San Francesco Radical Chic? Non proprio...
Possiamo davvero definire san Francesco un Radical Chic? Lui che amava definirsi 'semplice e idiota'?
In un articolo di Repubblica si inserisce san Francesco tra gli 11 radical chic della storia.. Ma è davvero così? Lui che amava definirsi 'semplice e idiota'? Lui che aveva fatto della povertà uno stile di vita da condividere con i suoi frati? Lui che per arrivare a tutti scrisse il "Cantico delle Creature", il primo testo poetico in volgare?
La verità è che la stessa definizione di radical Chic esclude il Santo di Assisi da questa lista: "ricchi che si mettevano in posa da rivoluzionari, ma non rinunciavano ai propri privilegi". Ma forse, proprio tra i gesti più rivoluzionari e ricordati del Poverello di Assisi fu la rinuncia ai beni ed è Francesco stesso a raccontarlo nel testamento. Egli, dopo l'incontro con i lebbrosi, racconta che "Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza: poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo."
In una delle scene più suggestive della vita di Francesco d'Assisi, all'età di 24 anni in un giorno di gennaio (o febbraio) dell'anno 1206 il giovane Giovanni Francesco Bernardone lasciò definitivamente la casa d'origine, gettando nella disperazione il padre, un ricco mercante di stoffe che non riuscirà mai a capire perché il suo unico figlio volle restituirgli persino gli abiti per dedicarsi agli ultimi, in primis i lebbrosi, abbracciando la povertà più assoluta per seguire una ricchezza ancora più alta ed assoluta, la ricchezza della fede evangelica e della speranza cristiana legata intimamente a Gesù di Nazareth.
Quel clamoroso gesto, il futuro San Francesco lo fece in piazza Santa Maria Maggiore davanti al palazzo del vescovo Guido, il monsignore d'Assisi che lo avvolse col suo mantello e fu la consacrazione definitiva di Francesco a Madonna Povertà.
Francesco d'Assisi, certamente radical ma Radical Chic, non proprio!
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Di seguito l'articolo di repubblica dal titolo: "Da Francesco d'Assisi a Jane Fonda: 11 radical chic - più un intruso - che hanno fatto la storia"
L’espressione «radical chic» fu inventata nel 1970 dallo scrittore Tom Wolfe per sfottere i ricchi che si mettevano in posa da rivoluzionari, ma non rinunciavano ai propri privilegi. Quarantanove anni più tardi, oggi, l’espressione designa chiunque si mostri critico verso l’attuale maggioranza senza sbagliare i congiuntivi. Per essere bollati come «radical chic» non bisogna più essere radical e tantomeno chic, basta avere letto qualche libro e andarne orgogliosi. Di fronte a tanta confusione, non resta che attenersi al significato letterale: per essere «radical chic» ci vogliono radicalità ed eleganza, bisogna essere anticonformisti con stile. Qui sfilano, dunque, i più grandi «radical chic» della storia (oltre a un intruso, che avrebbe tanto voluto diventarlo).
Francesco d’Assisi Era figlio di un ricco mercante di stoffe. A vent’anni, dopo una giovinezza debosciata, decise di cambiar vita, rinunciando alla ricchezza per vivere in povertà, cantare le meraviglie del creato e fare il buonista con tutti, perfino con un lupo. Il suo look minimal – saio, sandalo di cuoio su piede scalzo, barba incolta – resiste da mille anni e caratterizza, ancora oggi, cantautori, navigatori e scrittori di successo. Morale: il patrono d’Italia è un radical chic.
Jean-Jacques Rousseau Benché
svizzero, riuscì a farsi strada nella buona società parigina. Fu illuminista a modo suo, ma rifiutò il progresso per predicare il ritorno alla natura. Ai poveri preferì sempre i selvaggi. Lanciò per primo la moda per l’infanzia, pretendendo che si producessero abiti per bambini. Oggi dà il suo nome alla piattaforma web di una sedicente nuova democrazia, ma in molti dubitano che ne sarebbe felice.
Mary Wollstonecraft Godwin Shelley
Orfana di madre e figlia di uno scrittore comunista e anarchico, crebbe in una famiglia allargata smodatamente disfunzionale. A 19 anni passò un’estate a Ginevra a gozzovigliare con il marito poeta Percy Shelley, la sorellastra Claire Clairmont, Lord Byron e il medico William Polidori. Una notte concepì Frankestein, un romanzo che esprime la repulsione e l’attrazione che gli autentici radical chic provano per la brutalità della vita.
Vladimir Mayakovsky
Era figlio di un guardaboschi di origini aristocratiche. A 15 anni diventò rivoluzionario, a 16 finì in carcere, a 18 era già poeta. Fu cubofuturista, schiaffeggiò il pubblico, proclamò e immaginò La nuvola in calzoni. Ma quando la rivoluzione arrivò davvero, ne vide e descrisse la tragedia e la comicità. E così nel 1930, a 37 anni, si sparò un colpo al cuore
Giacomo Matteotti
Diventò socialista anche se suo padre era un grande proprietario terriero del Polesine. Fu un uomo preciso, educato, pedante, testardo e coraggioso: l’unico, o quasi, a sfidare apertamente Benito Mussolini, che infatti lo fece ammazzare. Quelli della classe da cui proveniva, ma a cui aveva scelto di non appartenere, lo chiamavano «il socialista impellicciato».
Mohandas Karamchand Gandhi
Fu talmente radicale da trasformare la debolezza in forza, la non violenza in resistenza. Fu talmente elegante che osò sfidare la proverbiale eleganza dei colonizzatori britannici indossando soltanto un paio di occhialini di metallo e un khadi bianco.
Ernesto Guevara Lynch Il più famoso rivoluzionario del Novecento era un bambino malaticcio appassionato di scacchi. Figlio della ricca borghesia di Rosario, Argentina, si laureò in medicina, ma scoprì le condizioni di vita dei poveri durante un viaggio in moto per l’America latina. Andò a Cuba a fare la rivoluzione, ma la lasciò per trasportarla in Bolivia, dove fu ucciso. Possedeva bellezza, fotogenia e un gran gusto per gli accessori, a partire da sigaro e basco. Ha fuso in sé l’eroe antico a l’icona moderna. «Della “Che Guevara” c’avete anche i borselli?», chiede Checco Zalone in Sole a catinelle.
Jane Fonda Grande attrice figlia di un grande attore. Fu attivista per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam, finì in galera per avere picchiato un poliziotto (e nella foto segnaletica alzò il pugno chiuso), è stata insegnante di aerobica, cristiana rinata, liberale, femminista e produttrice di una marca di dildo per donne mature nella sit com Grace & Frankie. Sono esistite molte Jane Fonda, spesso in contraddizione tra loro, ma tutte straordinariamente eleganti e anticonformiste.
Bernardo Bertolucci Figlio del poeta Attilio e allievo del poeta Pier Paolo Pasolini, esordì con un libro in versi, ma si innamorò del cinema. Raccontava di essere diventato comunista da bambino, d’estate, in un campo di pomodori. Fece scandalo con Ultimo tango a Parigi e lo rifece con Novecento. Nel 1988 vinse nove Oscar con L’ultimo imperatore, unico regista italiano di sempre. Era attratto dalla decadenza della borghesia e dalla rivoluzione del proletariato. Fu sempre elegantissimo.
Inge Schönthal Feltrinelli Era nata in Germania sotto il nazismo. Suo padre era ebreo. A 22 anni andò a New York dove fotografò Picasso, Greta Garbo, John Kennedy, Winston Churchill, ma nella sua foto più celebre è in costume da bagno insieme a un marlin e a Ernest Hemingway. Nel 1960 sposò Giangiacomo Feltrinelli, un ricco editore comunista. Quando morì, prese in mano la casa editrice. È stata l’imperatrice galattica dei radical chic, e oggi a Milano è come se mancasse una via.
Fabrizio De André Era un figlio della Genova «bene» innamorato della Genova «male». Frequentò le scuole dei ricchi, ma preferì le vite dei poveri, cantando ladri, puttane, suicidi e drogati. Nel 1979 fu rapito dall’Anonima sarda con la moglie Dori Ghezzi, ma quattro mesi di sequestro non riuscirono a fargli smettere di essere incrollabilmente anarchico.
Scopri l’intruso Nacque nel 1973 a Milano in un quartiere centrale, suo padre era dirigente d’azienda, sua madre traduceva saltuariamente dal tedesco. Si iscrisse al prestigioso Manzoni, uno dei tre licei classici della buona borghesia cittadina, diplomandosi con 48/60. Era attratto dalla politica, amava De André e diventò comunista: frequentò il centro sociale Leoncavallo, Scienze politiche e Storia (poco) che abbandonò per lavorare in una radio libera. Per tutta la vita si è sforzato di essere radical e di passare per uno del popolo. Non è mai stato chic.[La Repubblica - Giacomo Papi]
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