Sessanta richiedenti asilo al lavoro nelle vigne di Caprai
Progetto con la Caritas nato nel 2016
ìSessanta richiedenti asilo al lavoro nelle vigne dell’azienda Arnaldo Caprai. Lo racconta Il Corriere della Sera con una lunga intervista all’imprenditore Marco Caprai che dal 2016 ha avviato un progetto con la Caritas di Foligno che prevede l’impegno dei migranti tra i filari del Sagrantino di Montefalco e la cantina dell’azienda fondata nel 1971.
Sessanta migranti nelle vigne Caprai I migranti approdati a Montefalco, racconta la giornalista Luciana Ferraro, sono ormai due terzi del personale impiegato da Caprai: si svegliano all’alba e in bicicletta percorrono quasi al buio i sette chilometri che separano Foligno dai vitigni di Caprai, che al quotidiano spiega: «Questi giovani sono la parte migliore di una generazione, hanno alle spalle un percorso di studi, parlano due o tre lingue».
Carte in regola «Da noi sono impiegati in tutti i settori, nei campi o nei lavori di cantina. Vengono assunti come salariati agricoli, con tutte le carte in regola, poi seguono dalla potatura delle viti alla raccolta dell’uva. Sono lavori quasi a tempo indeterminato, in media lavorano fino a 180 giornate l’anno. Purtroppo noi produttori del vino raramente ci possiamo permettere di assumere tutto il personale da gennaio a dicembre».
Fino al consolato del Benin Molti dei richiedenti asilo arrivano dal Senegal o dal Benin, gran parte di loro non ha intenzione di restare in Umbria né in Italia, puntano a ricongiungersi con parenti, che spesso lavorano in Germania, ma qualcuno che resta naturalmente c’è: alcuni «fanno venire in Umbria la famiglia, acquistano un’auto, affittano un appartamento e restano a lavorare con noi. Oppure si trasferiscono in altre aziende, talvolta in altri campi, come l’edilizia», dice Caprai che racconta anche di come «all’ultimo Vinitaly, a Verona ci è venuto a trovare un giovane che era stato con noi un paio di anni fa. Si è presentato allo stand con un signore elegante: era il console del Benin. Il ragazzo era stato assunto come addetto commerciale del Benin ed era orgoglioso di dircelo».
«Così spazziamo via il pregiudizio» Il progetto tra l’azienda umbra e la Caritas «è stato anche un modo – dice l’imprenditore di Montefalco – per spazzar via i pregiudizi: chi pensava che i migranti fossero scansafatiche pronti a delinquere ha dovuto ricredersi. Questi sono ragazzi che partono prima dell’alba in bicicletta da Foligno a Montefalco, 7 chilometri al buio, per iniziare il turno alle 6. E mentre stanno qui imparano un lavoro, spesso duro». (Umbria24.it)
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