cronaca

La nostra felicità, nonostante tutto

Giuseppe Bottero Unsplash
Pubblicato il 30-03-2021

Lo (spiazzante) verdetto del World Happiness Report

Nonostante tutto, siamo più felici. O, per lo meno, da qualche parte abbiamo trovato la forza di reagire ai 103 mila morti, alla minaccia delle varianti, a quegli allarmi che non smettono di inseguirci da dodici lunghi mesi. Nell' anno della quotidianità bombardata, il verdetto del World Happiness Report è spiazzante: l' Italia fa un passo avanti nella classifica delle nazioni mondiali in cui si vive meglio. In verità è uno scostamento minimo, si passa dal ventottesimo posto - la media delle ultime tre edizioni - al venticinquesimo, ma è pur sempre un segnale: c' è spazio per reagire, insomma, per reinventarsi. Misurare il tasso di felicità è una sfida ai limiti dell' inverosimile, e gli autori della pubblicazione dell' Onu sono partiti da un presupposto: il 2020 è stato terribile praticamente per chiunque. Però, dice l' economista canadese John Helliwell, che ha curato lo studio, «una minaccia comune come il Covid, capace di colpire tutti, ha generato un maggior senso di solidarietà». E se gli indicatori economici non nascondono il tracollo, quando i singoli cittadini guardano e valutano la propria vita riescono a trovare spazio per l' ottimismo.

La classifica, almeno ai vertici, rispecchia la situazione degli ultimi anni. La fotografia del Gallup World Poll mostra la Finlandia ben salda al primo posto: «la fiducia reciproca ha contribuito a proteggere vite e a garantire mezzi di sussistenza durante la pandemia», dice il report. Dietro ci sono l' Islanda, la Danimarca, la Svizzera e l' Olanda. Poi la Svezia, la Germania che guadagna otto posizioni, e la Norvegia. Molto Nord, e non sorprende visto che uno degli indicatori chiave è «la fiducia delle persone. In loro stesse e nei governi». I «dati mostrano anche segni notevoli di resilienza» dice la sociologa Lara Aknin, in particolare per quanto riguarda i «legami sociali e la valutazione della propria vita». Per determinare il grado di benessere i ricercatori hanno mescolato una serie di indicatori che vanno dall' età della popolazione alla posizione geografica, passando per la vicinanza a Paesi con alti tassi di contagio, la conoscenza delle epidemie. Ma sulla felicità di una nazione influiscono anche altri indicatori: uno per tutti, la possibilità di ritrovare un portafoglio smarrito. Un intero capitolo è dedicato all' Asia, e alla sua gestione del Coronavirus. «Le politiche rigorose», dice la professoressa Shun Wang, «non solo hanno permesso di controllare efficacemente il Covid-19, ma hanno attenuato anche l' impatto negativo delle infezioni quotidiane sulla felicità delle persone».

L' Italia è un caso. Perché, nonostante le ondate, ha retto, rosicchiando margini. «Il trend positivo continua ininterrotto: dal 2015 a oggi siamo saliti dalla 50ª posizione nel ranking dei Paesi più felici alla 25ª» dice Andrea Illy, presidente di Illycaffè, founder della Fondazione Ernesto Illy, e co-Presidente con Jeffrey Sachs della Regenerative Society Foundation. «La mia interpretazione è che il nostro orgoglio sia uno degli elementi determinanti, poiché ci avvicina e ci aiuta a sviluppare empatia soprattutto nei momenti più difficili», ragiona. «Credo che oggi più che mai l' Italia abbia le capacità di ripartire». E la spinta deve arrivare dal business. «Le aziende che creano valore per i propri stakeholder, in armonia ed equilibrio con il pianeta, sono sempre più numerose - spiega Davide Bollati, VicePresidente Regenerative Society Foundation presidente del Gruppo Davines che, dal 2020, è partner del World Happiness Report - e sono pronte a collaborare con istituzioni e settore pubblico per il benessere collettivo: un indicatore ben piú significativo del Pil». (La Stampa)

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