Blitz americano contro Al Baghdadi: 'Correva e piangeva, poi si è ucciso'
L’obiettivo individuato in un villaggio di mille abitanti, nel posto più sperduto della Siria nordoccidentale
Gli uomini della Delta Force e dei Ranger aspettavano da settimane il via libera nella base a Erbil, Iraq settentrionale. Per due volte l’operazione «Kayla Mueller» era stata sospesa all’ultimo minuto. Uno spostamento imprevisto dell’obiettivo, poi l’offensiva turca nel Nord-Est della Siria. Il pensiero andava in continuazione al blitz di otto anni prima. Maggio 2011, il raid sul compound di Osama bin Laden. Stessi uomini, paesaggi simili. Questa volta era tutto più complicato. Oltre settecento chilometri da percorrere a bassa quota, con gli elicotteri Black Hawk, su un Paese in guerra, sopra una dozzina di eserciti e milizie dai comportamenti imprevedibili.
L’obiettivo è stato individuato in un villaggio di mille abitanti, nel posto più sperduto della Siria nordoccidentale, Barisha, nella valle delle «città fantasma», come viene chiamata in arabo. Rovine antiche, chiese bizantine abbandonate, colline impervie, crepacci e oliveti. Il compound, circondato da un alto muro di cinta, ricorda quello di Bin Laden ad Abbottabad. Ma l’ultimo nascondiglio di Abu Bakr al-Baghdadi, come aveva scoperto l’Intelligence, è anche dotato di una rete di tunnel, a rendere il blitz ancora più difficile.
È quasi sera in Iraq, mattina a Washington, quando arriva l’ordine. Otto Black Hawk partono in fila, si gettano dentro il sole al tramonto, verso Occidente. A bordo ci sono una cinquantina di uomini. Sono coperti da una scorta di caccia e il Pentagono avverte i russi, i turchi, i siriani che «stanno arrivando». A mezzanotte e mezza sono sopra Barisha. Comincia una battaglia di oltre 120 minuti. L’ultima del «Califfo», deciso a resistere fino all’ultimo respiro. Al-Baghdadi è lì, nella provincia di Idlib, da «almeno due mesi». La prima dritta alla Cia è stata data dai guerriglieri curdi delle Sdf a marzo, subito dopo la cattura di Al-Baghuz, l’ultima città del Califfato a cadere: «Andrà verso Idlib, perché lì ha molti amici». Anche l’Intelligence irachena dà una mano, stringe il cerchio sui famigliari iracheni. Finché la pista Idlib viene confermata.
di Giordano Stabile - La Stampa
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