Maria insegna l'unità che salva
Nel suo Cielo trovano respiro e compimento le attese e le speranze dell’intera famiglia umana
«Vergine, cattedrale del silenzio, anello d’oro del tempo e dell’eterno, tu porti la nostra carne in paradiso e Dio nella carne». Con queste parole nel 1958 padre David Maria Turoldo cantava la bellezza cosmica della Madre del Signore e richiamava il significato profondo della sua assunzione in cielo: la speranza della resurrezione, in anima e corpo, per l’umanità intera dopo il giudizio finale. Pochi anni prima, nel 1950, Pio XII ne aveva proclamato il dogma, riconoscendo una tradizione di fede millenaria che affonda le sue radici sin dai primi secoli della Chiesa e che unisce, seppur con alcune differenze, i cristiani d’Occidente con quelli d’Oriente.
Ancora oggi il nostro Paese è percorso da una devozione popolare mariana profondamente radicata: come ha detto papa Francesco, «è l’atteggiamento spontaneo e sincero dei figli che conoscono bene la loro Madre, perché la amano con immensa tenerezza». Un amore espresso con tenerezza straordinariamente attuale, che si esprime in due modalità diverse, decisive per i credenti e controcorrente rispetto alla mentalità del mondo. Innanzitutto, la grande speranza della resurrezione: l’assunzione di Maria è un evento della storia della salvezza, che rischia di dire ben poco allo scetticismo e allo scientismo di oggi.
In secondo luogo, l’unità della persona umana in anima e corpo, ribadita nell’Assunzione, è un altro elemento cruciale rispetto alla nostra cultura, dove è forte la tendenza a scindere l’anima – ridotta sempre più a pensiero, coscienza, psiche – dal corpo umano. Un corpo umano troppo spesso mercificato, venduto e sfruttato in mille modi diversi. Il potere della tecnica, che ha reso disponibile ciò che di fatto non lo è – la vita –, va di pari passo con la pretesa di poterla programmare ed, eventualmente, scartare. La vita è calpestata – come ha rimarcato il Papa nell’udienza di mercoledì scorso – dall’indifferenza e dall’individualismo, con cui ci si pone davanti alle violazioni della dignità umana: una visione distorta, priva di compassione, di rispetto e di empatia nei confronti di chi soffre. Penso alle nuove linee guida ministeriali, che estendono la possibilità di ricorrere all’aborto farmacologico mediante la pillola Ru486 fino alla nona settimana di gravidanza e che costituiscono una duplice sconfitta: per la vita del concepito e per la stessa donna, lasciata ancor più a se stessa, visto che non ne viene mantenuto nemmeno il ricovero, necessario per garantire la sorveglianza sulla sua salute.
Penso, anche, alla chiusura nei confronti dei migranti, considerati spesso come untori o comunque destabilizzatori di un Paese già in difficoltà. In questo clima culturale è ancor più meritoria l’opera di accoglienza condotta dal Ministero dell’Interno. Penso, infine, a 75 anni dagli avvenimenti di Hiroshima e Nagasaki, alla follia di una "sicurezza" basata sulla potenza di distruzione: con Pax Christi sollecitiamo il nostro Governo a firmare senza indugi il Trattato sul bando totale delle armi nucleari. La vera forza – e la lezione del coronavirus ce l’ha fatto toccare con mano – viene dalla solidarietà, dalla condivisione, dal sacrificio di chi accetta di non tirarsi indietro, ma si fa carico con disponibilità generosa e competente della sorte degli altri. A ben vedere, la festa dell’Assunta porta lontano, unisce credenti e no, celebra l’unità dell’uomo redento. Nel suo Cielo, sgombero di nubi, trovano respiro e compimento le attese e le speranze dell’intera famiglia umana.
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