5 milioni in povertà, fino a quando?
Le testate nazionali riportano i dati Istat: in Italia sono 5 milioni le persone che vivono in assoluta povertà. Nel dettaglio si stima che nel 2016 siano un milione e 619 mila le famiglie residenti in tale condizione. Non sto qui a elencare i dati Istat, ma mi spaventa la non reazione del mondo politico e la loro non inquietudine dinanzi a questi numeri che spaventano.
Negli ultimi anni la disoccupazione e la povertà non arretrano. È necessaria quindi un'azione forte ed efficace. È qui che si misura la capacità di governare, la capacità di far crescere la società e di conseguenza le famiglie. La Chiesa in questo travagliato periodo è molto attiva con le Caritas, con i fondi per le famiglie e con la solidarietà concreta dei volontari in parrocchia.
È evidente che non è la povertà di Francesco d'Assisi scelta e vissuta per amore di Cristo. Tantissimi sono gli episodi che propongono gesti inusuali e rivoluzionari della vita del Santo per aiutare chi soffre: era capace di vendere tutto, dal saio ai libri liturgici, pur di prendersi cura di una mamma, una vecchietta, un povero in difficoltà.
La povertà che l'Istat ci annuncia non è quella auspicata da Francesco, ma quella subita da tante persone che non hanno un posto di lavoro e non arrivano a fine giornata. Sconcertante sono le tante lettere di disperazione che arrivano alla nostra redazione San Francesco: "padre non riesco a mettere il piatto a tavola ai miei figli questa sera". È il grido di una società che soffre dignitosamente... Ma fino a quando?
San Francesco riproporrebbe la sua "Lettera ai reggitori dei popoli" monito a chi governa per far uscire l'uomo della povertà:
"A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori di ogni parte del mondo, e a tutti gli altri ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace... Vi supplico perciò, con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti".
È necessario quindi non dimenticare coloro che soffrono e sono ai margini della società perché sono nostri fratelli.
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