editoriale

La risposta è la giustizia sociale

Padre Enzo Fortunato Michele Giuntini - Ansa
Pubblicato il 12-11-2021

Condividere è meglio che fare l’elemosina

Ancora una volta Bergoglio sceglie Assisi e stavolta lo fa arrivando proprio al cuore del messaggio francescano: i poveri. Il titolo che introduce il messaggio pontificio per la V Giornata Mondiale dei poveri, “i poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7), è inequivocabile e se consideriamo che per Francesco d’Assisi la povertà è l’identità di Cristo che si è fatto povero in questo mondo (FF90), capiamo in maniera ancora più chiara le motivazioni del Santo Padre nella scelta del nome: «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco, come Francesco da Assisi». Bergoglio non tradisce le aspettative e continua a mettere in pratica l’esempio dell’Assisiate, che davanti al patire umano dei lebbrosi non distoglie lo sguardo e compatire diventa il senso dell’esistenza. Esattamente come Cristo che “non solo sta dalla parte dei poveri, ma condivide con loro la stessa sorte”, perché avere i poveri sempre tra di noi non sia un’abitudine che diventa indifferenza, ma sia un coinvolgimento nella condivisione della vita, appunto patire e compatire.

Francesco, il Papa, ci ricorda che “i poveri non sono persone esterne alla comunità, ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio e l’emarginazione, perché venga loro restituita la dignità perduta e assicurata l’inclusione sociale necessaria. [...] un gesto di beneficenza presuppone un benefattore e un beneficato, mentre la condivisione genera fratellanza. L’elemosina, è occasionale; la condivisione invece è duratura. La prima rischia di gratificare chi la compie e di umiliare chi la riceve; la seconda rafforza la solidarietà e pone le premesse necessarie per raggiungere la giustizia.” Collegandoci a questa ultima parola, giustizia, non possiamo non ammettere che la povertà è un prodotto dell’ingiustizia sociale, delle disuguaglianze rimarcate, accentuate e mai sanate, e aggravate dall’incapacità della nostra società di redistribuzione della ricchezza. “Quale via della giustizia è necessario percorrere perché le disuguaglianze sociali possano essere superate e sia restituita la dignità umana così spesso calpestata?”. La risposta, almeno verbale, è immediata ma, purtroppo, non altrettanto immediata nella concretezza: lavoro con un salario dignitoso. Perché non semplice? Tanti fattori contribuiscono a far sì che oggi il lavoro sia una fortuna, un miraggio, un favore che il datore di lavoro concede. Il lavoro è Dignità, l’essere umano ha bisogno di lavorare, deve lavorare per potersi mantenere, per poter avere Dignità.

I tempi non sono semplici, veniamo da due anni di pandemia – non ancora passata – che ha evidenziato ancora di più le disuguaglianze e ne ha create di nuove, il rapporto Caritas Oltre l’ostacolo offre un quadro drammatico: il 30% dei “nuovi poveri” prodotti dal Covid-19 continua a non arrivare a fine mese. I poveri sono aumentati notevolmente e, purtroppo, la situazione tenderà al peggioramento perché le conseguenze della pandemia si faranno sentire ancora per molto. In questo quadro è urgente, dunque, dare risposte ai tanti disoccupati, ai tanti poveri che bussano alle porte delle Caritas di tutta Italia. Ricordiamoci che “nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità”, nella consapelozza più profonda che sarà un povero ad aprire la porta dei Cieli confermando, ancora una volta, il passo del Vangelo di Marco in cui si fa riferimento alla facilità con cui passerebbe un cammello per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco riesca ad entrare nel Paradiso. Lo stesso san Francesco modellò l’intera sua vita sull’insegnamento della povertà ricevuto dall’indigenza in cui nacque Cristo. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)

 

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