L'altro non è un lupo ma un fratello
“Homo homini frater”, la rivoluzione francescana per la pace.
“Homo homini frater” anziché “homo homini lupus”. Questa la rivoluzione francescana per promuovere la fraternità e la pace.
È quanto ha proposto fra Francesco Patton, il Custode di Terra Santa, intervenendo alla Conferenza Internazionale “Il dialogo tra culture e religioni nella promozione della pace: 800 anni di presenza francescana in Terra Santa”, che si è svolta ieri a Roma presso la Pontificia Università Antonianum. Nel suo intervento, svoltosi nell’ambito della sessione “Da San Francesco a Papa Francesco: la profezia di un mondo riconciliato”, fra Patton ha ricordato che l’affermazione “homo homini lupus” – ossia che “l’uomo è un lupo per l’uomo” – risale al commediografo latino Plauto (255-184 a.C.) ed è contenuta nella commedia intitolata “Asinaria”. Un’idea ripresa in epoca moderna dal filosofo Thomas Hobbes (1588-1679) che, nella sua opera di filosofia politica “Leviatano” (1651), presentò un’immagine dell’uomo basata essenzialmente su sentimenti di natura egoistica e conflittuale, che determinavano una permanente “guerra di tutti contro tutti” in ogni ambito sociale, economico e religioso.
Una visione del mondo che ritroviamo nel politologo contemporaneo Samuel P. Huntington, noto per aver teorizzato l’inevitabilità di uno scontro di civiltà su basi culturali e religiose. Huntington, che fu consigliere dell’amministrazione americana ai tempi di Jimmy Carter, è autore del libro, edito nel 1996 da Simon&Schuster, “The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order” (“Lo scontro delle civiltà e la nuova costruzione dell’ordine mondiale”), nel quale scrive: “Lo scontro di civiltà dominerà la politica mondiale. Le linee di faglia tra le civiltà saranno le linee sulle quali si consumeranno le battaglie del futuro…”. Per Francesco d’Assisi invece – ha spiegato Patton – l’idea centrale è un’altra. Parafrasando l’originaria frase latina, potremmo dire che, per Francesco, il concetto di fondo è “homo homini frater”: l’uomo fratello per l’altro uomo.
In uno studio di qualche anno fa, Carlo Paolazzi, che ha insegnato anche all’Università Antonianum ed ha curato l’ultima edizione critica degli “Scritti” di San Francesco d’Assisi, ha messo in luce come Francesco non usi mai la parola “nemico” per riferirsi al suo prossimo, ma esclusivamente per riferirsi al proprio “io” egoista. Il “nemico” per San Francesco non è mai di fronte a noi, ma dentro di noi! Di fronte a noi sta il “fratello”: che è tale anche quando è una persona che professa un’altra religione, che è tale anche quando è un avversario o un brigante, che è tale persino se si presenta come espressione della natura inanimata. Fra Patton ha ricordato che, per San Francesco, “il fratello è un dono di Dio e la modalità di entrare in relazione con lui è quella di accoglierlo con bontà”. Patton ha poi spiegato che lo stile relazionale e la pastoralità di Papa Francesco si ricollegano direttamente a San Francesco d’Assisi, sottolineando come la Laudato si’ sia “un’enciclica nella quale, a partire dall’idea della fraternità, scopriamo un modo nuovo di vivere le dimensioni fondamentali della nostra esperienza umana e religiosa”. Per uscire dalla logica dell’homo homini lupus e approdare a quella dell’homo homini frater – ha affermato il Custode di Terra Santa – “è necessario guardare a Dio come all’origine del bene, per cui occorre saper cogliere il bene nelle parole e nei gesti di ogni persona e darne lode a Dio”.
L’idea di fraternità non è esclusiva, ma ha un natura inclusiva e passa attraverso un atteggiamento di apertura, di accoglienza e di apprezzamento dell’altro. “La capacità di apprezzare e anche emulare aspetti positivi presenti nelle pratiche religiose altrui – ha precisato fra Patton – è un atteggiamento che ha caratterizzato San Francesco e che può essere un riferimento prezioso anche oggi”. Il Custode di Terra Santa ha quindi ribadito l’importanza di poter esprimere pubblicamente la propria fede, senza prevaricazioni sull’altro, ma, al tempo stesso, senza subire quel tipo di censura che vorrebbe silenziare le espressioni religiose in nome di una malintesa laicità. Appartiene a quest’ambito anche l’attenzione al valore del giorno di riposo, cosi come viene fortemente sottolineato dall’ebraismo attraverso lo “Shabbat” (il sabato del riposo). “Da San Francesco a Papa Francesco – ha concluso fra Patton – sono passati otto secoli, e in questi otto secoli la nostra presenza in Terra Santa si è radicata ed è cresciuta. Come presenza fraterna, pacifica e dialogante. Come presenza di preghiera, di cura dei luoghi santi cristiani e di servizio alla comunità locale. Nel segno della fraternità, questa presenza, grazie a Dio, è viva ancora oggi”. (Antonio Gaspari)
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