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Iraq, attacco per liberare Mosul dall'Isis. Civili usati come scudi umani

Redazione online Ansa
Pubblicato il 30-11--0001

È stato il premier iracheno Haider al-Abadi ad annunciare nella notte con un discorso in diretta tv l’inizio delle operazioni per liberare Mosul dall’Isis.

È stato il premier iracheno Haider al-Abadi ad annunciare nella notte con un discorso in diretta tv l’inizio delle operazioni per liberare Mosul dall’Isis. La seconda città del Paese, due milioni di abitanti, era stata conquistata dagli islamisti nel giugno 2014 e il 29 dello stesso mese Abu Bakr al-Baghdadi si era autoproclamato Califfo. L’esercito iracheno è riuscito in poco tempo ad abbattere la prima linea difensiva posta al di fuori della città avanzando da Baashiqa, mentre le forze curde dei Peshmerga hanno strappato all’Isis il controllo di sette villaggi. 

Mosul conta ancora fra un milione e un milione e mezzo di abitanti. Nel corso degli ultimi cinque mesi è stata circondata da tre lati: da Sud e da Est avanza l’esercito iracheno, da Nord i Peshmerga curdi. All’operazione partecipano almeno sei brigate governative, 30 mila uomini, appoggiate da un numero imprecisato di miliziani sciiti, che si sono concentrati nella cittadina di Qayyara.
  

Forze occidentali in campo 

Con l’esercito e i Peshmerga ci sono anche centinaia di addestratori occidentali, uomini delle forze speciali che dovranno aiutare gli iracheni a vincere le difese dell’Isis. I jihadisti hanno circondato il perimetro esterno della città, a circa 10 km dal centro, con trincee piene di petrolio e ieri hanno cominciato a incendiarle per creare una coltre di fumo e ostacolare i raid dell’aviazione irachena e della coalizione. 

Civili usati come scudi umani 

Secondo le stime americane in città sono rimasti al massimo 5 mila combattenti, ma tengono i civili come ostaggi e scudi umani. I sobborghi di Mosul sono anche sotto il fuoco dell’artiglieria pesante americana e francese, cannoni da 155 mm che hanno una gittata di oltre 30 km. A una cinquantina di chilometri da centro ci sono anche 400 militari italiani a guardia delle diga strategica sul Tigri.

Dabiq e l’Apocalisse 

Per l’Isis la perdita di Mosul significherebbe la fine del suo regno in Iraq. Al massimo dell’espansione, nell’estate del 2015, controllava un terzo del Paese, 150 mila kmq, ma ora il Califfato iracheno è ridotto a circa 50 mila kmq. Anche in Siria ha perso parte del suo territorio e ieri è stato cacciato dai ribelli appoggiati dalla Turchia anche da Dabiq, la cittadina nel Nord della Siria dal valore simbolico, in quanto indicata dagli stessi islamisti come luogo della battaglia finale fra Bene e Male che dovrebbe annunciare l’Apocalisse. In realtà i jihadisti si sono ritirati dopo sporadici scontri e hanno rimandato l’Apocalisse «a data da destinarsi». La Stampa

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