Più o meno, editoriale di padre Mauro Gambetti
C'è chi è preoccupato, manifesta, alza la voce e,probabilmente, non sa cosa fare. Ed io?
L’Italia vive una fase di declino. La medesima sorte la condivide una gran parte del vecchio continente. Lo attestano il calo demografico, la diminuzione del tasso di scolarizzazione, la riduzione delle opportunità di lavoro, la decrescita del peso dei giovani nella società...; di contro, facciamo i conti con l’innalzamento dell’età pensionistica e dei tassi di disoccupazione (con qualche eccezione), la crescita dell’ignoranza e dell’arroganza (quasi senza eccezioni), l’incremento delle forme di dipendenza e di violenza. Tuttavia, assistiamo ad un curioso fenomeno di scotosi della coscienza critica, personale e collettiva. Il Pil e il diagramma dei consumi, parametri essenziali del modello della “crescita felice”, non ci dicono a che punto si trovi la gente nei propri percorsi esistenziali né come e dove stia andando il paese.
Eppure, la “crescita felice”, un modello economico elementare, è oramai il Modello per antonomasia. È accattivante, vincente, e si applica ad ogni ambito della vita, politica, sociale, culturale. È semplice e tutti sono in grado di riprodurlo, anche in casa. Il suo mantra è questo: dove c’è il segno “più”, hai fatto centro; dove c’è il segno “meno”, hai perso. Il “più” è diventata la cifra dell’esistere virtuoso e lieto. Quando lo vediamo comparire ci sentiamo rassicurati e ci sembra che la felicità prenda forma. In realtà, è solo un ologramma.
Cose, consumi, emozioni, contatti, consensi... si misurano con questo segno ossessivo-compulsivo (e coercitivo), assurto ad obiettivo assoluto per l’io, che si illude di trovare in esso un alimento più nutriente del latte materno. Il povero “meno”, che fino a poco tempo fa usavamo con naturalezza per interpretare correttamente la realtà, è diventato come il lupo cattivo delle favole, l’uomo nero che terrorizza chiunque, uomini delle istituzioni, padri e madri di famiglia, manager, vecchi, giovani e bambini. Ma veniamo al nocciolo della questione: il Modello ci ha reso “più” felici? Ci rende felici quando lo applichiamo o ci riempie di illusioni? Una bottiglia di passata di pomodoro da 700 gr a 0,69 €, una braciola di maiale a 4,99 €/kg, un litro d’olio d’oliva extravergine a 3,69 €... 160 grammi di tonno a 1 €. C’è chi la chiama spesa intelligente. In Italia, il 93,1% della popolazione con più di 18 anni è dotata di cellulare. Il parco auto conta oltre 37 milioni di veicoli... Si dice che è una questione di utilità. Intanto, ci sono gli sconvolgimenti climatici, la perdita progressiva di biodiversità, gli oceani invasi dalla plastica, la devastazione dell’Amazzonia... Qualcuno sostiene che si tratta solo di impressioni. Altri, pur riconoscendo il problema, pro- pendono per l’ottimismo: forse qualcosa cambierà. Infine, c’è chi è preoccupato, manifesta, alza la voce e, probabilmente, non sa cosa fare.
Ed io? Ricomincio dall’esame di coscienza serale e mi chiedo: che cosa mi ha reso felice oggi? Cosa mi ha provocato tristezza? Cosa mi ha fatto arrabbiare? Cosa mi ha deluso? E poi, domanda delle domande: di chi e di che cosa sono responsabile io? Il buon Dio ci illumini! Sicuramente, ciascuno scoprirà cosa può fare e sarà meno abbindolabile da un post, uno slogan, una promessa illusoria. E se sei “meno” abbindolabile da un qualsivoglia affabulatore, hai fatto centro! Potrai contribuire a cambiare il mondo in meglio.
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