cronaca

La questione cattolica, la Chiesa ai tempi del Covid

Ferruccio Sansa Ansa - BOGDAN CRISTEL
Pubblicato il 27-04-2020

Le proposte dei vescovi: niente segno di pace, accessi regolati

"I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l' esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l' impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale". La Cei attacca il governo. Un comunicato duro arrivato ieri sera dopo che erano trapelate le misure adottate dall'esecutivo per la fase 2: apertura sui funerali, anche se con un numero limitato di persone.

Ma ancora uno stop per le messe. E la Conferenza Episcopale Italiana ha diffuso un comunicato che piega l' asse di collaborazione tra Chiesa e Stato che aveva segnato i due mesi di lockdown. Poi a tarda sera Palazzo Chigi annuncia che "nei prossimi giorni si studierà un protocollo per consentire ai fedeli di partecipare alle messe in condizioni di sicurezza".

Del resto i vescovi da giorni mostravano impazienza. Da una parte ci sono le pressioni dei cattolici di destra anti-Bergoglio. Dall' altra la difficoltà di praticare i propri riti di fronte all' emergenza sanitaria che richiede isolamento.

Alla fine l'argine si è rotto.

La Comunione. Il segno di pace. La Chiesa vive anche di contatto fisico. Lo dice l' origine del nome: ecclesia, assemblea. E lo diceva Gesù: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Ma, dopo duemila anni, nel giro di poche settimane la Chiesa si è trovata senza assemblea. E nei prossimi mesi dovrà riscoprire i propri riti e i sacramenti in un mondo che cerca di ritrovarsi senza contagiarsi. Cambieranno la messa, le comunioni, i matrimoni e i funerali. Chissà come sopravviveranno il catechismo e l' oratorio. "Nella nostra Diocesi sono morti 25 sacerdoti (in Italia oltre 100, ndr). La Chiesa è in prima linea accanto alla gente", racconta monsignor Giulio Dellavite, segretario generale della Diocesi di Bergamo.

Nella fraternità dove vive ben due preti sono stati portati via dal virus: "Non siamo nemmeno riusciti a salutarli". Eppure con un' energia che gli viene dalla fede e dall' animo lombardo, Dellavite mantiene la speranza: "Sento che la malattia ha portato a una ricerca di spiritualità". E cita Domenico Modugno: "La lontananza è come il vento, spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi. Chi veniva in chiesa per abitudine non verrà più. Ma la difficoltà ha aiutato chi era convinto".

Reinventare la messa Padre Achille, 78 anni, regge una piccola parrocchia tra Piemonte e Lombardia. Dall' altare le sue mani grandi, che ricordavano il passato missionario, mimavano le parole del Vangelo. Lo sguardo cercava sempre i fedeli. A fine febbraio quella compagnia gli è venuta meno dopo cinquant' anni.

Eppure in pochi giorni si è reinventato: ogni pomeriggio dice messa sui social. La sua voce, proprio come tra le navate, trova quella dei fedeli che leggono le preghiere. Padre Achille ha imparato a raggiungerli con i suoi occhi penetranti sullo schermo del cellulare. Sono migliaia i sacerdoti che oggi usano i social. Come don Francesco Marruncheddu di Campanedda (Sassari), convertito a Zoom, lo stesso strumento utilizzato dai professori. I giovani della parrocchia poi si incontrano su Facebook e Instagram.

A Genova Maria Gabutto, 50 anni, madre di tre figli, in questo weekend ha aperto virtualmente casa sua a un ritiro spirituale seguendo gli esercizi del cappuccino Ignacio Larranaga. Un' ora di meditazione condivisa con fedeli sparsi per il mondo: "Da anni non sentivo queste parole entrare nelle nostre case, nei salotti dove si guarda la tv o si gioca alla Playstation". Calogero Marino, vescovo di Savona, ne è convinto: "Ci sono novità che dovremo salvare. Grazie a internet abbiamo riscoperto la casa come luogo della fede domestica".

Nuove regole per i fedeli
Le diocesi si stanno preparando per la fase 2 e quelle successive. A Milano, che con 5,5 milioni di fedeli è tra le diocesi più grandi del mondo, è stata avviata una consultazione online: "Invitiamo le comunità cristiane e i fedeli ad avanzare idee e buone prassi su diversi ambiti ecclesiali: dal riavvio delle celebrazioni con il popolo alla riapertura degli oratori, fino all' azione caritativa". La Diocesi raccoglierà i suggerimenti e li condividerà con il prefetto. Perché, come spiega monsignor Bruno Marinoni, Moderator Curiae dell' Arcidiocesi, "immaginiamo che questa fase sarà lunga". Il difficile arriva adesso. Dopo le soluzioni improvvisate con internet ora si dovrà cercare il modo per tornare a essere assemblea.

Salvaguardando la salute (molti fedeli sono anziani).

La Diocesi di Roma, racconta Repubblica, è stata una delle prime a scrivere una lettera per preparare i sacerdoti a riprendere una vita di comunità: "Non si tornerà subito ai raduni", ha spiegato il vescovo ausiliare Gianpiero Palmieri, "È ragionevole immaginare che dovrà avvenire con prudenza e gradualità non solo nelle chiese, ma anche nelle basiliche e nei conventi".

Ma in concreto cosa succederà? Molte diocesi hanno rinviato attività e sacramenti. A Novara don Fausto Cossalter, vicario generale, ha scritto ai sacerdoti invitandoli a riprogrammare per settembre cresime e prime comunioni. Ma ci sono altri sacramenti per cui è più difficile aspettare; come i matrimoni, che già sono in calo.

Complice l'emergenza sanitaria si va forse verso un ritorno all' essenza della cerimonia: "Restano possibili i matrimoni, anche se è necessario attendere le indicazioni del governo per capire se potranno intervenire i fedeli.

Alle celebrazioni attualmente sono previsti solo gli sposi e i testimoni", sono le istruzioni della Diocesi di Vicenza. Tornare ad "abitare la Chiesa", è il messaggio che la Conferenza Episcopale Italiana aveva mandato al governo attraverso le parole del sottosegretario Ivan Maffeis: "Con tutta l' attenzione richiesta dall' emergenza dobbiamo tornare ad abitare la Chiesa, il Paese ne ha un bisogno, c' è una domanda enorme e rispondere significa dare un contributo alla coesione sociale".

Ma, quando il Governo darà il via libera, saranno messe diverse: "La Cei - spiega il vescovo Marino - sta facendo un po' di pressione per tornare a celebrare, ma in sicurezza. Penso a volontari all' ingresso delle chiese che garantiscono il distanziamento. Ci saranno uno o due fedeli per banco, le sedie dovranno essere lontane, avremo porte diverse per entrata e uscita. Sarà necessario sanificare le chiese".

E cambierà il rito: "Niente segno di pace", perché intanto era facoltativo e la pace in fondo è dentro di te e "niente concelebrazioni dove c' è scambio del calice". Anche la comunione dovrà essere distribuita in modo diverso. Il bisogno più grande, però, oggi è quello di celebrare i funerali. Non solo per le 25mila vittime del virus: "Non è umanamente sopportabile impedire le celebrazioni dei funerali alle tantissime famiglie colpite da un lutto", aveva detto all' Avvenire la ministra dell' Interno, Luciana Lamorgese.

È lo stesso pensiero di Dellavite: "È terribile dire addio senza un congedo. Qui a Bergamo abbiamo visto tante persone andare al cimitero da sole. Se morivano di virus, i parenti erano in quarantena". Ancora Marino: "La Chiesa accompagna i momenti di passaggio della vita: la nascita, la crescita, il matrimonio e il congedo. Non possiamo lasciar soli i fedeli nella morte"...(Il Fatto Quotidiano)

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