cronaca

Il significato dell'incenso - e il rischio che finisca

Riccardo Maccioni Pixabay
Pubblicato il 16-04-2021

Incendi, pascoli selvaggi e guerre nelle aree dov’è più diffuso ne riducono la produzione

Tante volte la realtà è diversa da come la percepiamo. A girare per mercatini, quando l’emergenza Covid lo consente, è tutto un mescolarsi di fragranze dolciastre, di fumi sottili, di bastoncini usati per profumare gli ambienti e creare atmosfere vagamente orientali. Si accendono decine di “incensi” e certo la varietà degli aromi che solleticano le narici non fa pensare a un settore in difficoltà. La crisi invece c’è e investe la materia prima più ricercata, quella per intenderci impiegata nelle liturgie sacre.

Secondo la rivista “Nature sustainability”, infatti, della preziosa resina se ne produce sempre meno e se ne consuma sempre di più. Si calcola che tra vent’anni la sua quantità sarà ridotta del 50% e il trend, in calo, è destinato a proseguire, fino a un ipotetico azzeramento entro mezzo secolo. Oltre a incendi, pascoli selvaggi e all’azione di insetti “nemici” le cui larve si insinuano nei tronchi, la colpa va cercata nella guerra, nella violenza, che in modo più o meno cruento riguarda tutti i maggiori Paesi produttori, dalla Somalia allo Yemen, dall’Etiopia al Sudan all’India settentrionale. E conflitti vogliono dire anche campi bruciati, raccolti persi, esportazioni ufficiali bloccate, commercio in nero.

La soluzione, ovvio, sarebbe la pace ma nel frattempo si tratta di correre ai ripari, di fronteggiare l’emergenza. Nell’immediato – ha spiegato il biologo americano Stephen Johnson al “Catholic news service” – occorre garantire una maggiore tracciabilità sulla provenienza dei prodotti e potenziare l’autogestione. Cioè puntare su coltivazioni magari piccole, private, ma in un’area più ampia. Dove la differenziazione potrebbe essere utile per provare a garantire una maggiore eticità del sistema produttivo. Nessuno in ogni caso mette in dubbio l’importanza dell’incenso, delle oleoresine secrete dalle piante del genere Boswellia, per i riti sacri. Avvenire ha intervistato Paolo Tomatis, docente di liturgia alla Facoltà teologica di Torino. (...)

L’incenso ha una grande valenza simbolica

Da una parte nella sua funzione olfattiva ha il significato di creare un ambiente di preghiera che sia simbolo di ordine, di pulizia, di bellezza, da cui la connessione tra profumo e ordine morale. Dall’altra parte richiama l’onore, il rispetto verso Dio ma anche verso i ministri, verso tutti i segni della presenza di Cristo: la croce, l’altare, i ministri, il popolo stesso, i morti nel rito delle esequie. Quindi segno di preghiera, segno di ordine e pulizia, segno di sacrificio, segno di onore e di rispetto.

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Ci sono momenti in cui è obbligatorio l’utilizzo dell’incenso.

L’ordinamento generale del Messale Romano dice che nell’Eucaristia domenicale lo si può usare sempre ma in modo facoltativo. Cioè non è strettamente obbligatorio ma utilizzarlo nelle celebrazioni esprime una loro particolare solennità. Nei riti delle esequie o della consacrazione di una nuova chiesa si prevede invece esplicitamente l’uso dell’incenso.

Nelle esequie che significato ha?

È un segno di onore e rispetto che sale a Dio in connessione con il sacrificio della vita della persona. Ci si augura e si prega perché l’esistenza del defunto sia gradita al Signore allo stesso modo con cui l’incenso sale a Dio. «Il profumo dell’incenso è segno di quel sacrificio di lode che è la vita del giusto» spiega il rito delle esequie.

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Siamo partiti dal rischio di una ridotta disponibilità della materia prima. Ma dobbiamo essere preoccupati?

Non ho competenze specifiche circa le aziende produttrici ma oggi esistono ambienti come l’Africa che riescono a ottenere incensi di qualità. E certamente in un tempo nel quale si ha la capacità di mescolare i materiali e usarne di nuovi per trasformare gli elementi, si possono immaginare strategie per trovare qualità senza ricorrere alle resine preziose dell’Oriente.

Una sfida anche culturale, mi sembra di capire.

In campo liturgico si deve tenere conto di fattori nuovi, per esempio di non avere più chiese con alte volte, per cui l’incenso rischia di “affumicare” l’ambiente. Sotto il profilo culturale invece se non si è smarrito il senso del fumo che sale verso l’alto, almeno in Occidente ci si è però allontanati dal gesto dell’incensare cose e persone, per cui a volte si preferisce far bruciare i grani in un piccolo braciere anziché utilizzare il turibolo. (Avvenire)

 

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