editoriale

La Rocca: Papa Bergoglio, il coraggio di chiamarsi Francesco

ORAZIO LA ROCCA Vatican Media
Pubblicato il 13-03-2020

Pensieri, documenti, parole, riforme: San Francesco nei sette anni del pontificato

Da “Chiesa in uscita...” a “Papa ingabbiato...”. Si possono sintetizzare così i sette anni di pontificato bergogliano, attraverso due semplici – ma nello stesso tempo notissime - frasi coniate dallo stesso “autore”, papa Francesco, che oggi, 13 marzo 2020, chiuso nel Palazzo apostolico per difendersi dagli “attacchi” del Coronavirus celebra l'anniversario dell'elezione papale lontano da fedeli, pellegrini festanti e bagni di folla.

La prima frase prende vita e forma al primo intervento pubblico fatto subito dopo l'ascesa al Soglio di Pietro – la sera del 13 marzo 2013 – quando dalla Loggia della Benedizione della Basilica di S.Pietro, dopo un sorprendente “fratelli e sorelle buona sera!..”, l'ex cardinale arcivescovo di Buenos Aires, nato in Argentina da genitori emigranti italiani, Jorge Mario Bergoglio, annuncia che “il nuovo vescovo di Roma arrivato dalla fine del mondo” avrebbe traghettato la “Chiesa fuori dai sacri palazzi, per andare sempre più vicino a poveri, malati e bisognosi”. Espressioni semplici, ma dirompenti, in totale discontinuità con gli esordi pubblici dei suoi predecessori, quasi sempre caratterizzati da sobrietà, rispetto dei canoni diplomatici che per secoli avevano praticamente “imposto” ai pontefici neo eletti di limitarsi ad esordire con silenziose benedizioni Urbi et Orbi. Cerimoniali rigidi, apparentemente distaccati, che pontefici come Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI hanno iniziato a scardinare un po' alla volta, fino alla definitiva metaforica spallata di papa Bergoglio appena eletto, che ha completamente spiazzato il felpato cerimoniale pontificio fin dalla scelta del nome, Francesco, primo papa ad avere il coraggio di chiamarsi come il Poverello di Assisi, per “seguirne orme, insegnamenti, vicinanza a bisognosi, malati, migranti, amore per il creato, difesa dell'ambiente, dialogo, pace universale”, come lui stesso preannuncia subito dopo l'elezione e in particolare nelle tre visite ad Assisi (il 4 ottobre 2013, e il 4 agosto e il 4 settembre 2016) e nei documenti-base del pontificato, la Lettera Eniclica “Laudato Sì” del 24 maggio 2015 e l'Esortazione Apostolica “Evangelium Gaudium” del 24 novembre 2013.

Pensieri, documenti, parole, appelli che fanno dei primi sette anni di pontificato di papa Francesco uno dei più ricchi e significativi della storia della Chiesa, per la quale è chiamato ad affrontare e raccogliere sfide forse impossibili da vincere definitivamente nel giro di pochi anni. Il primo ad esserne consapevole è proprio lui, il gesuita Jorge Mario Bergoglio, che forte della sua esperienza pastorale maturata in Argentina dove, da figlio della Compagnia di Gesù che per prima ascende al Sacro Soglio di Pietro, si spende sempre e comunque accanto a poveri, bisognosi, senza fissa dimora nelle favelas delle grandi e piccole metropoli, sia da sacerdote che da vescovo e cardinale di Buenos Aires.

Una vita pastorale – che non può non riportare alla mente figure come don Lorenzo Milani, Madre Teresa di Calcutta...- presa a modello anche nelle vesti di pastore universale della Chiesa sulla scia del rinnovamento del Concilio Vaticano II che papa Francesco, fortificato giorno dopo giorno dalla”vicinanza” di San Francesco di Assisi, declina in tutte le sue scelte operate dal Vaticano. Qui, al di là del nome e delle prime parole “popolari” pronunziate la sera della prima affacciata dalla Loggia della Benedizione della basilica vaticana (indimenticabile il saluto finale culminato con la commovente richiesta di “pregate per me” fatta ai pellegrini in piazza San Pietro e collegati in mondovisione tv), colpisce immediatamente la decisione di non abitare nello storico rinascimentale Palazzo Apostoloco, ma molto più semplicemente nel più modesto convitto di Santa Marta, in comunità, come un religioso “qualsiasi”. Una residenza per niente principesca, con un appartamento di una settantina di metri quadri (contro i circa 400 della residenza del Palazzo Apostolico), e con una mensa comune che papa Francesco ama frequentare sempre in compagnia. Ma che riesce a trasformare come in una sorta di ideale ombelico del mondo perchè ogni mattina, dalla Cappellina celebra una seguitissima Messa che culmina con l'ormai celeberrima omelia di Santa Marta dedicata alle pagine del Vangelo del giorno e alle più importanti tematiche del momento a partire dai ripetuti ed instancabili appelli all'accoglienza dei migranti in fuga, attraverso il Mediterraneo, da guerre, violenze, malattie, fame.
Scelte pastorali operate sempre e solo in difesa degli ultimi, apprezzatissime da credenti e non credenti, credenti di altre religioni, che fanno dire ad un grande intellettuale laico come il fondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio Scalfari, che “oggi papa Francesco è la più grande autorità morale del mondo”. Giudizio esternato in più occasioni attraverso interviste, commenti, resoconti di dialoghi personali svolti in molti incontri a Santa Marta tra Bergoglio e Scalfari, uniti ormai da un feeling intellettuale e da una amicizia sincera che va al di là degli aspetti pastorali e giornalistici.

Difficile, comunque, contenere la ricchezza del pontificato di papa Francesco in poche righe. Come pure indicare il gesto più importante compiuto fino ad oggi da Francesco nelle vesti papali. Sicuramente alla storia della Chiesa di questi anni sarà consegnato il primo incontro fatto col Patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, nel viaggio a Cuba il 12 febbraio 2016, il primo dopo il grande scisma del 1054 tra Chiesa d'Oriente ed Occidente. Ma anche l'apertura con la Cina, con la quale la Santa Sede, spinta da papa Francesco, ha raggiunto uno storico accordo sulle nomine dei vescovi, preludio ad una normalizzazione dei rapporti tra i due Stati. Non meno significative le fatiche bergogliane per la promozione del dialogo interreligioso, in particolare con ebrei e musulmani, per le riforme interne al Vaticano, alla Curia e a tutta la Chiesa, dove ha elevato a posti di responsabilità un numero sempre più crescente di donne. Un esempio su tutti, suor Alessandra Smerilli, docente di economia alla Pontificia Università lateranense e all'Auxilium, la prima donna nominata nel Consiglio della Città del Vaticano. Ma anche le profonde riforme legislative varate per sradicare la malapianta della pedofilia tra gli ecclesiastici, attraverso il via a legislazioni ferree alla luce di una nuova e piena collaborazione con gli ordinamenti giudiziari statali.

Volendo tradurre in numeri l'azione pastorale di Francesco, basti citare la mole di viaggi fin qui svolti, complessivamente 59, di cui 32 all'estero e 27 in Italia, dove il primo è stato significativamente quello dell'8 luglio 2013 a Lampedusa, all'indomani del drammatico naufragio di un barcone dove trovarono la morte in mare oltre 400 migranti. In Argentina, però, la sua terra natale, ancora non è andato.

Due le encicliche finora pubblicate, la Laudato Sì del 2015, elevata a universale Carta di riferimento per la difesa dell'ambiente sul modello degli insegnamenti di S.Francesco, apprazzetissima non solo da cattolici, ma anche da ambientalisti e attivisti laici della difesa della natura. E la Lumen Fidei, del 29 giugno 2013, scritta insieme al papa emerito Benedetto XVI. Accanto all'impegno omeletico – che praticamente ogni mattina si materializza con una omelia pronunziata da Santa Marta resa pubblica dalla Sala Stampa vaticana - intensa la pastorale svolta da papa Francesco attraverso la scrittura con decine di libri, commenti, interviste, 31 Motu Propri (provvedimenti legislativi di immediata attuazione), Lettere Apostoliche, 54, ed Esortazioni apostoliche, finora 5, due delle quali hanno sollevato molto dibattito dentro e fuori la Chiesa, l'Amoris Laetitia del 16 marzo 2016, scritta dopo i due Sinodi sulla Famiglia che hanno gettato le basi per una pastorale più attenta a nuclei familiari in crisi, divorziati risposati e persino coppie omosessuali. E Querida Amazonia (Cara Amazzonia), del 2 febbraio scorso, scritta dopo l'omonimo Sinodo che ha, tra l'altro, denunziato, i problemi ambientali e delle popolazioni indigeni sudamericane.

Al di là di cifre, statistiche, documenti e viaggi pastorali, papa Francesco è in continuo movimento, malgrado le insidie del Coronavirus che lo stanno momentaneamente costringedo (“Ingabbiato”) a restare chiuso in Vaticano, dove però è sempre in virtuale contatto col suo popolo di credenti – oltre un miliardo e 300 milioni di cattolici – attraverso udienze e messe trasmesse in streaming. Non si è fermato. Un'azione pastorale diversa nella forma, ma del tutto uguale nella sostanza, che Jorge Mario Bergoglio, “il nuovo vescovo di Roma arrivato dalla fine del mondo”, non si stancherà mai di mettere in pratica come un padre accanto a tutti i suoi figli, specialmente i più bisognosi. Auguri Santità.

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