La solidarietà sia operatività
La strada maestra da percorrere per il bene del Paese
Il Paese intero ha guardato con attenzione particolare agli Stati generali, al di là delle scelte o delle convergenze che ne sono uscite, per cui è necessario far emergere un’anima, se volete una spiritualità anche laica, che possiamo chiamare “amalgama”. Amalgama – dal latino degli alchimisti, è una deformazione araba del greco málagma “impasto” – è il termine che meglio descrive le aspettative di tutti noi in attesa di una risposta: la necessità di una fusione, di un solido composto capace di tenere insieme i frammenti e, quindi, agire per il bene comune, di tutti. La strada maestra da percorrere è la solidarietà, non solo per gli Stati generali, ma per l’interesse del Paese. Senza “solidarietà” il rischio di frammentazione è concreto e pericoloso: sfocia in interessi di parte e conflitti sociali. Tra chi ha più e chi meno. Ricchi e poveri. Colti o semplici... e potremo continuare all’infinito. Gli Stati generali non hanno interessato soltanto la politica tout court, ma anche la Chiesa che sta portando avanti importanti maratone di solidarietà: la Caritas è sicuramente l’espressione più viva.
E allora la realtà che drammaticamente stiamo attraversando è crisi che diventa opportunità: «Nella tragedia anche l’affiorare del volto del bene, quasi ripescato dai tesori del cuore e delle famiglie, e condiviso in un grande abbraccio di popolo. Gli uomini e le donne della medicina diventati ‘eroi’. Tanti volontari pronti a rischiare per solidarietà. Finestre che si sono aperte al canto, alla gratitudine, all’applauso e allo sventolio di bandiere, in un inedito scenario di solidarietà che forse solo le tragedie a presa totale san- no generare. Sentimenti di fiducia ovviamente velati di paura»; sono le parole di Monsignor Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi, che al Sacro Convento con accanto il Cardinale Matteo Zuppi, ha presentato il suo testo Crisi come grazia. Per una nuova primavera della Chiesa, e se volete della società. L’opportunità migliore è quella che san Francesco auspicava per i suoi frati, per i suoi interlocutori di ieri e di oggi: “E io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare [...] Voglio che tutti lavorino”.
La solidarietà si traduca in operatività, nella concretezza del lavoro per uno Stato che si rialza in piedi e si rimette in moto.
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