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ONU, Guterres: Leader religiosi fondamentali per uscire dall’emergenza

Redazione Ansa - KATIA CHRISTODOULOU
Pubblicato il 13-05-2020

Unicef lancia allarme sulla condizione dei bambini nei Paesi più poveri

«Il coronavirus non tiene conto delle distinzioni religiose o spirituali, non si preoccupa dei confini nazionali. Siamo tutti vulnerabili e quella vulnerabilità condivisa rivela la nostra comune umanità». Così si è espresso ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel corso di una conferenza sull’emergenza coronavirus. Guterres ha sottolineato l’importanza dei leader religiosi nel gestire la crisi attuale che sta mettendo a dura prova tutti i sistemi sociali. La pandemia — ha ricordato — «mostra la nostra responsabilità di promuovere la solidarietà come fondamento della nostra risposta, e mette in evidenza il ruolo cruciale dei leader religiosi nelle vostre comunità e oltre» ha dichiarato Guterres, evidenziando quattro aree in cui questi «possono svolgere un ruolo fondamentale nel fornire soluzioni per affrontare la pandemia e per la ripresa».

In primo luogo, Guterres ha ringraziato i leader religiosi «per aver sostenuto il mio appello per un cessate il fuoco globale, ma ora gli chiedo di incoraggiare le comunità a promuovere la non violenza e a respingere xenofobia, razzismo e intolleranza».

Quindi, il leader del palazzo di vetro ha ricordato il suo «appello per la pace nelle case, visto che in tutto il mondo stiamo assistendo a un allarmante aumento della violenza contro donne e ragazze».

In terzo luogo, Guterres ha chiesto ai leader religiosi di «sfruttare le loro reti e capacità di comunicazione per supportare i governi per promuovere le misure di sanità pubblica raccomandate dall’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità, ndr), e per garantire che le attività di culto, le cerimonie religiose e le pratiche di sepoltura, rispettino queste misure». Infine, il segretario generale ha esortato «i leader religiosi a sostenere la continuità dell’istruzione» .

Intanto, l’Unicef (il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) ha lanciato ieri un nuovo allarme per la situazione dei paesi poveri nel pieno della pandemia. «Nei prossimi 6 mesi potrebbero morire ogni giorno ulteriori 6000 bambini per cause prevenibili a causa della pandemia di covid-19, che continua a indebolire i sistemi sanitari e a interrompere i servizi di routine» hanno fatto sapere fonti dell’Unicef.

I dati provengono da uno studio dei ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, pubblicato nel «The Lancet Global Health journal». Lo studio analizza tre scenari per l’impatto della riduzione degli interventi salvavita sulle morti materne e dei bambini dovuta alla crisi del coronavirus. Secondo il peggiore di 3 scenari in 118 paesi a medio e basso reddito, l’analisi dei ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health stima che ulteriori 1,2 milioni di morti di bambini sotto i 5 anni potrebbero verificarsi in soli 6 mesi, a causa della riduzione dei livelli di copertura nei servizi sanitari di routine e di un incremento della malnutrizione acuta dei bambini.

«Queste morti potenziali si aggiungeranno ai 2,5 milioni di bambini che già muoiono prima del quinto compleanno ogni sei mesi nei 118 paesi compresi nello studio, minacciando di ribaltare i progressi di circa dieci anni nel porre fine alle morti prevenibili dei bambini sotto i 5 anni. Inoltre, circa 56.700 morti materne in più potrebbero verificarsi in soli 6 mesi e si aggiungerebbero alle 144.000 morti che già avvengono negli stessi paesi in un periodo di 6 mesi» sottolineano fonti delle Nazioni Unite.

«Secondo lo scenario peggiore, il numero globale di bambini che muoiono prima del quinto compleanno potrebbe aumentare per la prima volta dopo decenni» ha dichiarato Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef. «Non dobbiamo lasciare che le madri e i bambini diventino danni collaterali nella battaglia contro il virus. Non dobbiamo lasciare che i progressi degli ultimi dieci anni nel ridurre le morti prevenibili di madri e bambini vadano persi». (Osservatore Romano)

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