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P. Ibrahim Alsabagh: in Siria aumentano missili, il popolo muore di fame 

Marina Belotti - Eco di Bergamo SIR/Marco Calvarese
Pubblicato il 03-02-2020

L'appello del parroco di Aleppo che ogni giorno aiuta oltre due mila persone 

«Ai bambini sofferenti basta una carezza per dargli coraggio, donargli dei vestiti, un piatto caldo, vivere un momento di gioco con loro, perché lì il Signore è presente»: è la toccante testimonianza che venerdì sera padre Ibrahim Alsabagh lascia alla folla commossa e stipata nei banchi del convento dei Padri Sacramentini di Ponteranica. «Una guerra infinita» la chiama padre Ibrahim, che la Siria la conosce bene perché parroco della comunità latina di San Francesco d’Assisi di Aleppo da oltre cinque anni, dove vive quotidianamente con i suoi parrocchiani gli orrori del conflitto, sotto i bombardamenti dell’Isis e degli alleati: «Non siamo riusciti a tornare alla vita di prima, i missili si sono intensificati, dal 12 gennaio a oggi abbiamo contato 17 morti e 100 feriti solo ad Aleppo, la terra continua a tremare ».

Il servizio umanitario
Padre Ibrahim, che già lo scorso anno era stato ospite dai Sacramentini a Ponteranica, ha fatto il punto della situazione in Siria, dove si è distinto nel servizio umanitario verso gli altri, tanto da essere insignito del prestigioso premio Jan Karski: «C’è l’inflazione, si respira grande sofferenza e disperazione. Noi la chiamiamo “guerra di fame”, perché la gente sta morendo di fame, gli alimenti sono cari. C’è anche un freddo terribile, per comprare una bombola di gas bisogna svegliarsi alle 4 del mattino e fare la fila sotto la pioggia fino alle 11. Siamo bloccati in attesa  e il Signore ci aiuti».

Semplici e accorate le sue parole, che trafiggono il cuore dei presenti rendendoli partecipi di una realtà cruda e tragica da cui non si riesce a vedere la parola fine: «Ci sono accuse a vicenda, russi e siriani danno colpa ad Ankara di non rispettare i patti, Erdogan dice il contrario e noi non sappiamo cosa sta succedendo. L’unica cosa certa è che l’autostrada che da Aleppo porta alle altre città non tornerà mai più ad avere un ruolo commerciale importante, l’aeroporto è sempre chiuso, la città è soffocata, chiudono le banche e si paralizza il Paese, è la fine».


I giovani scappano
Per questo, anche se aveva previsto di fermarsi di più a Ponteranica, alle 4 del mattino successivo padre Ibrahim è già sull’aereo per Gerusalemme, per tornare dove c’è più bisogno di lui, perché sono duemila le persone che giornalmente sostiene donando loro aiuto morale e materiale, cibo e assistenza medica: «Abbiamo un’emorragia di giovani che scappano, siamo preoccupati per il futuro, noi li incoraggiamo nel cammino verso il matrimonio e quando decidono di sposarsi siamo pronti a fare come Chiesa un regalo di nozze, dalle fedi ad un affitto annuale della casa. Da più di due anni portiamo avanti questo progetto, abbiamo aiutato oltre 200 coppie e stiamo andando avanti nonostante tutte le difficoltà.
Siamo tutti feriti, molti non riescono a dormire per le crisi di pianto, non disponiamo nemmeno di uno psicanalista, abbiamo tantissimi casi di sterilità per il terrore e la malnutrizione, così noi paghiamo medici e medicine e più del 98% dei casi si risolvono dopo 6 mesi. Aiutiamo anche con pannolini, latte e medicine e donando 100 litri di gasolio a famiglia». Padre Ibrahim invita tutti i presenti ad aprire gli occhi ed essere partecipi verso le sofferenze dei popoli vittime della guerra, anche se lontani dalla nostra quotidianità, perché spesso «il nemico non è la persecuzione ma la prosperità che porta indifferenza verso il dolore altrui».

Coronavirus sì, Siria no, tutti vogliono e possono dire tutto sui social, eppure nessuno parla più della Siria: «C’è mancanza di informazioni alla radice e un divario sempre più profondo con la verità, c’è molta paura per le cose vicine a noi ma in altre parti del mondo milioni di persone vengono schiacciate, per questo tutti gli uomini sono chiamati a fermarsi di fronte a Dio nella carità e non chiudersi nell’egoismo, a volte non vediamo la sofferenza nemmeno dei nostri cari in casa nostra». Un centinaio di persone applaude colpita il suo incessante servizio di carità in Siria, ma padre Ibrahim le esorta a non fare spreco dei beni di consumo, ricordando che ad Aleppo ci sono code interminabili per un po’ d’acqua e mentre la gente è in fila stringe amicizie nonostante le difficoltà e le diverse religioni: «Il pozzo dei Francescani è aperto a tutti e ci siamo accorti che il linguaggio della carità stimola l’ecumenismo, la domenica durante le Messe entrano musulmani per conoscere il discorso cristiano. Ad Aleppo ci sono 6 comunità cattoliche e 3 ortodosse, io all’inizio volevo aiutare la mia famiglia, ma dopo un anno il Signore non accettava questo, così ho indirizzato il 76% degli aiuti verso tutte le comunità cristiane, ma il Signore mi ha interpellato ancora, allora ho aiutato tanti bambini musulmani. Anche noi siamo poveri ma riusciamo ad arricchire tanti perché tutto quello che abbiamo lo condividiamo, questo è il segreto della carità».

Marina Belotti - L'Eco di Bergamo

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