rivne, città al nord-ovest dell'Ucraina raggiunta l'11 Marzo dopo la sosta a Leopoli, dove visita le comunità cattoliche e partecipa a preghiere ecumeniche per la pace.
Anche in questi incontri ribadisce che il Papa “è vicino all'Ucraina, che ama l'Ucraina, prega per l'Ucraina e unisce tutto il mondo attorno all'Ucraina". Ricordando la visita di papa Francesco all'Ambasciata russa, nel primo giorno di conflitto, l'Elemosiniere spiega, inoltre, che lo ha fatto “per chiedere misericordia, perché la gente non muoia". "Il Santo Padre – torna a ripetere - segue la logica del Vangelo, questo vuol dire che la fede può spostare le montagne. La nostra arma è la fede. Soltanto se noi crediamo, siamo capaci di ottenere da Dio la misericordia e la sua pace per l'Ucraina". Nel rammentare anche che il Papa prega ogni giorno per l'Ucraina, il cardinale Krajewski spiega che la sua missione è di far sapere che "il Santo Padre è a corrente di tutto quello che sta succedendo in Ucraina: sa come la gente soffre, come scappa via e come tutti vengano accolti in Europa". Da qui il ringraziamento ai Paesi vicini "perché accolgono gli ucraini nelle loro case". "Che Dio - è il suo saluto finale del porporato - benedica l'Ucraina".
Il rientro in Vaticano il 13 marzo. Tra le tante immagini che Krajewski non dimenticherà, le mamme ed i bambini. "Sono sempre le donne che ho davanti ai miei occhi – confessa -; anche oggi ho visto tante mamme con i loro figli che vanno verso la frontiera. Si vede che la gente è molto stanca, la gente è molto provata dai tanti giorni di viaggio. Ma dall'altra parte, si vede l'accoglienza incredibile e gli aiuti. Quindi devo dire che oltre alla sofferenza, c'è grande speranza e amore". Malgrado la guerra.
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