Santi francescani, santità quotidiana
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E' tradizione per i francescani il 29 novembre rinnovare i propri voti.
La santità è sinonimo di bontà che, impressa nei volti, è la più bella testimonianza di una vita dedicata al prossimo. Quasi una sintesi di quello che Rabindranath Tagore, poeta indiano, ci ha offerto in poche righe: Dammi, Signore, la forza di sopportare serenamente gioie e dolori. Dammi la forza di rendere il mio amore utile e fecondo. Dammi la forza di elevare il pensiero sopra la meschinità della vita di ogni giorno. Lo sguardo dei santi è, dunque, uno sguardo abitato da una forza che permette di superare le meschinità e le debolezze della vita. Si tratta di essere misericordiosi.
E' questo che ci permette di vivere il frutto dell'anno passato dedicato proprio alla Misericordia anche attraverso le parole che san Francesco scrisse nella "Lettera a un Ministro": non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, se ne vada senza il tuo perdono. E' chiamata in causa la bontà nei tratti del volto, negli occhi: finestra delle nostre preoccupazioni, finestra delle nostre ferite, ma anche finestra delle nostre potenzialità.
Ci chiediamo insieme cos'è la santità e come viverla e farla fiorire nella nostra vita. La santità non è questione di cinque minuti. Può accadere che in certi contesti e momenti persone dalle quali non ce lo saremmo mai aspettato trovino invece la forza di compiere azioni eroiche che ne riscattano e sublimano l’esistenza, ma ordinariamente il percorso della santità passa per altre vie ed è il frutto di una preparazione lunga, vissuta nello svolgimento fedele dei doveri d’ogni giorno, attraverso una donazione fatta di gesti e parole semplici, capaci però di dare sollievo e speranza a chi ascolta e riceve. I santi, in effetti, sono uomini in carne e ossa come noi, carichi come noi di difetti, sottoposti alle nostre stesse debolezze: a pensarli diversi dai comuni mortali si finirebbe inevitabilmente fuori strada.
Uomini e donne come noi, essi si sforzano di vivere il Vangelo giorno per giorno, incarnandolo nella quotidianità della vita, cercando di svolgere al meglio quel compito che la Provvidenza ha loro assegnato. Che siano padri o madri, persone consacrate viventi nel mondo oppure nel segreto di un chiostro, sacerdoti oppure uomini e donne che svolgono una professione nel secolo, a tutti Dio chiede di coniugare le esigenze del Regno con quelle della propria condizione di vita, di dare il primato alla Sua legge senza dimenticare le leggi degli uomini.
Soprattutto, i santi sono persone libere, prive di rispetto umano, capaci di dire quel che pensano senza timore e di dirlo senza offendere o mortificare nessuno. Il cappuccino Alessio da Sezze, per lunghi anni compagno di questua di san Felice da Cantalice, ai giudici che lo interrogavano sulla vita del santo frate da poco deceduto (maggio 1587), narrò questo episodio delizioso: «Un giorno andai con fra Felice in casa di messer Bernardino Biscia, avvocato. Ed entrando nel suo studio, nel quale era una gran quantità di libri intorno intorno, e in capo della stanza vi era un finestrino con un Crocifisso; e fra Felice dette una girata intorno a quei libri, e arrivato davanti al Crocifisso chiamò messer Bernardino che era presente e gli disse: “Vedi tu questi libri? Son fatti per intendere Questo”, mostrandogli il Crocifisso».
Straordinaria libertà dei santi, ai quali l’esperienza di Cristo dona un coraggio ad altri impensato! Lo stesso Felice, mentre andava un giorno questuando per Roma, incontrò Sisto V in prossimità di Trinità dei Monti. Non appena il papa vide il frate lo fece chiamare e gli chiese una pagnotta, per amor di Dio. «E volendone fra Felice cercare una buona, il papa disse che gli desse quella che gli veniva alle mani, e a caso gliene venne una nera e mal cotta, la quale diede al papa dicendo: “Abbiate pazienza, padre santo, ché siete frate ancora voi”». Come a dire, con le parole di Francesco: ora che sei papa, ricorda quale fu la tua prima chiamata (Sisto V era stato frate Minore Conventuale prima di salire al soglio di Pietro) e non estinguere lo spirito della tua originaria vocazione.
Meditare sulla lezione di vita dei santi ci aiuterà nel nostro percorso verso la santità; a ognuno infatti Dio dice: «Diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo» (1Pt 1,15-6).
Termino questa nostra riflessine con le parole del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano che danno un senso al tema di questo calendario: la gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione; ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora s'inginocchia, ancora prega. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un santo, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio.
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