cronaca

L'albergatore che ospita il buon samaritano

Mario Scelzo Mario Scelzo
Pubblicato il 24-02-2021

Le origini di una lodevole iniziativa

…Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.  Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.. “ (Lc 10, 33-35)

Abbiamo intervistato Marco Coppola, “l’albergatore”, (gestore dello YellowSquare di Roma, ostello della gioventù sito nelle vicinanze della Stazione Termini), per farci raccontare il suo incontro col “buon samaritano” (Alessandro Moscetta, volontario della Comunità di Sant’Egidio) e la conseguente apertura della sua struttura, nel tempo della pandemia, all’accoglienza dei senza fissa dimora. 

Quali sono le origini di questa lodevole iniziativa?

Il contatto con Sant’Egidio è nato, ben prima della pandemia, grazie ad una iniziativa di Federalberghi, per una convenzione per mettere a disposizione alcune camere per l’accoglienza notturna, in questo modo siamo venuti a conoscenza del lavoro di Alessandro e degli altri volontari a sostegno dei senza fissa dimora, specie nei mesi invernali. Poi però è arrivata la pandemia…

Può raccontarci qualcosa del vostro lavoro prima del Covid-19?

Noi siamo una realtà abbastanza particolare, il nostro obiettivo è raccontare la città ai viaggiatori facendoli incontrare coi locali, il progetto di Yellow Square sta nella unione, mixitè, dove all’interno della nostra struttura il cliente può soggiornare ed utilizzare i nostri servizi che sono il bar, la discoteca, il parrucchiere, le nostre passeggiate, però tutta la nostra offerta è pensata verso un turismo esperienziale, legato al territorio.  Abbiamo anche delle stanze di semplice dormitorio, in cui persone possono condividere la stanza, un format che funziona molto bene in Nord Europa ad esempio, le persone scelgono questa formula non solo per risparmiare ma anche per condividere la propria vita con qualcuno. La nostra clientela media è prevalentemente giovane ed “anglosassone”: America, Australia, Nord Europa, in particolare nella fascia di età tra i 18 ed i 30 anni

Prima della pandemia avevamo una ottima occupazione delle stanze, difficilmente “bucavamo” una stanza vuota, siamo in centro storico, siamo un marchio conosciuto tra i giovani, le cose andavano bene …

Può raccontarci da imprenditore l’impatto con la pandemia?

In realtà all’inizio non ce ne siamo tanto resi conto, noi abbiamo pochi clienti cinesi e quindi fino a febbraio cali minimi, ma a marzo 2020 arrivano le cancellazioni, ci ritroviamo su due piedi con una marea di stanze disponibili. La prima decisione che prendiamo è di rimanere aperti per i nostri dipendenti, offrendo loro la possibilità di dormire in struttura ad un prezzo di favore. Siamo costretti a metterli in cassa-integrazione, ma ci rendiamo conto delle loro difficoltà nel pagare le spese, gli affitti, e quindi siamo ben felici di poterli aiutare. Di fatto comunque decidiamo di tenere aperta la struttura ma in perdita, le entrate non riescono a compensare le spese per i costi di gestione. 

A questo punto mi ricordo di Federalberghi, chiamo Alessandro, guarda, sai che ti dico, siamo aperti, vorremmo fare la nostra parte, e mettiamo a disposizione 10 stanze, nel periodo di Marzo ed Aprile, in modo totalmente gratuito, per gli ospiti di Sant’Egidio. 

Chiedo sempre all’imprenditore, la stagione estiva aveva portato nuove speranze?

A maggio dico ad Alessandro che vorremmo provare a recuperare quanto abbiamo perso, quindi chiudiamo questa felice collaborazione, facciamo la stagione estiva con entrate sotto la media stagionale ma discrete, poi arriva la doccia fredda delle chiusure di novembre, a quel punto capiamo che non sarà questione di due mesi…

Da imprenditore ti dico con sincerità che quello che mi spaventa di più non è pagare i debiti che abbiamo accumulato ma è l’incertezza, il non sapere quando torneremo pienamente a lavorare e riempire la struttura. Comunque, ci sediamo, facciamo due conti, chiudere comunque comporta dei costi di gestione, allora chiamo Alessandro e gli faccio questo discorso, guarda non ti posso offrire le stanze gratis ma ti metto le tariffe che applichiamo ai nostri dipendenti, 350 euro al mese tutto compreso (mediamente, nel centro di Roma, una stanza singola costa almeno 500 euro senza spese), soldi utili a noi quantomeno per pagare le utenze ed i costi di gestione. 

Per farla breve il 17 novembre ricominciamo ad ospitare persone di Sant’Egidio, diventando in qualche modo un ponte tra una situazione drammatica ed il reinserimento nella società, conosco storie di persone che dopo essere state da noi hanno ricominciato a vivere appieno, hanno preso il reddito di cittadinanza, una pensione, parliamo di persone che avevano perso la fiducia e che aiutate si rimettono in circuito.

Tutti ovviamente ci auguriamo che prima possibile terminerà la pandemia. Cosa resterà di questa esperienza?

Quello che mi piacerebbe fare, quando torneremo alla normalità, è di mantenere una stanza delle 90 che abbiamo dedicata alla solidarietà ed alla accoglienza. Io penso che ogni imprenditore sia tenuto a dare il proprio contributo in termini di impresa sociale, quello che stiamo facendo qui in struttura io la considero una “buona pratica”, un po’ come il green, la transizione ecologica di cui tanto si parla, se ci sono dei “costi” nel breve periodo, nel lungo periodo c’è sia un ritorno di immagine per la struttura ma soprattutto un ritorno in termini di….capitale umano….di reinserimento sociale…

La vostra iniziativa, certamente figlia del vostro buon cuore, potrebbe diventare una sorta di “buona pratica” da prendere a modello?

Sarei felice se altri miei colleghi prendessero esempio da noi, capisco magari che i costi di gestione non permetterebbero questo discorso per gli alberghi a 5 stelle, ma strutture da 1,2,3 stelle potrebbero immaginare di ricalcare questo nostro percorso, se ogni albergo di Roma mettesse a disposizione una stanza avremmo risolto il problema dell’emergenza freddo. Bisogna superare la paura di quello che non si conosce, Alessandro (il referente di Sant’Egidio) è da solo, ce ne vorrebbero tanti come lui per creare una rete, ci vorrebbero dei seminari, delle iniziative per raccontare quanto si è fatto, per rendere questo un discorso strutturale. In conclusione, aggiungo che a Roma ci sarebbe un ottimo incastro tra emergenza freddo e mesi di bassa stagione: molti alberghi, anche senza pandemia, hanno stanze vuote nei mesi invernali, quelli più freddi (solo quest’inverno a Roma ci sono stati 12 morti tra i senza fissa dimora), si potrebbe fare un ragionamento del genere, ma ci vorrebbe maggiore collaborazione da parte delle Istituzioni. Comunque, ognuno di noi può fare qualcosa e noi siamo felici di fare la nostra parte.

 

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