Attivisti e governi: le sanzioni Usa all’Iran ‘immorali’ in piena emergenza
Di fronte all’escalation dei contagi e delle vittime di nuovo coronavirus in Iran, nazione più colpita in Medio oriente, attivisti internazionali e (alcuni) governi si appellano agli Stati Uniti per un allentamento delle misure punitive contro Teheran. Le “immorali" sanzioni americane introdotte in seguito al ritiro dall’accordo nucleare (Jcpoa) stanno infatti ostacolando la lotta dei medici nel contrastare la diffusione del virus e nella cura dei malati, come denunciato in passato per altre patologie.
Rivolgendosi alla nazione in occasione del Nuovo Anno iraniano, il presidente Hassan Rouhani ringrazia dottori e infermieri per il loro “coraggio” nella lotta all’epidemia. “La nostra nazione - ha sottolineato - ha raggiunto i propri obiettivi, a dispetto delle difficoltà”. La guida suprema, il grande ayatollah Ali Khamenei, ha elogiato gli iraniani per i loro “enormi” sacrifici e non ha attaccato in modo diretto gli Stati Uniti. “L’Iran - ha detto - ha beneficiato delle sanzioni americane” perché “ci hanno reso autosufficienti in tutte le aree”.
Secondo le ultime stime, nella Repubblica islamica si contano oltre 18.400 contagi, 1284 vittime e quasi 6mila persone guarite. Un bilancio drammatico, acuito dalle difficoltà nel reperire medicinali e mascherine che ha spinto intellettuali e attivisti e lanciare appelli alla Casa Bianca. Glenn Greenwald, giornalista Usa, afferma che “strangolare l’Iran con le sanzioni […] che impediscono cure ai malati e fanno morire le persone, è mostruoso”.
L’Iran vantava una delle migliori strutture mediche di tutto il Medio oriente prima della scure imposta da Washington; oggi gli ospedali sono sovraffollati e il governo ha lanciato un appello per recuperare 172 milioni di mascherine dall’estero. Vi sono anche voci di una richiesta di prestito, per la prima volta dal 1962, di 5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale (Fmi).
Jamal Abdi, presidente del National Iranian American Council, sottolinea che “impedire in modo attivo a una intera nazione medicine e beni di prima necessità e continuare a strozzare la sua economia nel mezzo di una pandemia globale è la ‘summa della malvagità’ a mio avviso”. Tuttavia, a fronte di appelli e crescente preoccupazione della comunità internazionale, l’amministrazione Trump non sembra voler allentare la morsa e prosegue la strategia di “massima pressione”.
Fra le nazioni che sono venute in soccorso a Teheran in queste settimane vi è la Cina, sia a livello di aiuti, sia attaccando la politica americana. Il ministero cinese degli Esteri ha sottolineato che “le continue sanzioni sono contrarie a uno spirito umanitario e ostacolano la risposta dell’Iran all’epidemia e la consegna di aiuti umanitari da parte dell’Onu e altre Ong”. Anche la Russia si rivolge agli Stati Uniti sottolineando che “la pandemia globale non è tempo per regolare conti geopolitici, in special modo quelli senza alcuna base”.
L’emergenza coronavirus ha ampliato la base del consenso per un allentamento della pressione sulla Repubblica islamica e Washington per prima deve agevolare la lotta all’epidemia promossa da Teheran, sia a livello sociale che economico. Ma dalla Casa Bianca hanno risposto “aumentando” le sanzioni, con il segretario di Stato Mike Pompeo che accusa la leadership iraniana “di sfuggire alle responsabilità” e che “il virus di Wuhan è il killer e il regime iraniano è suo complice”.
Asianews.it
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