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I cristiani perseguitati in India

Matteo Matzuzzi Ansa
Pubblicato il 10-01-2022

Colpire chi lascia l'induismo

Sempre più stati indiani adottano leggi "anti conversioni". L'obiettivo è chiaro: colpire chi lascia l'induismo e favorire chi compie il passaggio inverso Intimidazioni continue ma poco note, fino aquando non sono state colpite le suore di madre Teresa: conti bloccati e attività a rischioL'ottantaquattrenne gesuita Stan Swamy, arrestato con l'accusa di terrorismo e morto in un lettod'ospedale, professandosi innocente Ronde anti cristiane, roghi di libri, botte. "Ma che malefacciamo?", si chiedono i contadini analfabeti che ascoltano la Bibbia alla radio

L'asia è l'ineluttabile destino della Chiesa, con i suoi spazi sconfinati e i suoi popoli da attrarre a Cristo.Terra di missione da secoli, complessa e non di rado sfuggente. Terra anche di martirio, nel passato enel presente. Quando si pensa alla persecuzione in guanti bianchi, quella che per essere efficace nonha bisogno dei roghi o delle decapitazioni come avviene in altre regioni del mondo ( si pensi allaNigeria, solo per citare un caso), il primo pensiero va alla Cina.

Vescovi che spariscono da un giorno all'altro, libertà che resta una chimera nonostante i sorrisi deimaggiorenti e la loro apparente affabilità, Hong Kong che non è più libera neppure di lasciare inbella vista le statue che preferisce. Storia nota, cruda nella sua realtà ancorché mitigata dallediplomazie che ritengono realisticamente impossibile e del tutto utopico fare a meno di Pechino.Eppure, in Asia c'è anche l'india, la "nazione grande e nobilissima" che Paolo VI volle visitare nelsuo secondo viaggio internazionale, nel dicembre del 1964. Complessa e contraddittoria, caotica edinamica.

Sono i cristiani degli stati centro-settentrionali dell'india a subire maggiormente il peso dellecosiddette leggi "anti conversione" ( AP Photo/ Anupam Nath) Già lo scorso anno la Commissioneamericana per la libertà religiosa nel mondo classificava l'india tra i paesi messi peggio, incompagnia di Corea del nord, Arabia saudita, Pakistan e Cina. Da tempo l'escalation contro leminoranze religiose ( i cristiani sono circa 27 milioni, poco più del due per cento della popolazione)anziché diminuire aumenta e gli attacchi contro i non induisti formano un elenco sempre più lungo.

Fino allo scorso ottobre ammontavano a trecento gli attacchi documentati contro i cristiani nel 2021.A peggiorare la situazione si è messa la legge "anti conversioni" già approvata in otto stati indianisu ventotto e in procinto di essere copiata anche da altri, che intanto si danno da fare con sentenzedi tribunali e ordinanze. Il tutto si unisce al Citizenship Amendment Act, la nuova legge sullacittadinanza promulgata alla fine del 2019 e fortemente sostenuta dal premier Narendra Modi. A essereparticolarmente penalizzata è la minoranza musulmana, che non rientra tra le categorie "privile -giate" in grado di ottenere la cittadinanza indiana dopo solo sei anni di permanenza nel paese.

Per tutti gli altri, gli anni restano undici. Quasi il doppio, tant'è che la Chiesa cattolica locale finda subito aveva parlato di normativa "apertamente discriminatoria". Si tratta, secondo autorevoliosservatori, di una legge che "esprime perfettamente l'indirizzo filo induista e anti musulmanoseguito in questi anni dal governo, guidato dal nazionalista Modi", come sottolineava la Civiltà Cattolica in un articolo pubblicato nel giugno del 2020. Ora è la volta dei provvedimenti che puniscono le conversioni.

Le nuove leggi non menzionano in modo esplicito né il cristianesimo né l'islam, ma l'obiettivo èchiaro: colpire chi lascia l'induismo e concedere invece magnanimità a chi fa il passaggio inverso. Loricorda il rapporto sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che soffre: "Queste leggi penalizzanole fedi minoritarie, come è divenuto evidente nel 2015 quando la Corte suprema ha stabilito che unapersona che si ' riconverte' dal cristianesimo all'induismo ha diritto ad alcuni benefici ( da cuii cristiani sono normalmente esclusi) se gli antenati del convertito appartenevano a una castariconosciuta e se la comunità accetta nuovamente il convertito dopo la ' riconversione'.

A esserepunite sono le conversioni fatte con la forza, l'inganno o l'induzione. Un po' come accade nel vicinoe storicamente nemico Pakistan. La normativa in vigore in alcuni stati prevede addirittura che debbaessere presentata una sorta di richiesta di conversione sessanta giorni prima del "passaggio" da unareligione all'altra. Un puro affare burocratico, dunque. Il tutto così vago che, con interpretazionirigide e letterali, si potrebbe considerare illegale perfino l'attività della Chiesa.

Il giorno di Natale, la statua di Cristo nella chiesa del Santo Redentore ad Ambala ( stato diHaryana) veniva distrutta. Due giorni prima, nel Karnataka, una chiesa è stata presa d'assalto e la statua di sant' antoniovandalizzata. Qui una legge che scoraggia le conversioni dall'indui - smo non c'è ancora, ma èquestione di settimane: il provvedimento è già all'ordi - ne del giorno dell'assemblea legislativalocale. "Con questo, diventano quaranta gli attacchi avvenuti nel 2021 nel Karnataka, che è ormai ilterzo stato indiano per numero di violenze contro i cristiani", ha detto ad Asia News Sajan K George,presidente del Global Council of Indian Christians: "La minuscola comunità locale si trova adaffrontare continuamente vandalismi, false accuse, arresti". George fa un paragone con la pandemia eosserva che "non ci troviamo più solo ad affrontare il Covid, ma anche il virus dell'intolleranzacontro i cristiani, alimentato dalla legge anti conversioni".

Cronaca quotidiana, insomma, che non hadestato l'attenzione occidentale finché a essere finite le mirino sono state le missionarie dellacarità di santa madre Teresa di Calcutta. Qui non si tratta di singoli episodi vandalici, di qualchepetardo o scarpa lanciati contro i portali delle chiese. La scelta di bloccare i conti dellemissionarie è stata presa dall'alto, da chi soffia sul fuoco dell'in - dentitarismo e della purezzareligiosa. Il ministero dell'interno ha vietato alla congregazione di ricevere finanziamentidall'estero in quanto "mancherebbero i requisiti di ammissibilità" per poter accedere ai fondi e alledonazioni straniere.

Ventiduemila tra dipendenti e ospiti dei centri in cui operano le suore sono rimasti senza soldi. Leautorità spiegano che vanno prima verificate eventuali irregolarità, ma secondo l'opinione di moltiosservatori il tutto si ricollegherebbe alle norme "a protezione" della maggioranza indù... (Il Foglio)

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