Siria, adesso il popolo è bombardato dalla povertà
La richiesta di aiuto da Aleppo
Da diversi giorni ad Hasaka, città nel nord-est della Siria, sono in corso combattimenti tra le Forze Democratiche Siriane, la coalizione anti-ISIS di arabi e curdi, e i combattenti dello Stato Islamico. Gli scontri sono iniziati giovedì, con l’assalto dell’ISIS alla prigione di Gweiran, in cui i curdi tengono prigionieri circa 3.500 detenuti in maggioranza sospettati di far parte dello Stato Islamico. Le Forze Democratiche Siriane, aiutate dagli Stati Uniti, stanno cercando di riprendere il controllo della prigione.
Il Fondo Onu per l'infanzia (UNICEF) ha lanciato il grido d'allarme, per la presenza di circa 850 minori, nel carcere di Gweiran. La situazione è sempre più difficile nella regione siriana e abbiamo intervistato una nostra fonte in Siria:
Vivere ad Aleppo è molto difficile. Siamo in pieno inverno, fa molto freddo e non c'è carburante per il riscaldamento. Soprattutto i poveri si trovano in una condizione drammatica: il cibo è molto caro. Una situazione di povertà generale in tutta la Siria. Prima c'erano le bombe adesso il popolo è bombardato dalla povertà.
Cosa state pensando di fare per la popolazione?
Dal 15 al 17 marzo ci sarà un incontro importante a Damasco per riflettere sulla situazione attuale nel Paese alla luce dell'insegnamento di Papa Francesco su come vivere la sinodalità e come trovare risposte all’emergenza umanitaria. Ci saranno circa 200 persone, che fanno parte di tutte le Chiese, provenienti dalla Siria, ma anche da Roma.
Spero sia un segnale di fiducia verso i cristiani e non solo. Ci saranno sei Chiese orientali e una Chiesa latina e si cercherà di lavorare insieme. Purtroppo, finora c'è stata una tendenza a lavorare ognuno per conto suo. Ma credo sia opportuno lavorare insieme, capire i bisogni dei cittadini e pensare al futuro con spirito sinodale. Camminare insieme proprio come ha chiesto il Santo Padre con un atteggiamento di solidarietà e fiducia.
Di cosa hanno bisogno le persone ad Aleppo?
Hanno fame, hanno freddo, devono pagare la scuola e le cure mediche. È una situazione di grande povertà. Facciamo quello che possiamo per aiutare tutti, ma è una cosa così grande che ci fa paura. Ci spaventa anche la fuga dalle città. Tantissimi giovani lasciano il paese. Questa è la nostra più grande paura.
Arriverà mai la pace?
Speriamo. La pace dipende dai grandi Paesi. Ci sono interessi a livello internazionale molto grandi ed è questo il problema. La Siria è in una posizione geopolitica strategica dove ognuno vuole avere una parte di questo Paese.
C'è una storia che le è rimasta nel cuore, che ogni giorno porta con sé?
Un padre di famiglia, molto bravo, è morto a causa del covid e della depressione in pochissimo tempo. Sua moglie gli diceva di pensare al passato, a come era bella la vita prima, e ai tre figli, tutti partiti dalla Siria. Ma questo pensiero rivolto al passato e il covid lo hanno portato via in soli cinque giorni. Povertà e depressione, ad Aleppo e in tutta la Siria, sono molto diffuse.
Come sono i rapporti con il governo?
C'è un gran rispetto per i cristiani perché non hanno interessi politici, economici. Nel paese c'è rispetto in generale, ma la situazione finanziaria e le violenze hanno indebolito il paese. Abbiamo perso molti giovani e persone capaci. Sono andati via dalla Siria e questo indebolisce la nostra società e la città di Aleppo.
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