Risalita dall'abisso della droga, la storia di Giorgia
Ha uno sguardo arguto e profondo Giorgia, quando con voce vispa racconta la sua personale storia di andata e ritorno all’inferno che anche solo una mezza pastiglia di ecstasy può provocare. Lo fa costantemente da circa undici anni, davanti a platee di ragazzi di liceo, la categoria più vulnerabile al richiamo trasgressivo delle droghe. Cerca di sensibilizzarli sui rischi che si corrono quando ci si imbatte nelle sostanze stupefacenti.
A un passo dalla morte
La data del 16 ottobre 1999 è impressa nella sua memoria come un sigillo nella cera. Frequentava il terzo anno di liceo scientifico a Milano, la sua giovinezza ancora in fiore rischiò di essere recisa dal desiderio di provare un’esperienza eversiva. Assunse una mezza pastiglia di ecstasy che le passò un amico, tagliata in Olanda con veleno per topi. Per lei fu un’arma devastante. Le andò in necrosi il fegato. Fu sottoposta a un trapianto d’urgenza che le salvò la vita per un soffio.
Informazione a metà
E come un soffio le passano oggi, a diciotto anni di distanza, i ricordi dei giorni che precedettero quella sera. Intervistata da In Terris, Giorgia rivela che insieme ai suoi amici aveva stabilito con anticipo che in discoteca quel sabato avrebbero assunto droga. “A scuola – spiega – erano circolati opuscoli del Ministero della Salute che avevano l’obiettivo di limitare il danno. Consigliavano di fare un uso controllato delle droghe, nel caso dell’ecstasy invitavano a non mischiarla con l’alcol, a bere tanta acqua, a bagnarsi continuamente i polsi”.
Quella campagna d’informazione, omettendo che l’ecstasy può anche portare alla morte per epatite fulminante, generò tuttavia l’effetto contrario. “Leggendo gli opuscoli – racconta ancora Giorgia – ho pensato alle scritte dissuasive sui pacchetti di sigarette: tutti sanno che fanno male, ma nessuno crede che fumandone una si possa rischiare la vita. Nel caso dell’ecstasy invece è così”.
La testimonianza
Giorgia ha pagato un tributo altissimo a quel gesto d’incoscienza giovanile e a quella politica governativa permissivista. La delicata operazione d’urgenza e poi anni dentro e fuori dagli ospedali per esami, cure e farmaci. Da quel drammatico episodio è scaturita la consapevolezza che “con le droghe non si può scendere a compromessi”.
Una consapevolezza che dal 2006 prova a trasmettere ai ragazzi delle scuole. Tra studenti e genitori, incontra quasi 10 mila persone al mese. “In questi anni – afferma – ho notato che sono cambiate alcune cose. Anzitutto è scesa l’età dei consumatori di droga. Ci sono 11enni che fumano cannabis e talvolta, per emulare i compagni più grandi, provano sostanze più pesanti”.
Una battaglia difficile
È significativo quanto racconta ancora: “Molti studenti giovanissimi sniffano gli antiinfiammatori in polvere come fossero cocaina – spiega -. Riescono ad eludere facilmente i genitori e gli insegnanti facendo loro credere che queste bustine le portano in borsa per eventuali mal di testa”.
L’uso di farmaci a scopo ricreativo è una drammatica realtà giovanile che – rivela Giorgia – attraversa tutta l’Italia e tutte le classi sociali, per la sua accessibilità economica. Ma va detto che ormai si è ridotto drasticamente anche il prezzo di altre droghe. “Un tempo – spiega – la cocaina era diffusa maggiormente tra i giovani più agiati, era considerata la droga dei ricchi. Oggi, dal momento che c’è solo il 17% di cocaina pura e il resto è un mix di schifezze varie, ha dei costi che possono permettersi quasi tutti”.
Le colpe dei media
Mentre rilascia quest’intervista, fuori dalla finestra campeggia un cartellone pubblicitario del sequel di Trainspotting, film di culto degli anni ’90 che racconta di un gruppo di ragazzi che passano le giornate a drogarsi. Chiedo allora a Giorgia quante responsabilità abbiano i media nella diffusione delle droghe tra i giovani.
“Ne hanno tante”, risponde laconica. “Il problema – prosegue – è che spesso chi lancia messaggi non conosce quali effetti possono causare e nemmeno il livello di emergenza sociale del fenomeno”. Giorgia se la prende con personaggi pubblici che “fanno affermazioni potenzialmente molto dannose”. Infatti, “una frase a favore delle droghe pronunciata da un cantante ha una presa enorme sui giovani”, e rischia di “vanificare gran parte del lavoro di sensibilizzazione che facciano ogni giorno”.
Libro
È uscito da poco il Dvd diretto da Ambrogio Crespi dal titolo Giorgia Vive – La storia di una fine che è solo l’inizio, qualche anno fa la vicenda di Giorgia è stata invece raccolta nel suo libro testimonianza “Vuoi trasgredire? Non farti! (ed. San Paolo)“.
La droga presenta sempre il conto
Ma come si possono convincere i ragazzi che la vera trasgressione rispetto a certi modelli imposti sia non assumere droghe? “Io – risponde Giorgia – mi limito a raccontare la mia storia e quella di tanti giovani che, a differenza mia, sono morti dopo aver assunto droghe”. Ma non solo. “I conti con la droga si fanno in ogni caso, quando si sopravvive lo si fa in condizioni che possono essere anche molto limitanti”, rimarca Giorgia. Impotenza, perdita di denti e capelli, pelle rovinata, tic nervosi, danni al cervello: sono solo alcuni degli effetti delle droghe di cui Giorgia parla ai ragazzi.
Si riferisce a tutte le droghe, leggere e pesanti. “È chiaro che esistano differenze tra le varie sostanze stupefacenti e che ce ne sono alcune che hanno effetti letali immediati – chiarisce -. Ma anche le droghe leggere, se ne fai un uso costante, a lungo andare procurano danni gravi”.
La verità sulla legalizzazione
Il tema introduce la questione della legalizzazione delle droghe leggere, avanzata da una proposta di legge all’esame del Parlamento. “Sono totalmente contraria – commenta Giorgia -, per altro ne rilevano le contraddizioni gli stessi ragazzi che incontro nelle scuole”.
Secondo lei “non è legalizzando la cannabis che si educano i giovani”. Del resto se ci saranno rivenditori autorizzati come prevede il testo, “gli spacciatori abbasseranno il prezzo per renderlo più concorrenziale ed aumenteranno i consumatori”. Inoltre – sottolinea ancora – “la possibilità di coltivare in casa fino a cinque piante potrebbe incoraggiare lo spaccio, magari nei confronti di ragazzi minorenni a cui questa possibilità è negata”.
La battaglia per sensibilizzare i giovani sui rischi della droga deve allora far fronte al fuoco amico delle proposte di legge sulla legalizzazione e dei modelli proposti da musica e tv. Giorgia prosegue però imperterrita, rinfrancata ogniqualvolta un ragazzo si convince ascoltando la sua testimonianza. “Ho tanti riscontri positivi – spiega -, molti mi scrivono dimostrandomi l’importanza di questa seconda possibilità che mi è stata data nella vita”. Aiutare i ragazzi a non cedere all’inganno della droga è oggi il suo impegno e anche la sua gioia. (Federico Cenci - Interris)
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