Accordo con i curdi, Damasco invia l'esercito contro le truppe turche
Gli uomini di Assad mobilitati dopo un'intesa raggiunta tra forze curde e governo siriano in una base aerea russa
DAMASCO - Clamorosa svolta nella guerra nel Nord-Est della Siria. Le forze curde hanno trovato un accordo con il regime di Bashar al Assad, impensabile fino a qualche giorno fa, per far entrare oltre l'Eufrate truppe di Damasco "a protezione" della cittadina chiave di Kobane, minacciata dall'offensiva turca. L'intesa, mediata dalla Russia di Vladimir Putin e confermata dalle parti, riguarda anche l'altra cittadina strategica contesa, Manbij, a Ovest dell'Eufrate. Il tutto mentre gli americani hanno annunciato l'evacuazione dei loro mille soldati da tutta l'area coinvolta dalla campagna militare turca.
Secondo fonti curde e siriane riportate dalle agenzie di stampa, l'invio del contingente sarebbe il frutto di "negoziati" tra esponenti delle Forze democratiche siriane (Syrian Democratic Forces, Sdf) dell'amministrazione semiautonoma curda nel Nord-Est della Siria e del governo siriano presso la base aerea russa di Hmeimim a Latakia, in Siria.
I giornalisti nel mirino
La quinta giornata di guerra è stata segnata da nuovi scontri e violenze e da allarmanti notizie sulla fuga di centinaia di familiari di combattenti Isis. Almeno un giornalista straniero è stato ucciso assieme al reporter Saad Al-Ahmad, corrispondente di Hawar News Agency, mentre viaggiavano con colleghi, civili e miliziani curdi su un convoglio diretto da Qamishli e Tal Tamer a Serekaniye, assediata dalle forze arabo-siriane cooptate da Ankara e sotto il fuoco intenso dell'esercito e dell'aviazione turca.
Fonti curde parlano di altri due giornalisti stranieri uccisi, ma al momento non ci sono conferme. Né si conoscono le generalità del reporter straniero ucciso. Secondo l'Osservatorio per i diritti umani in Siria, sarebbero almeno 14 le persone uccise in questo raid turco, tra cui una decina di civili.
Secondo l'Osservatorio, almeno 24 persone sono state uccise nel Nord-Est siriano, mentre fonti militari turche parlano di una ventina di miliziani filo-Ankara morti in battaglia. Ufficialmente i soldati turchi uccisi sono finora due dall'inizio, il 9 ottobre scorso, della campagna militare. Ma si tratta di bilanci parziali e non verificabili in maniera indipendente sul terreno.
Il quinto giorno dell'offensiva
Al quinto giorno delle operazioni militari, le milizie arabo-siriane filo-Ankara sono avanzate lungo il confine, conquistando la località frontaliera di Tall Abyad. E sono penetrate nell'interno interrompendo un tratto dell'autostrada M4, a sud di Serekaniye. L'intera campagna attorno a Serekaniye è in mano delle milizie filo-turche, che hanno preso anche la collina di Tall Arqam, dove solo pochi giorni fa sorgeva una postazione americana.
La crisi umanitaria e i familiari dei jihadisti in fuga
L'Onu ha dal canto suo lanciato un allarme per il rischio che le violenze costringano a fuggire dalle loro case circa 400mila persone. Ancora secondo i dati dell'Osservatorio, in cinque giorni di battaglia ci sono già 130mila sfollati. Tra questi persone più volte costrette ad evacuare: come le migliaia di civili che oggi sono fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa.
Tra le 10mila persone in fuga, oltre 800 familiari di membri dell'Isis, per lo più donne e bambini. L'amministrazione curda ha comunicato che il campo di Ain Issa è "ora senza guardie", perché le forze curde si sono spostate sulla linea del fronte, e che sarebbero fuggite almeno 785 persone. La Francia si è detta "preoccupata" dalla fuga di centinaia di familiari e affiliati dell'Isis: "Perciò vogliamo che la Turchia fermi il prima possibile le operazioni che ha iniziato", ha detto la portavoce del governo francese Sibeth Ndiaye alla tv France 3.
Secondo l'Onu, oltre 400mila persone, inoltre, non avrebbero più acqua nell'area di Hassakeh, tra cui 82mila profughi nei campi di Al Hol e Areesha. Mentre gli ospedali pubblici e privati di Ras al Ain e Tel Abyad hanno chiuso i battenti venerdì.
La diplomazia
"L'embargo sulla vendita di armi non fermerà l'intervento della Turchia nel Nord-Est della Siria", ha affermato il presidente turco Recep Tayyp Erdogan dopo che Germania e Francia venerdì hanno annunciato lo stop agli armamenti ad Ankara. "Dopo che abbiamo lanciato la nostra operazione, hanno minacciato di imporci sanzioni economiche e l'embargo sulla vendita di armi. Ma quelli che pensano di poter fermare la Turchia con queste minacce si sbagliano di grosso", ha avvertito Erdogan in un discorso trasmesso dalla tv di Stato turca. Il presidente ha poi dichiarato che l'esercito si spingerà più in là di quanto immaginato sino ad ora: "penetreremo per una profondità di 30, 35 chilometri in territorio siriano". Dopo queste parole, il segretario della Difesa Mark Esper ha detto che gli Stati Uniti evacueranno mille soldati dal Nord della Siria, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiamato al telefono il presidente. Gli ha chiesto "di mettere immediatamente fine all'operazione militare nel Nord-Est della Siria". Nella telefonata, Merkel ha anche avvertito Erdogan che l'attacco delle sue forze armate in Siria rischia di "aumentare la destabilizzazione" della regione nonché di portare a una recrudescenza dei gruppi terroristi dell'Isis. In una nota, Palazzo Chigi ha riferito che il governo italiano è impegnato nell'Ue per arrivare a "una moratoria nella vendita di armi alla Turchia" e "si adopererà per contrastare l'azione militare turca nel Nord-Est della Siria con ogni strumento consentito dal diritto internazionale".
Le parole del Papa
"Il mio pensiero va ancora una volta al Medio Oriente". Così il Papa all'Angelus di questa mattina in piazza San Pietro. In particolare, "all'amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane". "A tutti gli attori coinvolti e alla Comunità Internazionale, per favore, rinnovo l'appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza, sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci".
di Repubblica.it
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