Soddu (Caritas): Cultura della cura, grammatica aperta a tutti
"Si accolga l'appello del Papa, 2 mila miliardi contro la fame"
«La cultura della cura, ci ha detto papa Francesco, è un percorso di pace: va dalla cura delle piccole cose, dalle nostre piccole responsabilità quotidiane fino alle grandi decisioni politiche» osserva don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana commentando il messaggio della Giornata mondiale della pace 2021. «Questo – spiega don Soddu – ci permette di creare un collegamento tra il locale e il globale e capire come la pace, citando la “Pacem in Terris”, sia il risultato di una armonia basata su verità, giustizia, amore e libertà, i famosi quattro pilastri, e su tanti altri piccoli pilastri del quotidiano. Inoltre essa è frutto del contributo di tutti, non solo dei trattati internazionali: è una pace che si costruisce dal basso».
Francesco invita a diventare «profeti e testimoni della cultura della cura». Come esserlo, in questo duro tempo di pandemia?
Francesco invita a «profezia e testimonianza» di pace, Paolo VI auspicava «maestri, ma anche testimoni»: educarci alla pace, quindi, non è solo teoria ma è appunto cura della piccole cose nella vita quotidiana. La profezia è invece giudicare il presente con gli occhi di Dio, saper denunciare le storture di questa storia: per costruire pace occorre credibilità, coerenza e una testimonianza che possa fare discernimento nella complessità del presente.
Il Papa sottolinea poi che la crisi del Covid è interrelata con quella climatica, alimentare, economico-migratoria. Come agire fra tanta complessità?
In primo luogo non cedere alla tentazione dell’inerzia, ma comprendere l’interconnessione di alcuni grandi fenomeni. Ad esempio, per creare pace occorre lottare contro la povertà: questo è un dovere per noi di Caritas, e le scienze umane ci dicono che questo è anche un modo di prevenire i conflitti sia locali che globali. Bisogna poi andare alle cause e cercare di rimuoverle, creare reali presupposti perché la pace si realizzi.
I principi della dottrina sociale sono una “bussola”, afferma il Messaggio, anche nelle relazioni internazionali. Qual è il ruolo della cooperazione, come costruire progetti di riconciliazione nell’era del Covid?
La “bussola” dei principi sociali è quanto mai importante oggi che viviamo «non in un’epoca di cambiamento, ma in un cambiamento d’epoca». La “bussola” ci fa discernere ciò che è rilevante o irrilevante nella complessità. Questa bussola, radicata nella Tradizione della Chiesa, offre una «grammatica della cura» a tutti: la tutela della dignità della persona, il bene comune, la salvaguardia del creato, la solidarietà sono principi condivisibili da una platea molto più ampia di quella solamente ecclesiale, offrono una visione aperta anche al mondo laico e alle altre religioni. La campagna “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, cita il Padre nostro, ma chiede a tutti di combattere la fame aumentata durante la pandemia: un seme di solidarietà per chi vuole aderire e un messaggio per le istituzioni, in particolare perché non sia negato l’accesso ai vaccini.
Come realizzare, don Soddu, il fondo mondiale contro la fame con i soldi delle armi?
È un reiterato appello di fronte a un assurdo: si spendono quasi 2mila miliardi di dollari l’anno in spese militari, cifra in crescita negli ultimi anni, con un ritorno del nucleare. Il 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, non sottoscritto dalle principali potenze: ma questi dati sono drammatici. Il Papa, con questa proposta, va fortemente controcorrente mentre i conflitti locali sono in crescita, riprendono tensioni globali, piccole e medie potenze si riarmano. Per Francesco è una follia spendere in questo modo miliardi di dollari, ancora più durante la pandemia. Serve cambiare rotta: l’auspicio è che il G20, sotto la presidenza italiana, colga l’appello del Papa. (Avvenire)
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